Le prossime
sfide europee di Letta e Saccomanni con un paio di consigli accorati
18 - 08 - 2013Giuseppe Pennisi
Gli ultimi interventi del Presidente del Consiglio, Enrico Letta,
hanno posto l’accento sull’esigenza dell’Italia di presentarsi “a testa alta”
di fronte alle autorità europee. Sulla stessa linea il Ministro dell’Economia e
delle Finanze, Fabrizio Saccomanni.
Il calendario delle scadenze europee
Cosa si deve intendere con questa locuzione? A settembre, ci sono
importanti scadenze europee, a cui si collegano scadenze italiane della stessa
importanza. Il 14-15 settembre (a pochi giorni dalle elezioni politiche
tedesche, 22 settembre) è in calendario la riunione dell’ECOFIN (e
dell’Eurogruppo); di norma, è la riunione settembrina che precede l’assemblea
annuale della Banca mondiale e del Fondo monetario (4-8 ottobre) e dovrebbe
servire a coordinare le posizioni europee (che all’assise “mondialistica”
arrivano quasi sempre in ordine sparso). Prima di allora, però – si sussurra
nella sonnolenta Bruxelles – l’Eurogruppo potrebbe essere convocato, per
il 3 o più probabilmente per l’8 settembre per una sessione straordinaria sulla
Grecia. Proprio alla vigilia della riunione ordinaria ECOFIN-Eurogruppo,
il 12 settembre, la Corte Costituzionale Tedesca dovrebbe esprimersi sulle
compatibilità del fondo Salva-Stati, del patto di bilancio europeo e dello
stesso Fiscal Compact con la Carta Fondamentale della Repubblica Federale. Il
giorno precedente, ossia l’11 settembre, la Commissione europea presenterà
all’Europarlamento la proposta per la creazione di un’unica autorità di
vigilanza bancaria, che si spera possa essere adottata entro l’anno.
L’istituzione di una supervisione centralizzata è una condizione perché il
fondo Esm possa ricapitalizzare direttamente le banche, senza passare cioè per
una richiesta di aiuti da parte dei Governi. In parallelo, riprende l’attività
della Banca centrale europea: il Consiglio Bce del 6 settembre dovrà valutare
convergenza o divergenza con le misure neo-keynesiane definite pochi giorni fa
dalla Bank of England. In simultanea, in Italia inizia la preparazione della
Legge di Stabilità.
Come l’Italia può affrontare i prossimi mesi
Questo calendario (la cui lettura può sembrare arida) è il solco in cui si
può inserire una politica italiana per la crescita con la benedizione del resto
dell’Europa. Ove ciò avvenisse – avverte la neuro economia – ci potrebbero
essere importanti ritorni interni: da un lato, si riprenderebbe a respirare
ottimismo; da un altro, per la prima volta in vent’anni, la politica affronterebbe
problemi veri (sentiti da tutti i cittadini) e non se si è pro o contro uno dei
leader in campo; da un altro ancora, si agevolerebbe la strada delle tanto
difficili riforme istituzionali.
Quale potrebbe essere la politica per la crescita benedetta dal resto d’Europa. In altra sede ho analizzato la fragilità (specialmente per l’Italia) di quella che, in gergo giornalistico, viene chiamata “la ripresina”: a fronte di un aumento del Pil dello 0,3% dell’eurozona nel secondo semestre 2003, l’Italia espone una contrazione dello 0,2%, dopo avere perduto dieci punti di Pil dal 2007-2008 ad oggi.
Quale potrebbe essere la politica per la crescita benedetta dal resto d’Europa. In altra sede ho analizzato la fragilità (specialmente per l’Italia) di quella che, in gergo giornalistico, viene chiamata “la ripresina”: a fronte di un aumento del Pil dello 0,3% dell’eurozona nel secondo semestre 2003, l’Italia espone una contrazione dello 0,2%, dopo avere perduto dieci punti di Pil dal 2007-2008 ad oggi.
Per uscire dalla crisi serve un “deroga” dagli
obblighi europei
Il nodo centrale – lo ripetiamo da anni – è costituito dal binomio
produttività- competitività. Gran parte delle misure per affrontarlo
(snellimento di procedure ed amministrazione, abolizione dei “pesi morti”,
riduzione del cuneo fiscale–contributivo, imprenditorialità più coraggiosa e
più aggressiva, innovazione di processo e di prodotto) possono essere attuale
solamente da Governo e Parlamento: la Legge di Stabilità, prima, ed il
Programma Nazionale di Riforme, poi, ne sono la sede appropriata. Esse
richiedono, però, un aumento dell’investimento pubblico (ormai giunto ai minimi
storici) per fare crescere quella che in gergo economico viene chiamata la
produttività “multi fattoriale” del sistema e risorse per intervenire sulla
ristrutturazione di settori in crisi nel manifatturiero (dove c’è molto spazio
per recuperare invece che di chiudere).
Questo comporta – lo sostiene da tempo l’Accademico dei Lincei Alberto
Quadro-Curzio, il quale non può certo essere tacciato di euro-scetticismo –
una deroga temporanea (per due- quattro anni) all’obbligo che l’indebitamento
netto delle pubbliche amministrazioni non superi il tre per cento del Pil. La
controparte “politica” della deroga dovrebbe essere un’effettiva “spending
review”, provvedimenti straordinari per ridurre il peso dello stock del debito
pubblico (anche tramite privatizzazioni nel campo del “capitalismo municipale”)
ed un uso accorto dei fondi europei (pure commissariando le Regioni ed i
Ministeri che non si mostrano capaci di farlo).
In tal modo, si passerebbe dalle parole ai fatti.
1 commento:
Sono d'accordo con la tesi principale dell'articolo. Per rilanciare la crescita dell'economi italiana serve una deroga alle regole europee sul pareggio di bilancio. Serve l'applicazione della c.d. regola d'oro. Possibilità di indebitarsi anche al di sopra del 3% per finanziare gli investimenti accompagnata dalla gestione più rigorosa delle partite correnti da parte di tutti i livelli di governo. E' quanto è scritto nell'ultimo comma dell'art. 119 della nostra Costituzione. Ma il governo fa finta di niente preso com'è dai suoi problemi di sopravvivenza. enzo russo http://enzorus2020.blog.tiscali.it
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