DI GIUSEPPE PENNISI L a crisi finanziaria, e la recessione, che, in varie guise, colpiscono dal 2007 specialmente il mondo occidentale (Europa e Nord America) stanno incidendo o meno sui comportamenti (e sulle categorie etiche) di chi opera nel settore finanziario e dei loro clienti?
Circa sei mesi fa, l’istituto tedesco Max Planck, e le Università La Sorbona di Parigi e di Berkeley in California hanno organizzato, su questi temi, un seminario, la sintesi dei cui atti è in corso di pubblicazione nella Socio-Economic Review. I lavori presentati al simposio contengono una prima analisi empirica relativa ai comportamenti e agli atteggiamenti etici (nonché ai loro mutamenti) di manager nel mondo della finanza dell’eurozona. Le analisi riguardano, in particolare, i compensi di banchieri e di operatori finanziari, i salvataggi di banche in difficoltà e la crisi del debito sovrano: la conclusione è che nel vasto settore dell’etica finanziaria cambiamenti sono in corso ma non così speditamente come sarebbe stato auspicabile. Le quattro principali relazioni presentate al simposio, pur partendo da prospettive differenti e analizzando ciascuna un tema specifico, convergono sull’esigenza di un ’impegno più sistematico del mondo accademico in questi campi; solamente se analisi teoriche ed empiriche mostrano a tutto tondo distorsioni (e soprattutto incentivi distorsivi) , la politica farà la sua parte e governi e Parlamenti si muoveranno con legislazione appropriata (ove possibile migliorare , tramite normative, comportamenti ed indirizzarli verso categorie etiche). È probabile che saranno i clienti a spingere sulla retta via i «money managers». È una delle conclusioni che si ricavano da un lavoro di Luigi Guiso (Istituto Einaudi), Paola Sapienza (Northwestern University) e Luigi Zingales (Chicago University. Riguarda una vasta indagine empirica della clientela italiana di banche e di promotori finanziari sulla base del loro trading effettivo. Le conclusioni vengono, poi, verificate tramite un esperimento da laboratorio : il grado di certezze di coloro che hanno l’abitudine di andare a vedere film dell’orrore (di norma il 27% inferiore a quello di coloro che scelgono altri film). La crisi è vista come «un’esperienza che fa paura». Ha portato a un aumento considerevole dell’avversione al rischio da parte dei clienti di banchieri ed operatori finanziari: sono i primi a pungolare i secondi verso comportamenti più rispondenti all’etica. In un mercato competitivo, sanno votare con le gambe.
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