lunedì 26 agosto 2013

Canone Rai, cura alla Bolivar in Formiche 25 agosto



Canone Rai, cura alla Bolivar
25 - 08 - 2013Giuseppe Pennisi Canone Rai, cura alla Bolivar
Per privatizzare la tv di Stato, l'Italia potrebbe seguire il modello intrapreso dal Paese sudamericano negli anni Novanta
La mia nota sul “canone Rai” (apparsa il 22 agosto su Formiche.net) mi ha fatto ricevere due ordini di commenti. Da un lato, giuristi (anche dell’Alta Corte) hanno notato che se il “canone” era una tassa di scopo quando la Rai operava in monopolio, è diventata un’imposta di scopo da quando il monopolio è stato abolito. Dovrebbe, quindi, essere “progressiva” ed i suoi proventi dovrebbero affluire non alla Rai ma all’erario. Da un altro, se il “canone” è di dubbia costituzionalità e non risolverebbe i “buchi” di bilancio della Rai se non con un aumento dei trasferimenti, perché non privatizzare una volta per tutte.
Privatizzare la Rai è una missione coraggiosa ma non impossibile. Nella situazione attuale – è vero – la Rai avrebbe difficoltà a trovare altri acquirenti che non fossero o una fondazione con scopi di beneficenza o un imprenditore che potesse acquisire una posizione monopolistica (in aperta contravvenzione delle regole italiane ed europee).
Con immaginazione ed esperienza, tuttavia, la denazionalizzazione della Rai può essere più semplice di quanto non sembri.
Il primo passo può apparire bizzarro: collegare la privatizzazione della Rai alla nascita di una vera previdenza complementare per gli italiani. Il secondo consiste nel rendere la Rai una vera public company. C’è un precedente importante: il modo in cui sono state realizzate, congiuntamente, le privatizzazioni ed i fondi pensioni in Bolivia negli anni Novanta, seguendo i suggerimenti di Steve H. Hanke, direttore del Centro di Economia Applicata della Università Johns Hopkins di Baltimore e Senior Fellow del Cato Institute illustrati oltre che dall’ideatore da Martin Feldstein, per lustri Presidente del National Bureau of Economic Research, nonché uno dei maestri più autorevoli del pensiero economico internazionale (ed alla guida del Comitato dei consiglieri economici di due presidenti degli Stati Uniti).
In pratica, ciò vuol dire dare, gratuitamente, azioni Rai a tutti gli italiani. Seguendo quale metodo? Uno semplicissimo: l’età anagrafica, quanto più si è anziani tanto più si è pagato il canone (e si sono sorbiti programmi di pessima qualità), avendo, dunque, titolo ad un risarcimento con azioni da impiegare per ottenerne un vitalizio nella tarda età. Le azioni sarebbero vincolate per un lasso di tempo – ad esempio, cinque anni – a non essere poste sul mercato ma ad essere destinate ad un fondo pensione aperto (ed ad ampia portabilità) a scelta dell’interessato il quale, però, manterrebbe tutti i diritti in quanto azionista (elezione degli organi di governo, vigilanza sul loro operato, definizione dei loro emolumenti) in base alle azioni di cui è titolare sin dal primo giorno successivo alla denazionalizzazione della Rai. Gli azionisti deciderebbero se scorporare le reti. Unica regola: pareggio di bilancio o per l’intera azienda o per singola rete in quanto aziende distinte (anche se collegate). Il management dell’intera Rai (o di una rete) che non riuscisse a mantenere il pareggio di bilancio (e auspicabilmente a chiudere in utile) sarebbe passabile di azione di responsabilità e, ai sensi della normativa societaria in vigore, se l’indebitamento superasse certi parametri la liquidazione diventerebbe obbligatoria.
Ed il “servizio pubblico”? Nell’età della rete delle reti, ci bada Internet: già adesso tutti i dicasteri, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità Montane dispongono di siti interattivi. I siti di informazione e contro-informazione pullulano – tanto generalisti quanto specializzati. E la cultura? In primo luogo, pensiamo che gli italiani siano più accorti, e più sensibili alla cultura, di chi compila, ed approva, gli attuali palinsesti: una Rai che risponde al popolo azionista proporrà più cultura dell’attuale (come dimostrano gli abbonamenti a canali culturali digitali). In secondo, si potrebbe prevedere agevolazioni tributarie per gli sponsor.
È un miraggio? Una provocazione? No. La “cura alla Bolivar” per la Rai è la modernizzazione. Specialmente in tempi di spending review dove agli italiani viene detto, ed imposto, di stringere la cinghia.

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