GUGLIELMO
TELL/ Il coraggio di mettere in scena un titanico Rossini
Pubblicazione:
martedì 13 agosto 2013
Una scena del
Guglielmo Tell
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In
primo luogo, occorre complimentarsi con il Rossini Opera Festival (Rof) per
avere avuto il coraggio di produrre una nuova edizione integrale dell’ultima e
più complessa opera di Gioacchino Rossini, Guillaume Tell . E’
una sfida che pochi raccolgono a ragione non solo della durata del lavoro ma
anche del vasto numero di solisti, dell’enorme coro e del vasto corpo di ballo
che richiede. Negli ultimi venticinque anni, in Italia si ricordano soltanto
due edizioni in forma scenica: quelle della Scala del 1988-89 e del Rof del
1995, nonché una in forma di concerto (Santa Ceciòlia 2007, ripresa nel 2010,
portata nei Promenade Concerts di Londra e registrata dalla EMI).
Alla Scala per il Sant’Ambrogio 1988 venne sperimentata da Luca Ronconi (peraltro con poco successo) una scenografia con proiezioni; il DvD è stato ritirato dal commercio anche a ragione di una resa musicale inadeguata(la concertazione ondeggiava tra il pallido e l’enfatico). Al Rof nel 1995, l’intero Palafestival venne trasformato da Pier Luigi Pizzi in montagne e valli dei cantoni svizzeri; venne pure previsto, data la durata dello spettacolo, un intervallo sufficientemente lungo per una cena organizzata in un parcheggio (trasformato in ristorante) accanto al luogo di spettacolo. Non inferiori alla messa in scena ed alla regia sono i trabocchetti in orchestra (una delle più smaglianti di Rossini) e delle voci (specialmente per il tenore nel ruolo di Arnold e per il soprano in quello di Mathilde, mentre il ruolo del protagonista è relativamente più facile). In effetti, dopo il trionfo a Parigi il 3 1829 e la lunga serie di repliche all’Accadémie Royal de Musique (allora Teatro Nazionale dell’Opera)- ben 700 durante la vita di Rossini , le difficoltà dell’opera portarono, sino a tempi recenti, alla diffusione di edizioni mutilate (e modificate), spesso in tre atti, in varie lingue. Soltanto nel 1972, al Maggio Musicale fiorentino, con la direzione di Riccardo Muti ( Eva Marton, Nicolai Gedda, e Normal Mittelman nei ruoli principali) si poté ascoltare il lavoro in edizione integrale.
Rossini aveva 37 anni quando compose Guillaume Tell . Successivamente, entrò in una profonda depressione e, sino alla morte del 1868, non lavorò più a opere liriche, ma unicamente ad alcune rare composizione di musica sacra (loStabat Mater e la Petite Messe Solennelle) ed a cameristica per piano (Les Petits Rien) La vulgata dice che la decisione di affrontare Guillaume Tellavvenne per mostrare di essere in grado di gareggiare con il grand opéra che allora iniziava a mietere successi in Francia ed altrove e che la successiva lunga depressione gli impedì di continuare a produrre per la scena. Il dramma di Schiller sarebbe stato scelto proprio per le opportunità che offriva di fare un grande spettacolo (cambiamenti di scena tali da includere, montagne, valli, laghi in tempesta, balletti e quant’altro). In effetti, il sottostante libertario e liberale diGuillaume Tell (la liberazione dei cantoni svizzeri dal giogo asburgico grazie ad un eroe tutto di un pezzo) pare poco affine ad un Rossini tendenzialmente conservatore, ove non reazionario, e vicino più ai principi del Congresso di Vienna che a quelli della rivoluzione francese ed ancor meno a quelli del terremoto che nel 1848, poco meno di venti anni dalla prima rappresentazione di Guillaume Tell) avrebbero attraversato mezza Europa. Molto probabilmente, Rossini era sfinito da una vita attiva troppo precoce e troppo intensa; inoltre, la lauta pensione ottenuta dopo cinque anni di battaglie legali lo obbligava a non comporre opere per teatri differenti da quello Reale (poi Imperiale) della capitale francese.
Prima di recensire l’edizione del Rof, salutata da dieci minuti di standing ovationdopo cinque ore di spettacolo (ed un cestino da viaggio negli intervalli) è utile precisare alcuni punti che smentiscono la vulgata corrente. L’opéra monumentale (quali la “Vestale” di Gaspare Spontini) già da decenni era sui palcoscenici dei maggiori teatri francesi in quanto legati alla concezione imperial-napoleonica del teatro in musica. Il grand opéra di Auber e Meyerbeer (intimamente legato alla ricca borghesia dell’industrializzazione nascente) era ancora ai primi passi.
Quindi, se Rossini ebbe un modello da sfidare non fu il grand opéra , ma le
vera rivoluzione musicale apportata in Europa da Der
Friechütz di Carlo Maria von Weber che dopo la prima alla
Staatsoper di Berlino nel 1821 era approdato , non all’Accademie Royale de Musique,
ma al più piccolo Odéon in versione francese (Robin de Bois ou les trois
balles); nonostante fosse un adattamento con numerosi tagli, ebbe un
successo non previsto (327 repliche) ed recò un vento nuovo (la descrizione
della natura, il demoniaco, il protagonismo del coro) che si riallacciava,
però, in parte a quanto Rossini aveva sperimentato in La Donna del
Lago. Il patriottismo libertario diTell poco
aveva con i principi di democrazia della rivoluzione e, successivamente, della
democrazia rappresentativa; metteva in scena invece la lotta degli umili contro
gli oppressi (già tema ad esempio di Mosé in Egitto e Maometto
Secondo). Rossini era sensibile alle mode e le ventate nazionalistiche
e di liberazione dall’oppressione straniera (temi allora di successo) pervadono
già “Mise et Pharaon” e “Le Siège de Corinthe”.
Alla conclusione dell’opera, il liberatore Tell non è
alla guida di qualche forma di processo democratico ma un leader carismatico.Alla Scala per il Sant’Ambrogio 1988 venne sperimentata da Luca Ronconi (peraltro con poco successo) una scenografia con proiezioni; il DvD è stato ritirato dal commercio anche a ragione di una resa musicale inadeguata(la concertazione ondeggiava tra il pallido e l’enfatico). Al Rof nel 1995, l’intero Palafestival venne trasformato da Pier Luigi Pizzi in montagne e valli dei cantoni svizzeri; venne pure previsto, data la durata dello spettacolo, un intervallo sufficientemente lungo per una cena organizzata in un parcheggio (trasformato in ristorante) accanto al luogo di spettacolo. Non inferiori alla messa in scena ed alla regia sono i trabocchetti in orchestra (una delle più smaglianti di Rossini) e delle voci (specialmente per il tenore nel ruolo di Arnold e per il soprano in quello di Mathilde, mentre il ruolo del protagonista è relativamente più facile). In effetti, dopo il trionfo a Parigi il 3 1829 e la lunga serie di repliche all’Accadémie Royal de Musique (allora Teatro Nazionale dell’Opera)- ben 700 durante la vita di Rossini , le difficoltà dell’opera portarono, sino a tempi recenti, alla diffusione di edizioni mutilate (e modificate), spesso in tre atti, in varie lingue. Soltanto nel 1972, al Maggio Musicale fiorentino, con la direzione di Riccardo Muti ( Eva Marton, Nicolai Gedda, e Normal Mittelman nei ruoli principali) si poté ascoltare il lavoro in edizione integrale.
Rossini aveva 37 anni quando compose Guillaume Tell . Successivamente, entrò in una profonda depressione e, sino alla morte del 1868, non lavorò più a opere liriche, ma unicamente ad alcune rare composizione di musica sacra (loStabat Mater e la Petite Messe Solennelle) ed a cameristica per piano (Les Petits Rien) La vulgata dice che la decisione di affrontare Guillaume Tellavvenne per mostrare di essere in grado di gareggiare con il grand opéra che allora iniziava a mietere successi in Francia ed altrove e che la successiva lunga depressione gli impedì di continuare a produrre per la scena. Il dramma di Schiller sarebbe stato scelto proprio per le opportunità che offriva di fare un grande spettacolo (cambiamenti di scena tali da includere, montagne, valli, laghi in tempesta, balletti e quant’altro). In effetti, il sottostante libertario e liberale diGuillaume Tell (la liberazione dei cantoni svizzeri dal giogo asburgico grazie ad un eroe tutto di un pezzo) pare poco affine ad un Rossini tendenzialmente conservatore, ove non reazionario, e vicino più ai principi del Congresso di Vienna che a quelli della rivoluzione francese ed ancor meno a quelli del terremoto che nel 1848, poco meno di venti anni dalla prima rappresentazione di Guillaume Tell) avrebbero attraversato mezza Europa. Molto probabilmente, Rossini era sfinito da una vita attiva troppo precoce e troppo intensa; inoltre, la lauta pensione ottenuta dopo cinque anni di battaglie legali lo obbligava a non comporre opere per teatri differenti da quello Reale (poi Imperiale) della capitale francese.
Prima di recensire l’edizione del Rof, salutata da dieci minuti di standing ovationdopo cinque ore di spettacolo (ed un cestino da viaggio negli intervalli) è utile precisare alcuni punti che smentiscono la vulgata corrente. L’opéra monumentale (quali la “Vestale” di Gaspare Spontini) già da decenni era sui palcoscenici dei maggiori teatri francesi in quanto legati alla concezione imperial-napoleonica del teatro in musica. Il grand opéra di Auber e Meyerbeer (intimamente legato alla ricca borghesia dell’industrializzazione nascente) era ancora ai primi passi.
Il silenzio dopo Tell viene adesso attribuito ad un problema di salute, oltre che al regolamento relativo alla sua pensione : una malattia venerea contratta in una delle case di tolleranza che era uso frequentare sin dall’adolescenza, la conseguente astinenza sessuale per diversi anni e la conseguente depressione proprio in un periodo in cui il gran opèra francese, il melodramma verdiano e ilmusik drama wagneriano cambiavano profondamente il teatro in musica.
Un’ultima notazione: delle tante opere tratte da drammi di Schiller , Guillaume Tel è quella più fedele all’originale. Questa è una delle determinanti della sua complessità. Il lavoro di Schiller, infatti, ha tre temi paralleli: a) il conflitto personale tra Tell ed il Governatore austriaco Gessler; b) la rivolta dei contadini e pescatori svizzeri contro gli asburgici; c) la tensione tra patriottismo e amore nel rapporto tra uno dei leader della rivolta, Arnold, ed una aristocratica asburgica, Mathilde. Il tutto, poi, si svolge in tre differenti cantoni (Url, Sxwyz e Unterwalden) , comportando frequenti movimenti di spazio. Gaetano Donizetti, che di opera se ne intendeva, scrisse che dei quattro atti di Guillaume Tell tre furono composti da Rossini ma uno (il secondo, quello del giuramento dei cantoni) da Dio in persona. Questo riassume perché l’opera, è rimasta sempre in circolazione nell’Ottocento e nel Novecento pur se in versioni mutilate e solo di recente, grazie all’edizioni critica della Fondazione Rossini, si può tornare all’originale.
Il Guillaume Tell al Rof sino al 20 agosto ed in programma nelle stagioni del Teatro Regio di Torino e del Teatro Comunale di Bologna è marcatamente differente da quelli la cui direzione musicale è stata affidata a Riccardo Muti ed Antonio Pappano.
Il regista Graham Vick ed il direttore musicale Michele Mariotti hanno lavorato di stretta intesa con l’intero cast (protagonisti: Nicola Alaimo, Juan-Diego Flórez, Simon Orfila, Celso Albelo, Marina Rebeka, Amanda Forsythe, Veronica Simeoni) nell’allestire un Tell etimologicamente eccezionale proprio perché lontano da una tradizione che lo vuole un grand opéra epico ed etico.
L’azione è spostata all’inizio del Novecento- periodo di lotte tra contadini e pescatori, da un lato, ed aristocratici e borghesia industriale nascente, dall’altro. Tell non è un eroe tutto d’un pezzo, ma un contadino pieno di dubbi e fortemente legato alla propria famiglia e terra; è costretto a scendere in campo contro i soprusi ai suoi stessi cari. Pieni di dubbi naturalmente anche Arnold e Mathilde; ambedue giungono alla presa di coscienza dopo un lungo cammino (l’uccisione del padre di Arnold ed il tentativo di violenza sul figlio di Tell).
La scena non è iconografica , ma un ambiente unico con pannelli in cui con l’uso di scene dipinte e proiezioni si mostrano i vari luoghi dell’azione. I balletti sono strettamente integrati al dramma, specialmente in secondo dove il sadismo degli oppressori viene mostrato a tutto tondo. In questa concezione ‘anti-eroica’, la concertazione di Mariotti evidenzia il velo di melanconia intriso anche nei momenti più lieti (quali il grandioso finale) del lavoro. Mariotti ha 34 anni, quasi l’età con cui Muti trionfo a Firenze con l’opera (che più tardi riprese alla Scala). Nel 1972, però, Muti offrì un Guillaume Tell epico ed eroico, legato alla tradizione ottocentesca. Mariotti, invece, scava nel dramma intimo che attanagliava Rossini nel periodo in cui componeva il Tell . Per questo motivo, questa edizione è una pietra miliare. I sostenitori del Rof dovrebbero finanziarne un DvD ed un CD in modo che possa essere studiata con attenzione da musicologi e direttori d’orchestra.
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