Il nuovo “Così fan tutte” di Salisburgo
22 - 08 - 2013Giuseppe Pennisi
Con ‘Così Fan Tutte’, il Festival di Salisburgo apre un nuovo
allestimento della trilogia Da Ponte-Mozart da attuarsi su tre anni. La
produzione salisburghese precedente, a cura di Claus Guth, (2007-2010) si vedrà
alla Scala nella stagione 2013-14.
Ultima opera, in ordine cronologico, della trilogia, oltre che la
più scarna e la più economica delle tre (richiede solo sei cantanti, un piccolo
coro, un organico orchestrale modesto) è stata ambientata nei contesti
più diversi: da terme pompeiane prima dell’eruzione del Vesuvio a Pompei (Roma,
Teatro dell’Opera), a giardini cinesi e persiani (due differenti edizioni a
Aix-en-Provence), dalla contemporaneità stile Armani (vari teatri); alla
Francia pre-rivoluzionaria del Marchese de Sade (Bologna); a graziosa
oleografia partenopea, come vista da turisti (Metropolitan); e via discorrendo.
Funziona quasi sempre anche se a mio avviso la produzione più affascinante
è quella che nel 2005 ha segnato il ritorno alla regia lirica, dopo dieci anni,
di Patrice
Chéreau, in compagnia di Richard
Peduzzi (suo scenografo abituale ed allora direttore
dell’Istituto francese di cultura a Villa Medici a Roma), di Daniel Harding
e di un cast di giovani, in cui l’allora 64enne Ruggero Raimondi affrontava il
ruolo di Don Alfonso da lui raramente interpretato in oltre 41 anni di
carriera, l’altra “anziana” Barbaro
Bonney interpretava quello della servetta quindicenne Despina.
Nel 2006-2007, lo spettacolo si è visto a Parigi, Vienna, New
York, Baden-Baden ed altre città. A Salisburgo, nel 2009, debuttò una versione
‘crudele’ imperniata sull’infedeltà umana (quella che vedremo tra qualche mese
alla Scala). Ancora più cruda quella dei fratelli Hermann, che debuttò a
Salisburgo nel 2001, vi tornò tre volte e si è vista, oltre che a Vienna, in
molti altri teatri (ma non in Italia).
L’intreccio
L’intreccio è noto. Su invito del loro precettore, per l’appunto
Don Alfonso, due bei giovani napoletani fidanzati a due belle sorelle
ferraresi, le mettono alla prova travestendosi da ricchi albanesi e
corteggiando l’uno la ragazza dell’altro; hanno successo (tanto più che Despina
invita le fanciulle a “fare all’amore come assassine”) sino ad un doppio
matrimonio: ciascuno con la fidanzata iniziale che ha tradito e di cui sa di
essere stato tradito con il suo migliore amico.
La difficoltà, il punto centrale e l’esito
La principale difficoltà di realizzazione (sia scenica sia
musicale) di “Così” consiste nel fatto che mentre la prima parte è brillante ed
ironica, la seconda è un’amara riflessione in cui ciascuno è, al tempo stesso,
infedele e geloso. Il punto centrale, però, è che il “gioco” di ciascun
componente del quartetto delle due coppie è multiplo: su un tavolo giocano la
“reputazione” (di essere fedeli al fidanzato/ta) su un altro l’”abilità” (di
sedurre/essere sedotti dal fidanzato/ta del miglior amico/della migliore
amica). L’esito: un equilibrio dinamico alla Nash, quindi sempre instabile.
Come quello del complicato finale – oltre venti minuti, articolati in varie
sezioni (un allegro assai di apertura, un vivace, un andante, un quartetto
larghetto, un nuovo allegro ed un vivace sestetto).
L’epistolario di Mozart (pubblicato in italiano dalla Zecchini
Editori) ci dice poco sull’effettiva comprensione da parte dei due autori di
ciò che nascondesse il “dramma giocoso”, scritto e composto guardando al
botteghino. Da Ponte era molto attivo alla ricerca di donne, ai tavoli da gioco
d’azzardo e a sfuggire i creditori. Mozart era in bolletta, con una famiglia da
mantenere, e già sofferente di nefrite.
L’idea di fondo della esemplare versione di Chéreau era quella di
porre l’accento sul sottile ricamo di finzioni sin dalla prima battuta. L’intreccio
si svolge sul palcoscenico nudo di un teatro – è in effetti, quello del Teatro
Valle a Roma – ,quasi a voler accennare al teatro-nel-teatro (finzione per
eccellenza), senza, però, svelarlo a Lapieno. Alla “scuola degli amanti”
si apprende che l’amore è libertà, ma che proprio in quanto libertà non può non
comportare dolore ed inganno. Chéreau ha chiesto, ed ottenuto, otto settimane
di prove (un record per l’opera lirica) prima del debutto e ha ritoccato ancora
lo spettacolo tra una replica e l’altra. Harding ha assecondato questa chiave
di lettura guidando la Mahler Chamber Orchestra in modo che si vada con grande
dolcezza (e senza quasi avvertirne il passaggio) dai recitativi, alle arie, ai
duetti, ai terzetti, ai quartetti ed ai concertati.
La vera sfida
Insisto sull’edizione Chéreau-Harding perché la considero la sfida
vera di Sven Erich-Bechtolf (regia), Christoph Eschembach (direzione musicale)
, Rolf Gittemberg (Scene), Marianne Glittemberg (costumi) e dei sei cantanti
(Malin Hartelius, Marie-Claude Chappuis, Martina Janková, Martin Mitterrutzern,
Luca Pisaroni, Gerald Finley) chiamati a sostenere i complessi ruoli. Dei sei,
cinque sono giovani , provenienti dalla squadra affiatatissima di Zurigo,
mentre Finley è una ‘star’ internazionale. La sfida è raccolta ma solo con il
necessario rodaggio si potrà di dire che si è raggiunto il primato della
produzione di Aix del 2005.
Il dramma giocoso
Bechtolf e Eschembach mostrano sin dalle prime battute che lo
sguardo disincantato di Da Ponte e Mozart riguarda, nonostante il titolo, sia
gli uomini sia le donne. Il compositore non condanna e non accusa (anche se lo
‘sciupafemmine’ Da Ponte è vagamente anti-femminista: la considerava efficaci
solo sotto le lenzuola). Regista e direttore musicale prendono alla lettera la
dizione ‘dramma giocoso’, ossia i limiti dell’’opera buffa’ ed accentuano
l’humour burlesco, la commedia per adulti e l’assurdità di alcune situazioni
drammaturgiche.
La perdita dell’innocenza
Tuttavia, c’è un tema di fondo forte: la perdita dell’innocenza:
l’amore viene cacciato dal Paradiso proprio in quanto diventa intrigo sessuale
ed ai sentimenti ed ai sensi non si comanda. L’opera è ambientata in ricco
‘giardino d’inverno’ settecentesco, pieni di piante (anche palme) e fiori. Dopo
le visioni cupe degli Hermann e di Guth, ‘Così’ (che inaugurò il Festival nel
lontano 1922- con Richard Strauss – sul podio) torna allegro, anzi gioioso pur
se nasconde un velo di melanconia che si mostra soprattutto nel finale.
Il giudizio
Bravi i cantanti tutti con il physique de rôle . Tutti anche
ottimi attori . Un po’ scialba la concertazione dei Wiener Philarmoniker di
Eschembach, chiamato, con poco anticipo, a sostituire Franz Welser -Möst. Ciò
nonostante, grande successo per il ‘Così’ ritrovato nella sua concezione
originale.
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