Il caso Rossini Opera Festival. Finanza e teatro di regia
Mentre
quattro delle tredici fondazioni liriche sono commissariate, altre due sono
sulla stessa strada e un paio, prive di liquidità, sembrano sull’orlo della
liquidazione. Così, alla vigilia della chiusura delle Camere, il Governo ha
varato un decreto legge. In questo scenario, il Rossini Opera Festival sembra
un’isola felice.
Scritto da Giuseppe
Pennisi | martedì, 20 agosto 2013 · Lascia un commento
Gioacchino Rossini, Guillaume Tell,
Rossini Opera Festival 2013 – photo Studio Amati Bacciardi
La 34esima edizione del ROF –
Rossini Opera Festival terminerà il 23 agosto ed è una vera eccezione nel
mondo culturale italiano: non solo perché, lavorando d’intesa con la Fondazione
Rossini, ha riscoperto tante opere dimenticate, ma in quanto “rende” sotto il
profilo economico ed è un ottimo esempio di collaborazione fra pubblico e
privato. Non ha mai chiuso un bilancio in passivo e ha dato un contributo
importante alla comunità e all’Italia, pur essendo nata come una piccola iniziativa
finanziata da enti e imprese a livello locale.
Dal bilancio civilistico 2012, dal bilancio sociale sempre del 2012 e da uno studio degli impatti del ROF effettuato dall’Università di Urbino emergono questi aspetti salienti:
- nell’arco degli ultimi cinque anni i costi complessivi della manifestazione sono diminuiti del 20% (da 6 a 5 milioni di euro) e il numero di dipendenti fissi ridotto da 10 a 7 unità (gli addetti raggiungono i 235 circa nelle settimane del festival). Dei 5 milioni circa di spese, gli oneri sociali (versati a Enpals, INPS ecc.) e le imposte – in breve, il “rientro diretto all’erario” – ammontano a circa a 700 milioni;
- la biglietteria porta incassi per un milione (non ne può portare di più a ragione della capacità fisica dei teatri); due terzi degli spettatori sono stranieri molto fidelizzati. Gli sponsor privati – imprese, banche, fondazioni – contribuiscono per circa 800mila euro. Il resto proviene dai soci (Stato, Regione, Provincia, Comune, Fondazioni), da coproduzione e da vendite di allestimenti. Ad esempio, il Guillaume Tell di questo festival è coprodotto con il Regio di Torino e “in collaborazione con il Comunale di Bologna”, ma andrà anche altrove, e L’Occasione fa il Ladro, ripresa quest’anno dal debutto nel 1987, ha viaggiato in più di 30 teatri di quattro continenti, tra cui La Scala;
- nel periodo del festival, il fatturato del settore dei servizi di Pesaro aumenta di 11 milioni di euro. In sintesi, contando indotto e moltiplicatore, un euro di contributo pubblico (al netto dei rientri diretti agli enti previdenziali e all’erario) ne genera cinque di valore aggiunto a Pesaro e al suo hinterland.
Dal bilancio civilistico 2012, dal bilancio sociale sempre del 2012 e da uno studio degli impatti del ROF effettuato dall’Università di Urbino emergono questi aspetti salienti:
- nell’arco degli ultimi cinque anni i costi complessivi della manifestazione sono diminuiti del 20% (da 6 a 5 milioni di euro) e il numero di dipendenti fissi ridotto da 10 a 7 unità (gli addetti raggiungono i 235 circa nelle settimane del festival). Dei 5 milioni circa di spese, gli oneri sociali (versati a Enpals, INPS ecc.) e le imposte – in breve, il “rientro diretto all’erario” – ammontano a circa a 700 milioni;
- la biglietteria porta incassi per un milione (non ne può portare di più a ragione della capacità fisica dei teatri); due terzi degli spettatori sono stranieri molto fidelizzati. Gli sponsor privati – imprese, banche, fondazioni – contribuiscono per circa 800mila euro. Il resto proviene dai soci (Stato, Regione, Provincia, Comune, Fondazioni), da coproduzione e da vendite di allestimenti. Ad esempio, il Guillaume Tell di questo festival è coprodotto con il Regio di Torino e “in collaborazione con il Comunale di Bologna”, ma andrà anche altrove, e L’Occasione fa il Ladro, ripresa quest’anno dal debutto nel 1987, ha viaggiato in più di 30 teatri di quattro continenti, tra cui La Scala;
- nel periodo del festival, il fatturato del settore dei servizi di Pesaro aumenta di 11 milioni di euro. In sintesi, contando indotto e moltiplicatore, un euro di contributo pubblico (al netto dei rientri diretti agli enti previdenziali e all’erario) ne genera cinque di valore aggiunto a Pesaro e al suo hinterland.
Gioacchino Rossini, Italiana in
Algeri, Rossini Opera Festival 2013 – photo Studio Amati Bacciardi
L’edizione in corso prevede tre
opere in versione scenica, una in edizione da concerto, Il Viaggio a Reims in
un allestimento ventennale per i giovani cantanti dell’Accademia Rossiniana e
in un adattamento per i bambini e una serie di concerti. Il ROF ha sempre
puntato sul teatro di regia, ossia su regie innovative sul tipo di quelle che
si vedono all’estero. Anche se non sempre i risultati sono stati memorabili,
questo è un elemento del suo successo.
Uno spettacolo non riuscito è stato quello inaugurale del 10 agosto: un’Italiana in Algeri contestata da parte del pubblico e francamente deludente sotto l’aspetto sia della drammaturgia sia della direzione musicale.
Il giorno seguente, invece, dieci minuti di standing ovation dopo oltre cinque ore di spettacolo hanno salutato il nuovo allestimento di Guillaume Tell, in programma la prossima stagione al Teatro Regio di Torino e al Teatro Comunale di Bologna. Il regista Graham Vick e il direttore musicale Michele Mariotti hanno lavorato di stretta intesa con l’intero cast (protagonisti: Nicola Alaimo, Juan-Diego Flórez, Simon Orfila, Celso Albelo, Marina Rebeka, Amanda Forsythe, Veronica Simeoni) nell’allestire un Guillaume Tell davvero differente dalla tradizione. L’azione è spostata all’inizio del Novecento, periodo di lotte tra contadini e pescatori, da un lato, e aristocratici e borghesia industriale nascente, dall’altro. Sono gli albori del momento socialista (si vedono anche bandiere rosse che hanno irritato alcuni critici) e Tell non è un eroe tutto d’un pezzo, ma un contadino pieno di dubbi e fortemente legato alla propria famiglia e terra, costretto a scendere in campo contro i soprusi ai suoi stessi cari. Un ambiente unico con pannelli in cui, con l’uso di scene dipinte e proiezioni, si mostrano i vari luoghi dell’azione. Manca – è vero – il forte richiamo della natura (campi, boschi, laghi, montagne) di cui trasuda la partitura rossiniana. I balletti sono strettamente integrati al dramma, un’innovazione in Italia in questo genere di teatro in musica. In questa concezione “anti-eroica”, la concertazione di Mariotti evidenzia il velo di melanconia intriso anche nei momenti più lieti (quali il grandioso finale) di questo lavoro con cui a 37 anni Gioacchino Rossini si congedò dalle scene ottenendo, dopo cinque anni di battaglie legali, la lauta pensione con cui visse sino all’età di 78 anni.
Uno spettacolo non riuscito è stato quello inaugurale del 10 agosto: un’Italiana in Algeri contestata da parte del pubblico e francamente deludente sotto l’aspetto sia della drammaturgia sia della direzione musicale.
Il giorno seguente, invece, dieci minuti di standing ovation dopo oltre cinque ore di spettacolo hanno salutato il nuovo allestimento di Guillaume Tell, in programma la prossima stagione al Teatro Regio di Torino e al Teatro Comunale di Bologna. Il regista Graham Vick e il direttore musicale Michele Mariotti hanno lavorato di stretta intesa con l’intero cast (protagonisti: Nicola Alaimo, Juan-Diego Flórez, Simon Orfila, Celso Albelo, Marina Rebeka, Amanda Forsythe, Veronica Simeoni) nell’allestire un Guillaume Tell davvero differente dalla tradizione. L’azione è spostata all’inizio del Novecento, periodo di lotte tra contadini e pescatori, da un lato, e aristocratici e borghesia industriale nascente, dall’altro. Sono gli albori del momento socialista (si vedono anche bandiere rosse che hanno irritato alcuni critici) e Tell non è un eroe tutto d’un pezzo, ma un contadino pieno di dubbi e fortemente legato alla propria famiglia e terra, costretto a scendere in campo contro i soprusi ai suoi stessi cari. Un ambiente unico con pannelli in cui, con l’uso di scene dipinte e proiezioni, si mostrano i vari luoghi dell’azione. Manca – è vero – il forte richiamo della natura (campi, boschi, laghi, montagne) di cui trasuda la partitura rossiniana. I balletti sono strettamente integrati al dramma, un’innovazione in Italia in questo genere di teatro in musica. In questa concezione “anti-eroica”, la concertazione di Mariotti evidenzia il velo di melanconia intriso anche nei momenti più lieti (quali il grandioso finale) di questo lavoro con cui a 37 anni Gioacchino Rossini si congedò dalle scene ottenendo, dopo cinque anni di battaglie legali, la lauta pensione con cui visse sino all’età di 78 anni.
Gioacchino Rossini, L’Occasione fa
il Ladro, Rossini Opera Festival 2013 – photo Studio Amati Bacciardi
A volte, quando il ROF affronta il
repertorio più noto, fallisce. È successo due volte con Il Barbiere di
Siviglia ed è la seconda volta che ciò avviene con l’Italiana in Algeri.
Dopo aver presentato un allestimento semplice ma esemplare all’inizio degli
Anni Ottanta, ne ha proposto uno curato da Dario Fo che mostrava tutto
ciò che un regista non deve fare quando ha per le mani un capolavoro. Il 10
agosto il festival ha debuttato con una messa in scena di Davide Livermore
che si ispira alla Pop Art e ai fumetti Anni Settanta, seguendo l’operazione
fatta da Mosher Leiser e Patrice Caurier per il Giulio Cesare di
Haendel, che nel 2012 ha trionfato a Salisburgo e altrove. Mentre però per
Haendel la regia era molto misurata, in questa Italiana si annega tra
folle di comparse e gag a getto continuo. Non solo ci sono punte di omosex che
avrebbero causato a Rossini coliche intestinali, ma è in scena anche il viagra
di cui certo non aveva esigenza il giovane Gioacchino per dar prova delle sue
doti alla Isabella Colbran. Soprattutto, tutto è eccessivo (e anche privo di
ritmo). La parte musicale aiuta poco a correggere i difetti della drammaturgia.
Incolore sin dall’ouverture la concertazione di José Ramón Encinar,
eccellente Alex Esposito nel ruolo di Mustafà, tecnicamente perfetto, e con un
volume che cresce di anno in anno il giovane Yishe Shi in un ruolo davvero
impervio. Anna Goryachova, la protagonista, è molto bella ma evita i registri
acuti, mentre Rossini ha scritto la parte per una cantante in grado di scendere
a profondità di un contralto.
Gioacchino Rossini, Italiana in
Algeri, Rossini Opera Festival 2013 – photo Studio Amati Bacciardi
Ottima idea, invece, la ripresa
dell’allestimento tradizionale (con scene dipinte) de L’Occasione fa il
Ladro, una farsa deliziosa la cui messa in scena fu una delle ultime
fatiche di Jean-Pierre Ponnelle, di cui ricorre il venticinquennale
della scomparsa. Il lavoro promette di viaggiare ancora a lungo.
Giuseppe Pennisi
Gioacchino
Rossini, Guillaume Tell, Rossini Opera Festival 2013 – photo Studio Amati
Bacciardi
Gioacchino
Rossini, Guillaume Tell, Rossini Opera Festival 2013 – photo Studio Amati
Bacciardi
Gioacchino
Rossini, Guillaume Tell, Rossini Opera Festival 2013 – photo Studio Amati
Bacciardi
Gioacchino
Rossini, L’Occasione fa il Ladro, Rossini Opera Festival 2013 – photo Studio
Amati Bacciardi
Gioacchino
Rossini, L’Occasione fa il Ladro, Rossini Opera Festival 2013 – photo Studio
Amati Bacciardi
Gioacchino
Rossini, L’Occasione fa il Ladro, Rossini Opera Festival 2013 – photo Studio
Amati Bacciardi
Gioacchino
Rossini, Italiana in Algeri, Rossini Opera Festival 2013 – photo Studio Amati
Bacciardi
Gioacchino
Rossini, Italiana in Algeri, Rossini Opera Festival 2013 – photo Studio Amati
Bacciardi
Gioacchino
Rossini, Italiana in Algeri, Rossini Opera Festival 2013 – photo Studio Amati
Bacciardi
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