MA SENZA
SOLIDARIETA’ LA CRISI DEL DEBITO UE NON PUO’ ESSERE RISOLTA
Giuseppe
Pennisi
La crisi greca ha
messo a nudo un fenomeno non da tutti notato: il nodo del debito sovrano
riguarda non singoli Paesi individualmente, ma l’intera eurozona. Le
determinanti sono note: i salvataggi da parte di singoli Stati di istituzioni
finanziarie in crescenti difficoltà a partire dal 2008, disavanzi eccessivi
delle bilance dei pagamenti di alcuni Paesi nella convenzione (errata) che,
nell’ambito dell’unione monetaria, deficit e surplus con il resto
dell’eurozona, si compensassero automaticamente a vicenda e, terzo, il brusco
rallentamento dell’economia reale europea, dovuto, secondo una scuola di
pensiero, proprio al peso del debito.
Più difficili le
terapie. È stato messo in atto un meccanismo europeo di stabilità finanziaria e
si sta ancora lavorando di una unione bancaria europea con una vigilanza
europea e un metodo europeo per affrontare gli istituti finanziari in dissesto,
ma priva al momento di una garanzia europea per i depositi dei correntisti.
Alcuni Stati sono riusciti ad uscire dagli effetti più immediati (Irlanda,
Spagna, Portogallo, Malta) grazie a interventi Ue e a rigorosi piani di
riassetto. La Grecia è ancora in bilico mentre altri Paesi, come l’Italia,
contano sul fatto che la metà circa del loro debito pubblico è detenuto da risparmiatori
interni. Tuttavia, ove l’Italia raggiungesse un avanzo primario pari al 5% del
Pil dovrebbe mantenerlo per oltre vent’anni per raggiungere l’impegno, preso
con il Trattato di Maastricht e rafforzato con il Fiscal Compact, di far
scendere da circa il 135% al 60% il rapporto debito-Pil.
Sono sufficienti a
ridurlo gli strumenti approntati in questi ultimi anni? In effetti, anche dopo
il completamento dell’unione bancaria ed un eventuale rafforzamento (con
maggiori contributi dai singoli Stati) del meccanismo europeo di stabilità
finanziaria c’è da dubitare che siano sufficienti senza una maggiore
solidarietà transnazionale e senza percorsi innovativi. Servirebbe una
conferenza europea sul debito sovrano dell’eurozona ed è auspicabile che la
crisi greca faccia da leva alle proposte formulate in tal senso negli ultimi
anni.
In un documento
appena diramato in rete ai consoci del Social Science Research Network, Carmen
Reinhart di Harvard e Chistoph Trebesch dell’università di Monaco hanno
ricordato che dalla crisi del debito sovrano del 1920-1939 si uscì non sono
solo con le spese militari (e la seconda guerra mondiale), ma anche con
riduzioni del debito pari al 21% del Pil dei Paesi allora considerati avanzati.
Da quella del 1978-2010, riguardante principalmente i Paesi emergenti, con
remissioni del debito pari complessivamente al 16% del Pil mondiale. Quindi,
senza una solidarietà a livello mondiale (o regionale) non si risolverà il
problema. Una proposta interessante viene da due professori della Ludwig
Maximilian Munchen Universitaat (dal cuore della Baviera), Nadjeschda Arnold e
Ray Frees: perché non pensare ad un fondo europeo di assicurazione che consenta
il graduale smaltimento del rischio del debito e, quindi, del debito medesimo?
Il lavoro ha un’importante sezione teorica ed entra anche negli aspetti
istituzionali ed in proposte operativo.
Giuseppe Pennisi
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