FINANZA/ "L'allarme" inascoltato dal 1937
Pubblicazione: sabato 1 agosto 2015
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In queste
settimane in cui, dopo cinque mesi di difficili discussioni, sta iniziando un
complesso negoziato mirato a fare sì, da un lato, che la Grecia non esca
dell'unione monetaria e, dall'altro, che l'eurozona non si spappoli, può
sembrare curioso chiedersi cosa Frederick von Hayek avrebbe pensato di tale
"pasticciaccio brutto".
Hayek (Vienna 8
maggio 1899-Friburgo 23 marzo 1992) ebbe lunga vita e morì proprio mentre il
Trattato di Maastricht stava iniziando il processo di ratifica nel primo,
peraltro nutrito, gruppo di Stati che entrarono a fare parte dell'area
dell'euro. Tuttavia, già anziano quando iniziarono gli accadimenti (in primo
luogo l'implosione dell'Urss) che portarono all'unificazione della Repubblica
Federale Tedesca, non si interessò mai direttamente all'integrazione europea.
Occorre, però, ricordare che il suo primo libro Monetary Theory and the
Trade Cycle (1929) riguardava la teoria delle moneta, anche se vista
nell'ottica del teoria del ciclo economico, e il suo terzo Monetary
Nationalism and International Stability (1937) trattava specificamente di
politica monetaria internazionale. Tra i due, Prices and Production
(1931) uno dei testi che, all'epoca, gli diedero maggiore fama.
Monetary
Nationalism and International Stability, invece, non ebbe grande
successo, tanto che si dovettero attendere circa cinquanta anni per una
ristampa. Solo adesso, poi, ne appare una traduzione in italiano (Friedrich A.
von Hayek, Nazionalismo Monetario e Stabilità Internazionale, Presentazione
di Lorenzo Infantino, Prefazione di José Antonio de Aguirre, Rubbettino 2015, €
10). Le ragioni per il relativo disinteresse, nel 1937, sono due: da un canto,
gli economisti erano principalmente alle prese con quella che è stata chiamata
"La Grande Depressione" (e quindi con le polemiche sul pensiero
keynesiano); da un altro, è una raccolta di cinque lezioni fatta allo Institut
des Hautes Etudes Internationales di Ginevra - in istituto ancora molto attivo
nel parco Mon Repos sulla riva del lago Lemano dove allora aveva sede la
Società delle Nazioni, e ora una delle sedi europee delle Nazioni Unite.
L'Institut
aveva dato a Hayek ampia facoltà di scelta sui temi da trattare nelle cinque
lezioni. Fu lui stesso, quindi, che utilizzò l'occasione per riflettere su
nazionalismo monetario e stabilità internazionale. Hayek lamentò di non aver
avuto abbastanza tempo per un'analisi esaustiva. In effetti, il libro va
trattato quasi come "dispense d'autore": da un canto, rappresenta il
pensiero "grezzo" di uno dei più autorevoli scienziati sociali (non
solo economista) dal secolo scorso; da un altro, non è levigato come molte
altre opere di Hayek. Inoltre, sono "dispense d'autore" di un teorico
non di un economista impegnato su problemi "pratici". Nella
convinzione che dalla teoria sorgono gli insegnamenti per la pratica, e, quindi,
per la politica economica.
Tuttavia, anche
se la lettura di alcuni passaggi può apparire un po' ostica, il messaggio è
chiaro: avversione per un sistema di cambi fluttuanti (risultanti da
"nazionalismo monetario") in quanto fonte di perturbazioni molto
gravi per il sistema finanziario ed economico internazionale; avvertimento che
il "nazionalismo monetario" e le monete nazionali non possono isolare
un Paese da tensioni provenienti da altri Paesi o dal resto del mondo (nel 1937
il termine "globalizzazione" non era in circolazione); certezza che
non esiste una base razionale per regolare la quantità di una moneta o di
un'area monetaria che sia parte di un sistema economico più ampio.
È un messaggio
molto eloquente per dipanare i guai dell'eurozona. In altri termini, il
messaggio che si trae daMonetary Nationalism and International Stability è
che se si fosse ascoltato Hayek il Trattato di Maastricht non sarebbe stato
redatto. Si sarebbe rimasti, forse, all'accordo europeo dei cambi (chiamato in
gergo giornalistico Sistema monetario europeo, Sme) che limitava le
fluttuazioni e rendeva collegiale il processo decisionale sui cambi, ma non
costruiva un sistema complicato di regole, peraltro poco osservato e aggiornato
con accordi intergovernativi ad hoc che lo fanno assomigliare a un vestito da
Arlecchino.
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