LA
DISTRAZIONE GRECA
Giuseppe Pennisi
Al
momento in cui viene scritta questa nota, la ‘saga greca’ è ancora in corso e
nessuno può fare previsioni su quando terminerà. Tuttavia, dato che i creditori
della Repubblica Ellenica pensavano che il problema fosse stato risolto in un
convulso fine settimana dell’aprile 2010, ma si è ripresentato pochi mesi dopo
ed è scoppiato di nuovo all’inizio del 2015.
Quando
gli analisti economici, specialmente quelli della stampa quotidiana, parlano
dei costi della crisi greca, si riferiscono di solito ai 240 miliardi di debito
pubblico, ora detenuto quasi interamente da Stati dell’Unione Europea (UE) che
hanno rilevato le insolvenze della Grecia con banche d’investimento. La Grecia deve all’Italia tra i 40 ed i 60
miliardi- un aggravio per le prossime manovre di finanza pubblica.
Tuttavia,
dai tempi dello scandalo Enron, gli econometrici americani hanno stimato il
costo effettivo di una situazione del genere è circa 18 volte quello
strettamente finanziario. I calcoli econometrici sono stati effettuati in
termini del ‘valore della reputazione’. Al nodo Grecia, occorrerebbe invece
riferirsi al ‘costo della distrazione’. Per mesi i Capi di Stato e di Governo
dell’UE e schiere di diplomatici, alti dirigenti ed esperti sono stati ‘distratti’
dalla Grecia (il 2% del Pil dell’eurozona ed una frazione minuscola di quello
mondiale) proprio mentre era in atto un processo rapidissimo di cambiamento
nell’economia mondiale- ad esempio, i negoziati transpacifici e transatlantici,
la creazione di una banca asiatica per le infrastrutture con un capitale non
inferiore di quello della Banca mondiale, forte tensioni nel mercato
dell’energia, guerre guerreggiate nel Mediterraneo, nel Medio Oriente, ed
nell’ex Unione Sovietica. Inoltre, l’Europa è alle prese con una stagnazione
decennale ed un impoverimento strisciante nel contento economico
internazionale. Avere dedicato attenzione alla Grecia e non a temi come quelli
indicati ha un costo elevatissimo per tutti, Repubblica Ellenica compresa.
Uno
dei frutti della ‘distrazione greca’ è la pessima qualità del Rapporto dei Cinque Presidenti (Juncker,
Tusk, Dijsselbloem, Draghi e Shultz) che avrebbe dovuto tracciare la rotta per
la ripresa europea e che l’ex- Ministro dell’Economia e delle Finanze Fabrizio Saccomanni
ha definito ingannevole, fuorviante ed
irritante. Altri hanno utilizzato vocaboli che non si pronunciano di fronte
a signore. Per fornuta, il documento è stato ignorato ed archiviato.
Mentre la Repubblica Federale Tedesca, la Francia e
l’Italia sembrano sottovalutare questo costo ne sono consapevoli i Paesi che si
considerano molto più poveri della Grecia e non capiscono perché si cerchi per
la terza volta correre in aiuto ad Atene affinché faccia le riforme che loro
hanno attuato da tempo, facendo fronte a sofferenze e difficoltà sociali. I più
agguerriti sono le Repubbliche Baltiche: il primo ministro lituano ripete che i
suoi concittadini hanno un’età pensionistica molto più tarda (67 anni) e
trattamenti molto più bassi dei greci: non comprende perché i pensionati
lituani debbano sovvenzionare i greci. Sulla stessa linea, la Slovacchia e la
Slovenia, mentre Malta, Cipro e l’Irlanda si vantano di avare rimesso in sesto
i propri sistemi bancari con una unica tornata di aiuti europei per ciascun Paese.
Lo sottolinea anche la Spagna, mentre il Portogallo fa notare di essere povero
tanto quanto la Grecia ma di non avere avuto che un breve programma di supporto
europeo e di essersela cavata con l’accurata gestione dei fondi strutturali. Le
insidie maggiori (per Atene) vengono poi dal resto dell’Ue. Il primo ministro
bulgaro Rosen Plevneliev è scatenato in discorsi pubblici. Soprattutto sta
organizzando altri Stati neo-comunitari (Romania, Polonia, Ungheria) perché
alla Grecia vengano dati non aiuti, ma un benservito per avere truccato i
conti.
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