“La Gazza
Ladra” ha inaugurato il Rossini Opera Festival
Il
Rossini Opera Festival 2015 (Rof) è stato inaugurato il 10 agosto sotto una
pioggia scrosciante. Si usa dire “posa bagnata, sposa fortunata” e questo Rof
ha bisogno di un pizzico di fortuna. E’ stato preceduto da polemiche: i titoli
sono differenti da quelli annunciati una settimana fa; un unico nuovo
allestimento, ma di un lavoro considerato minore (La Gazzetta); sostituzioni
nel gruppo dirigente che ha creato il festival 36 anni fa (a mio avviso,
normali dopo un periodo così lungo in carica); nessun grande nome di fama
internazionale tra gli artisti e via discorrendo. La stessa biglietteria pare
meno “calda” del solito e sembra ci sia meno critica musicale in giro. Alla
sera della “prima” diverse file della Adriatic Arena (1200 posti) erano vuote.
Ancora peggio, secondo la stampa locale, alcuni sponsor privati vorrebbero
ridurre il loro impegno finanziario nella manifestazione.
Credo
che la determinante di parte di queste problematiche sia esterna al festival,
che mantiene un pubblico “fidelizzato” di rossiniani puri e duri. Senza dubbio,
otto anni di congiuntura difficile hanno inciso per chi deve mettere mano al
portafoglio e recarsi a Pesaro (che non ha la centralità geografica di
Salisburgo, Aix-en-Provence, Baden Baden o Bayreuth) e per le imprese e
banche che per circa quattro decenni hanno apportato un contributo fondamentale
al festival. Indubbiamente, nuove norme (tra cui quella sulla programmazione
triennale) hanno inciso sul cartellone. Inoltre, le due riprese: “La Gazza
Ladra” e “L’Inganno felice” non sono tra i titoli più noti e più popolari del
compositore pesarese.
“La
Gazza Ladra”, la cui prima avvenne alla Scala nel 1817, è un’opera lunga (circa
quattro ore) che appartiene al genere semi-serio, di gran moda in Francia (e
non solo) negli anni successivi alla Rivoluzione Francese ma destinato ad
essere, verso il 1830, travolto in Italia dal melodramma prima donizettiano e
poi verdiano ed in Francia dalla tragédie lyrique prima e dall’opéra liryque. Rossini stesso
la portò a Napoli nel 1919, facendo qualche aggiunta e concertandola in prima
persona. Ebbe un buon successo anche a Torino e Venezia. Circuitò in
teatri italiani sino al 1850 circa (ne esiste una partitura datata in quel
periodo) per poi sparire sino al 1941 quando riapparve a Pesaro, San Miniato e
Roma in una rielaborazione di Riccardo Zandonai, segno di come fosse ormai
distante dalla cultura musicale dell’epoca. Soltanto nel 1973, a Roma, venne
presentata nella versione critica di Alberto Zedda.
Nel 1980, diretta daGianandrea Gavazzeni (che
ne era un appassionato), inaugurò la prima edizione del Rof. La vidi e la
ascoltai a Pesaro nel 1989 diretta da Gianluigi Gelmetti e con una regia didascali diMichael Hampte e non mi appassionò.
L’edizione
ora in scena è quella del 2007, che lanciò Damiano Michieletto ed il suo team (Paolo Fantin per le scene, Carla Teti per
i costumi). Dirige una volpe come Donato Renzetti.
Prima di entrare nell’edizione, occorre fare un riferimento alla truculenta
vicenda.
Ninetta,
ragazza di buona famiglia, costretta dalle necessità, ed essere al servizio di
un ricco proprietario terriero, viene ingiustamente accusata di avere rubato e
poi venduto un cucchiaio di argento. Alla base dell’accusa concorrono varie
determinanti: l’antipatia, ove non odio, del podestà, irritato di essere
respinto dalla ragazza; il fatto che Ninetta ha effettivamente venduto ad un
rigattiere una posata avuta dal padre (militare fuggiasco nelle guerre
napoleoniche). Dopo varie complesse vicende (che coinvolgono tutto il
villaggio), Ninetta,
processata e condannata a morte, viene salvata in extremis dal casuale
ritrovamento della posata finita nel nido di una gazza, essa sì “ladra”. A Rossini, lo si avverte sin
dalla ben nota sinfonia, interessavano gli aspetti tragici della vicenda più di
quelli comici o semi-comici. In tal senso, come lunga opera tragica, anticipa
momenti ed atmosfere di Semramide e di Guillaume Tell.
Dal
2007 (quando debuttò a Pesaro con grande successo) è stato visto a Verona e
Bologna. Devo ammettere che non considero l’allestimento come il punto di forza
dello spettacolo: la grand-guignolesca vicenda è presentata come il sogno
(tormentato di un’adolescente) e un’acrobate-ballerina rappresenta la gazza ed
è quasi sempre in scena. La recitazione è buona, ma i costumi sono da incubo e
le luci trasandate. Manca soprattutto quell’atmosfera “paesana” e “rurale” che
permea parte della partitura e soprattutto il finale. Michieletto ha
fatto di meglio ed è difficile capire perché stato riesumato uno spettacolo che
a otto anni dal debutto appare già vecchio.
Di
gran livello invece la parte musicale. Donato Renzetti concerta con precisione
l’orchestra ed il coro del Teatro Comunale di Bologna, dando alla partitura le
tinte giuste. Dopo qualche incertezza nella cavatina iniziale, Nino Machaidze affronta
molto bene l’impervio ruolo diNinetta. L’americano René
Barbera è il suo innamorato Giannetto, ruolo che richiede una voce generosa. Simone Alberghini e Teresa Iervolino vestono
efficacemente i panni dei suoi genitori, mentre Alec Esposito è un eccellente padre di Ninetta. Il giovano Marko Mimica è
Il corrotto e lascivo magistrato. Merita lodi la giovane Lena Belkina nel ruolo di Pippo, il giovane
contadino che svela l’intrigo. Gli applausi non sono mancati.
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