CONSIGLI A
RENZI/ Riforma pensioni e tasse secondo le famiglie
Pubblicazione: lunedì 2 giugno 2014 - Ultimo aggiornamento: lunedì 2 giugno
2014, 12.17
Infophoto
Approfondisci
NEWS Economia e Finanza
Si cominciano a intravedere barlumi di una lenta e
fragile uscita dalla crisi. Il rapporto Istat presentato il 28 maggio ha
confermato le previsioni di Ocse e Commissione europea pubblicate nelle
giornate precedenti. I dati e le previsioni confermano anche però che non si
tornerà ai tassi di crescita annuali del 2,5% che hanno caratterizzato gli anni
Ottanta. Ci vorranno dieci anni dal 2014 per tornare al Pil del 2007. Nel
frattempo saranno cambiati gusti, abitudini, usi degli strati più colpiti dalla
crisi, in particolare delle fasce che in questi anni hanno disceso uno scalino
nella scala sociale.
C’è un aspetto poco notato ma di rilievo Le famiglie
italiane, specialmente quelle a reddito medio-basso, sono resilient - un
temine inglese, centrale negli ultimi rapporti Ocse e Banca mondiale sulle
difficoltà di questi ultimi anni - che non ha equivalente esatto in italiano e
che indica la capacità di saper “resistere con perseveranza e inventiva”. Alla
perdita di reddito (e di benessere in senso lato) - in gran misura a causa della
diminuzione delle tutele del lavoro dei “capifamiglia” (considerata da molti
istituti internazionali “una peculiarità del mercato del lavoro italiano”) - le
famiglie hanno risposto con resilience.
A fronte di un forte aumento delle famiglie “senza
occupati e senza pensioni” (da 1,4 milioni nel 2008 a 2,1 milioni nel 2013- un
balzo impressionante del 49% nell’arco di un lustro), i nuclei hanno dato prova
di una grande capacità di adattamento con pervicacia e fantasia. Attenzione:
non si tratta dell’arte di arrangiarsi dei film di Totò e Steno, ma di
scelte economiche razionali che le politiche pubbliche dovrebbero comprendere e
premiare poiché portano a una migliore utilizzazione delle risorse e, quindi, a
un aumento della produttività del Paese. Anche se i costi ricadono
principalmente sui nuclei meno favoriti.
La caratteristica principale è il “ricompattamento”
delle famiglie di fronte alla crisi, per creare sinergie, economie di scale e
in gergo economico “internalizzare esternalità” (ossia, come nei distretti
industriali, massimizzare all’interno della famiglia quelli che sarebbero
eventuali effetti esterni). Il “ricompattamento” vuol dire che cresce il numero
delle famiglie composte da più nuclei: un milione e 567 mila persone nel
2012-2013 con un aumento di 438 mila unità nel 2006-2007 (una crescita di un
terzo).
Se si scava nei dati ci si accorge che le
caratteristiche principali sono due: l’incremento di titolari di pensioni basse
(o molto basse) che vanno a vivere con nuclei (della medesima famiglia) dove
c’è almeno un occupato e di titolari di pensioni di buon livello che vivono con
persone in cerca di occupazione (o perché alla caccia del primo impiego o
perché hanno perso il lavoro). Questa seconda fattispecie ha avuto un rapido
aumento nell’ultimo lustro: i pensionati - lo mostrano dati Bankitalia e Istat-
rappresentano sempre più frequentemente una risorsa economica all’interno delle
famiglie in cui qualche componente ha perso il lavoro.
Ciò ha implicazioni di grande rilievo per la politica
della famiglia e della previdenza. Da un lato, i dati mostrano l’urgenza del
quoziente familiare nella struttura tributaria, anche solo per rallentare la
riduzione del tasso di natalità e il conseguente invecchiamento della forza
lavoro potenziale (una delle cause principali della perdita di produttività e
di competitività dell’Italia). Si tratta di un sistema di imposizione
tributaria che tiene conto dei carichi familiari. In pratica è un metodo di
calcolo, adottato per esempio dalla Francia, che modula l'applicazione
dell'imposta sul reddito all'insieme dei redditi dei membri della
“famiglia fiscale”, composta dal contribuente, dal coniuge, dai suoi figli
minorenni e dalle persone invalide conviventi. Diversamente da quanto è in
vigore attualmente in Italia, dove la tassazione ha una base individuale
(Irpef), che, a parità di reddito, penalizza le famiglie monoreddito e quelle
con figli a carico. Cosa peraltro oggetto di critiche anche in alcune sentenze
della Corte Costituzionale. È utile ricordare che il Presidente del Consiglio
si è espresso più volte in favore del quoziente familiare. È importante che il
dicastero pertinente (Economia e Finanze) precisi a quale modello ispirarsi (se
quello francese o altri) e quale sarebbe la eventuale perdita di gettito e relativa
copertura.
Da un altro lato, occorre evitare misure che non
comprimano ulteriormente le pensioni medio-alte (con blocchi alle
indicizzazioni e “contributi di solidarietà” peraltro già dichiarati
incostituzionali dalla Consulta) perché sono i nonni ad assicurare il benessere
e la formazione dei nipoti - le nuove generazioni dalla cui produttività e
competitività dipende il benessere di tutti gli italiani nel futuro. Al
riguardo alcune componenti che sorreggono il Governo (e il Commissario
alla spending reviewCarlo Cottarelli) non la pensano in questo
modo, anche se il Presidente del Consiglio ha assicurato che non si progettano
ulteriori interventi. L’austerità in questi campi penalizza non soltanto i
nuclei meno abbienti, ma l’intero Paese.
© Riproduzione Riservata.
Nessun commento:
Posta un commento