martedì 3 giugno 2014

RESISTENZA ED INCLUSIONE in Formiche mensile giugno



RESISTENZA ED INCLUSIONE
Giuseppe Pennisi
Due parole chiave hanno contraddistinto il forum OCSE 2014: resistenza ed inclusione. Quest’anno il  forum , tenuto come di consueto all’inizio di maggio, si è contraddistinto per tre caratteristiche particolari: a) i segnali di ripresa dell’economia mondiale visti quasi contemporaneamente dall’organizzazione che ha sede a Parigi a Château de la Muette e, per quanto riguarda l’Unione Europea (UE), dalla Commissione Europea ; b) la coincidenza del forum (che riunisce circa 1200 ‘addetti ai lavori’) con la sessione ministeriale annuale dell’Organizzazione ; c) la ricorrenza del cinquantenario o dell’ingresso nell’OCSE del Giappone (contrassegnata anche dalla presenza, come oratore principale, del Primo Ministro nipponico, Shinzo Abe. Da un lato, ciò ha fatto sì che si guardasse alla recessione, principalmente europea, degli ultimi anni con l’ottica di apprendere lezioni e di trovare terapie per le ferite ancora aperte. Da un altro, è stata data molta attenzione alle relazioni tra OCSE ed ASEAN (l’Associazione degli Stati del Sud Est Asiatico) , a cui si sono associati Australia e Nuova Zelanda ed il cui mercato unico (in fase di avanzata costruzione) ha dimensioni doppie di quello dell’UE.
Perché resistenza ed inclusione sono il binomio che ha caratterizzato questa sessione e verosimilmente si proietterà nel prossimo futuro nelle politiche degli Stati che fanno parte dell’OCSE? In primo luogo, proprio l’esperienza dei Paesi asiatici mostra che è possibile essere in grado di resistere alla crisi: la seconda del giornata del forum – caratterizzato da una molteplicità di sedute plenarie e di sessioni parallele sempre legate ai due temi fondanti- è stata aperta non da un dibattito tra economisti ma da una presentazione di ragazzi giapponesi che hanno saputo resistere allo tsunami ed al disastro nucleare di Fukushima accompagnati da parlamentari dell’area. Resilience è un termine  inglese di cui l’italiano resistenza fornisce soltanto un’idea incompleta: vuole dire resistenza dura, indefessa ma sempre positiva e con un’ottica non tanto ai propri vantaggi individuali quanto a quelli della collettività. Ne scaturisce anche un messaggio forte per i Paesi europei che più hanno sofferto per la crisi iniziata nel 2008: quelli che dato maggiore prova di resilience sono anche quelli che sono usciti prima e meglio dalle difficoltà.
E con una minore divergenza nei redditi e nei consumi tra le varie fasce sociali. Quindi, il secondo tema intimamente legato al primo: dato che – per valide o meno che siano le statistiche pubblicate in un libro di successo dell’economista francese Thomas Piketty – in Europa e nel Nord America negli ultimi quattro anni le distanze di ricchezza e di reddito tra i più favoriti ed i più deboli sono aumentate di più che nei quindici anni precedenti, le terapie per il futuro devono porre l’accento sulla crescita inclusiva. Ciò vuol dire che includa e faccia beneficiare i ceti ai livelli più bassi di reddito e consumo. Ciò  si declina ponendo l’accento sulle risorse umane (istruzione , sanità, sull’innovazione, sulla competitività, su infrastrutture, industria e servizi rispettosi dell’ambiente. 
Quali che saranno gli esiti delle elezioni europee – è in corso la campagna elettorale mentre viene scritta questa nota ma saranno noti i risultati quando questo fascicolo di Formiche sarà in edicola – Governo e Parlamento dovranno impegnarsi a porre l’Italia (uno dei Paesi europei che più ha sofferta della crisi) sulla strada di una crescita inclusiva e resistente in caso di nuove tempeste internazionali. Le crisi economiche sono stress tests per i Paesi e le società che ne vengono investite. C’è modo di non esserne travolti ma di uscirne irrobustiti.


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