Renzi, il
complotto anti premier e la riesumazione della tassa sul morto…
04 - 06 - 2014Giuseppe Pennisi
Con un voto del 40% alle elezioni europee, il
presidente del Consiglio Matteo Renzi dovrebbe dormire serenamente tra
due cuscini. Non proprio se la sua “agenda” è incompleta e dato che siamo nel
Paese dove lo stesso Giulio Cesare venne pugnalato dal proprio figlio adottivo
dopo avere sgominato i Galli e, varcato il Rubicone, messo a tacere i suoi
oppositori interni.
Questa volta, pur se all’apparenza la maggioranza è
compatta e il “patto del Nazareno” viene considerato sacrosanto dai firmatari,
qualcosa non quadra. Anche se di mestiere insegno economia e scrivo di musica,
vivo a Roma da quando sono nato (con l’eccezione di 20 anni circa tra Gran
Bretagna, Bruxelles – un non-luogo e non certo uno Stato o un Paese – e
Washington), abito e lavoro in centro e ho orecchie per ascoltare.
Come sempre (pensate al verdiano “Un Ballo in
Maschera”), il complotto viene dall’interno del Palazzo. Matteo Renzi
avrebbe esternato a pochi amici la decisione di risolvere una volta per sempre
i problemi delle “coperture” delle leggi di spesa che propone (80 euro e
simili): riorganizzare il Ministero dell’Economia e delle Finanze ponendone
parte alle sue dirette dipendenze a Palazzo Chigi, e re-introdurre – al fine di
aumentare il gettito – la “tassa sul morto” (l’imposta di successione) sui ceti
medi abbassando la franchigia (ora un milione di euro) e portando l’aliquota al
20% (ora la più elevata è l’8% per lasciti a terzi con cui non si è
lontanamente imparentati). Nessuno ha detto a Renzi che quando tale tassa
era in vigore i costi di esazione superavano il gettito: alla “vittima
designata” certe cose è meglio non farle sapere.
La prima mossa (circolano bozze di decreti) ha dato la
stura al complotto: nessuno – neanche Benito Mussolini – aveva mai progettato
di “spezzettare” il Palazzo delle Finanze (come si chiamava all’epoca). Porre
la “bollinatura” delle leggi alle dipendenze di Palazzo Chigi vuol dire
dividere un corpo molto unito e, a torto o ragione, può essere letto come la
volontà politica di calpestare ogni terzietà tecnica. Non piacerà certo alla
Commissione Europea. Non lo gradiscono dirigenti e funzionari.
Quindi, furore. Ma non minacce di scioperi, come alla
Rai. Infatti, le bozze di provvedimenti sulla “tassa sul morto” stanno
diventando l’arma in mano ai complottatori. L’idea è stata partorita da emuli
di Thomas Piketty in quel di Tor Vergata, i quali però non hanno tenuto conto
né degli aspetti “deboli” nel pensiero e nei numeri del loro “maestro” né delle
implicazioni. In primo luogo, il co-firmatario del “patto del Nazareno”
considera un anatema il solo sentire parla di “tassa del morto” (di cui si è
avvantaggiato alla grande il suo arci-avversario Romano Prodi) ed è, quindi,
pronto a fare saltare il tavolo nella consapevolezza – ultimo rapporto Istat
alla mano – che in un’Italia che invecchia anziani e pensionati sono la
principale fonte di risparmio (per proteggere figli e nipoti).
In secondo luogo, nei Paesi in cui la “tassa sul
morto” è stata re-introdotta e portata ai livelli elevatissimi (i maggiori
nell’UE) di cui si parla, capitali ed investimenti sono corsi all’estero, con
le conseguenze che si possono immaginare su crescita ed occupazione.
In ogni caso, le polemiche sulla “tassa sul morto”
sarebbero tali da portare ad un accantonamento di riforme costituzionali e
legge elettorale.
Pensaci su, Matteo.
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