I debiti del
giovane Matteo Renzi
30 - 06 - 2014Giuseppe Pennisi
Il presidente del Consiglio sta sottovalutando il
problema del debito pubblico italiano? Dubbi, numeri e informazioni non troppo
rassicuranti che arrivano pure dall'Argentina...
Al termine del Consiglio Europeo della settimana
scorsa, un diplomatico francese (che vuole restare anonimo) ha sussurrato a un
collega olandese che “il Presidente del Consiglio italiano si comporta come chi
ha accettato un eredità con beneficio d’inventario ed è
convinto che il notaio stia ancora lavorando a fare somme e sottrazioni”.
Il riferimento al debito pubblico dell’Italia è
chiaro. Si è svegliato, dopo mesi di letargo, lo stesso Corriere
della Sera che ieri ha passato in rassegna alcune ipotesi
di abbattimento formulate di recente, dato che le misure sino ad ora proposte
(cessione di parte delle azionariato di spa pubbliche) si limiterebbero a
scalfire il problema.
Perché se ne parte adesso? Durante il Consiglio
europeo, è scoppiata la bolla del debito dell’Argentina. La Repubblica
sud-americana starebbe per aggiungere un accordo con i propri creditori, ma una
sentenza della Corte Suprema Usa ha stabilito che i detentori di titoli
argentini emessi negli Stati Uniti (con le guarentigie della normativa federale
americana) sono tutelati da eventuali “sconti”. Ci sarebbero, quindi, due
classi di creditori (e una miriade di azioni giudiziarie).
Come ricordato
su Formiche.net del 21 giugno, il
Fondo monetario considera l’Italia tra i Paesi a più alto rischio di contagiare
il resto dell’area dell’euro nell’eventualità di una crisi del debito sovrano.
Proprio quanto sta avvenendo a proposito dell’Argentina suggerisce che il
detonatore è già sul punto di esplodere. E dal “cono sud” dell’Emisfero
Occidentale, colpire chi in Europa è più debole e più contagioso.
Lo staff del Fondo monetario ha lavorato febbrilmente
a nuove direttive che l’istituzione finanziaria internazionale più e meglio
preposta a queste tematiche dovrebbe portare al proprio Consiglio
d’Amministrazione prossimamente. Sarebbe interessante sapere, nell’interesse
della trasparenza, se i cinque seggi del Consiglio del Fondo occupati da Stati
dell’Unione Europea (UE) intendono prendere una posizione univoca o se andranno
in ordine sparso. Oppure almeno quali sono le istruzioni che sono state inviate
al rappresentante dell’Italia.
Le proposte del Fondo sono chiare. In sintesi, si
possono riassumere in due punti: maggiore equità nelle ristrutturazioni (dal
1970 ne sono avvenute ben settanta) e l’impiego, per quanto possibile, di reprofiling (allungamento
delle scadenze mantenendo invariato valore nominale dei titoli ed interesse) ad
uno stadio iniziale, prima che il debito diventi “insostenibile” e si debba
ricorrere a ristrutturazione frettolose (e caotiche).
Secondo studi recenti di Paolo Manasse
(Università di Bologna), di Guido Tabellini (Università Bocconi) e di Mario
Baldassarri (Università di Roma), nonostante il Presidente del Consiglio
pensi che si sia ancora alla fase dell’inventario, questo stadio è già
stato superato. Nel maggio 2012, a conclusioni simili era giunto il Cnel (che
Renzi vuole sopprimere) al termine di una rassegna delle varie proposte allora
in campo: lo documenta ampiamente il sito dell’istituto. Poche mesi dopo,
l’associazione Astrid ha formulato una sintesi di proposte puntuali al Governo
Monti.
Accantonare un problema o non parlarne non vuol dire
risolvere il nodo. Se esplode la bolla del debito, mentre si pensa che sia
ancora in corso l’inventario, il trambusto sarà tale che per
diversi mesi nessuno si occuperà di Senato e di legge elettorale. Scatterà lo
SOS, si salvi chi può.
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