Vi spiego perché
Standard&Poor’s ha bocciato l’Italia (ma le tv non lo sanno)
07 - 06 - 2014Giuseppe Pennisi
La Rai ha dato ancora volta prova di essere
“governativa”, quale che sia il governo al potere. Ciò non deve sorprendere
dato che è Tv di Stato e occorre “attaccare l’asino dove vuole il padrone”.
Stupisce che anche si siano allineati pure il Tg5 e La
7 nel sostenere che il rating dato da Standard&Poor’s
all’Italia vuole dire che “il bicchiere è mezzo pieno e mezzo vuoto”, tesi
sostenuta a gran voce in interviste anche dall’ex civatiano Filippo Taddei,
ora responsabile economico del Pd. Ormai il pensiero unico domina su tutto;
aveva ragione negli Ottanta il mio amico Francis Fukuyama quando
profetizzò La Fine della Storia.
Non riconoscere che un rating BBB con
prospettive di peggioramento non sia una sonora bocciatura non solo vuol dire
non informare correttamente il pubblico ma non aiuta governo e Parlamento a
mettersi sulla strada per ottenere, alla prossima tornata, un outlook incoraggiante.
E a perseverare, quindi, negli errori.
Quali sono quelli individuati da Standard&Poor’s,
i cui responsabili non hanno alcun timore di parlare candidamente, ma in
lessico tecnico, con chi si intende di economia e finanza.
In primo luogo, il governo segue i manuali di
macroeconomia degli Anni Settanta (“rottamati” nelle università), secondo cui
un piccolo aumento del potere d’acquisto nelle tasche delle fasce deboli può
avviare la ripresa della domanda aggregata e, quindi, della produzione e
dell’occupazione. Non tiene conto degli sviluppi della teoria economica delle
informazioni degli ultimi quarant’anni e dell’economia “comportamentale” o
“neuro economia” degli ultimi venti.
In breve, teoremi, statistiche e dimostrazioni
econometriche provano che una strategia di riforme istituzionali rallenta
l’andamento economico se non accompagnata da vitamine e stimolanti. In altri
termini – a Standard&Poor’s e non solo – si sostiene (testi recenti alla
mano) che l’enfasi su crescita e stabilizzazione finanziaria (ossia riduzione
del peso del debito) avrebbe dovuto precedere l’accento sulle riforme istituzionali,
o almeno andare di pari passo.
Dato che soltanto la metà di coloro che hanno votato
per il governo alle recenti elezioni europee sono “fidelizzati” al Pd, se non
si vedranno esiti concreti in materia di riduzione della disoccupazione e di
riavvio dell’attività economica mentre si continua in dispute giuridiche che
molti non capiscono, la “luna di miele” potrebbe avere breve durata; tra breve,
ci si troverebbero in un caos peggiore del precedente.
In secondo luogo, i mercati (di cui Standard&Poor’s
è , al tempo stesso, registro ed espressione) sono sconvolti dall’ondata di
corruzione (vera o presunta) che sta emergendo da inchieste giudiziarie e
coinvolge non solo la vecchia guardia ma anche il Pd. In breve, prima di
interviste rincuoranti di Debora Serracchiani e Filippo Taddei, i
mercati chiedono fatti concreti.
In terzo luogo, le piazze finanziarie pensano che una
parte dei governanti italiani si stia letteralmente ubriacando di champagne in
seguito alla manovra varata giovedì dalla Banca centrale europea (Bce). Per
mancanza di conoscenze finanziarie di base, oppure per dare ottimismo alla
truppe (il resto del Palazzo) e al gregge (i concittadini), non riflettono
sull’evidenza che nel nostro Paese la “trappola della liquidità” è più forte
che altrove – molto più che nella “promossa” Irlanda – e che Mario Draghi
non è riuscito a fare passare l’elemento essenziale: la forward
guidance condizionata – ossia l’impegno a mantenere tassi bassi (ed a
penalizzare le banche furbastre) sino a quando il tasso di disoccupazione non
sarà disceso a tassi “normali” (ad esempio sul 7% dal 12% che imperversa
nell’eurozona).
E’ il vero “bazooka” di Janet Yellen,
presidente della Federal Reserve, meno cauta e meno diplomatica di Mario
Draghi, e soprattutto con la porta dello studio ovale della Casa Bianca sempre
a lei aperta, mentre per andare da Francoforte a Berlino sono necessarie lunghe
anticamere, anche perché Draghi non è appassionato di Wagner e Strauss e non si
incrocia quindi con Frau Angela alla Staatsoper od alla Philarmonie.
La “bocciatura” aveva l’obiettivo di essere una
salutare doccia fredda. Ma, complici i media, pare che non vada così.
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