giovedì 19 giugno 2014

Una Norma che fa discutere in scena a Palermo in MFSicilia 19 giugno



Giuseppe Pennisi
Norma di Vincenzo Bellini è una delle opere più apprezzate dal pubblico palermitano. L’elegante programma di sala, curato da Floriana Tessitore, elenca circa 45 edizioni dal 1830. Mancava dal Massimo dal 2007 quando è stato presentato un allestimento tradizionale (templi gallo-romani, foreste, roghi) di Walter Pagliaro e Roberto Verso, con la concertazione di Bruno Campanella.
Quindi, la produzione Jossi Wieler e Sergio Morabito, rispettivamente   sovrintendente e direttore artistico dell’Opera di Stoccarda, era molto attesa. Tanto più che è arrivata a Palermo dopo essere stata  vista in vari teatri perché ha  ottenuto l’Oscar della critica musicale tedesca nel 2002 ed  ha ispirato la messa in scena di Moshe Leiser e Patrice Caurier un allestimento che a sua volta ha avuto l’Oscar internazionale della lirica nel 2013. Dopo il primo atto (che dura un’ora e mezza), agli applausi per gli interpreti si sono aggiunti fischi (non solo dal loggione ma anche dalla platea e dai plachi) nei confronti di regia, scene e costumi. Al  termine, applauditi cantanti, maestro concertatore, orchestra e coro ma fischi quando è giunta sul palco Samantha Seymour, venuta a Palermo per curare lo spettacolo di Stoccarda.
Come spiegare la reazione da parte di un pubblico che negli ultimi anni ha gradito spettacoli innovativi e non certo convenzionali come quelli di Vick e Michieletto.
Nell’edizione proposta, Norma è una partigiana cristiana durante l’occupazione tedesca. La vicenda si svolge interamente in una Chiesa spoglia, diventata rifugio di una cellula della resistenza. Ha avuto due figli da Pollione (capo degli occupanti) il quale vuole tradirla con la più giovane Adalgisa. A mio avviso, l’ambientazione non inficia la drammaturgia, anzi le dona un tratto intenso e coerente: un paese occupato, la Francia come la Gallia, una protagonista femminile che cerca di affermare le ragioni della pace, ma fallisce. Probabilmente, sarebbe stato utile illustrare che lo spettacolo si inserisce nella ricorrenza dell’inizio della Grande Guerra, a cui è dedicato l’intero festival di Ravenna ed il festival estivo di Salisburgo dedica due prime mondiale di lavori su ‘donne contro ‘ e  conflitti (una delle due riguarda la seconda non la prima guerra mondiale). In questo senso, pur presentando uno spettacolo concepito una dozzina di anni fa, il Massimo è all’avanguardia, rispetto non solo a Salisburgo ma anche alla Scala (il cui programma è stato presentato il 17 giugno e che ha calendarizzato per metà gennaio Die Soldaten di Zimmermann, opera pacifista su donne e guerra).

Norma è la quintessenza del ‘bel canto’, al suo culmine nei due duetti tra la protagonista ed Adalgisa . Csilla Boross (che molti ricorderanno nel Nabucco diretto da Muti) ha un’estensione vastissima ed repertorio molto ampio; ha debuttato, a Palermo  nel ruolo, dopo avere cantato, per anni, Verdi, Wagner e Puccini. Offre , quindi, una Norma drammatica di agilità con un volume generoso. Accanto a lei, l’Adalgisa di Annalisa Stroppa appare ancora più innocente. Aquiles Machado (Pollione) utilizza il registro di centro più di quanto dovrebbe. Marco Spotti (Oroverso) è un serio professionista. Sul podio dell’Orchestra del Massimo Will Humburg, uso più a Wagner ed a Beethoven che a Bellini dove la buca dovrebbe limitarsi a supportare le voci. Quindi, propone una lettura piena di chiaroscuri orchestrali, molto distante dalla prassi.

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