Vi prego, abbattete il debito pubblico altrimenti l’Italia andrà a picco
12 - 06 - 2014Giuseppe Pennisi
Considerazioni su un rapporto del centro studi Economia Reale
e su un paper del Fondo monetario internazionale...
Come ogni anno, l’inizio della calura estiva è accompagnata dalla
presentazione del rapporto della piccola ma dinamica Associazione
Economia Reale, guidata da Mario Baldassarri. I greci
dicevano che all’equinozio d’estate, le costellazioni si vedono meglio e
consentono di delineare meglio il futuro. Indubbiamente, l’11 giugno
all’Istituto Sturzo di Roma i presenti alle diverse tavole rotonde (succedutosi
dalle 9,30 alle 18) hanno resistito nonostante l’ondata di caldo ed un sistema
di aria condizionata un po’ traballante, a ragione degli stimoli del documento
(consultabile al sito www.economiareale.it). Stimoli che nel pomeriggio
giungevano in parallelo con le notizie delle difficoltà della maggioranza in
Parlamento (e del folto numero di “franchi tiratori” che votavano contro
l’indirizzo di governo).Qual è il succo del rapporto? Il documento quantizza, utilizzando la strumentazione di Oxford Econometrics, le linee di politica economica enunciate dal presidente del Consiglio e dai suoi consiglieri (mentre il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha preferito essere meno loquace ed apparire in dibattito od in televisione unicamente quando richiesto dal protocollo o da prassi ormai codificate).
Il succo del lavoro è che se si segue il percorso tracciato dall’esecutivo l’Italia resta “in fondo”, ossia in bilico tra stagnazione e pulsioni recessive, per altri sette anni, ossia sino al 2022-2023; un “quindicennio perduto” con una perdita permanente di struttura produttiva (prevalente nel manifatturiero) e capitale umano (due generazioni di “senza lavoro”) . E’ doveroso ammettere che il percorso si basa su quanto si può dedurre da dichiarazioni e documenti non sempre chiarissimi del governo (e come notato a suo tempo su Formiche.net) con qualche contraddizione tra le dichiarazioni in video.
Occorre anche sottolineare che Economia Reale ha effettuato uno sforzo per dare coerenza al tutto, come necessario per una prova econometrica, ma qualche aspetto può essere sfuggito; peraltro, i rappresentanti del governo non hanno messo in questione né il lavoro tecnico di Economia Reale né le sue (preoccupate e preoccupanti) conclusioni. Esse, peraltro, sono rafforzate dal Working Paper n.14/75 del Fondo monetario internazionale (pubblicato dopo la finalizzazione del rapporto) in cui Brenda Gonzales Hermosillo e Christiana Johnson (due economisti distinte e distanti e dai nostri lidi e dalle nostre beghe) giudicano l’Italia più “contagiosa” della stessa Grecia (sul resto del sistema finanziario dell’eurozona) a ragione di un’economia instabile e con forti tendenze recessive. Quindi, il Fmi avvalora, indirettamente, l’analisi di Economia Reale.
Il documento di Economia Reale propone una strategia alternativa: da qui al 2018 (il Governo resta “di legislatura”) un drastico taglio a acquisti di beni e servizi, ai trasferimenti alle imprese ed alle famiglie, alle imposte sulle persone fisiche e giuridiche con l’obiettivo di riportare il tasso di disoccupazione al 7% della forza lavoro entro il termine naturale del mandato di Camera e Senato. La strategia alternativa riporrebbe l’Italia ad un tasso di crescita quasi al 2%, da considerare “naturale” per un’economia matura, caratterizzata da forte invecchiamento della popolazione e struttura produttiva da ricostituire.
Non è questa la sede tecnica per esaminare i dettagli della proposta alternativa. E’ singolare, però, che non lo abbiano fatto i rappresentanti del governo intervenuti al seminario. Ancora più singolare che i politici non abbiano colto il punto centrale, pienamente afferrato dagli economisti intervenuti in una tavola rotonda la mattina. L’intera strategia si regge su una strategia aggressiva per l’abbattimento del debito pubblico e pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione alle imprese: a) un fondo immobiliare Italia con trasferimento immobili pubblici ope legis; b) emissioni di obbligazioni convertibili da collocare sul mercato; c) pronta erogazioni dei debiti commerciali pregressi.
Proposte analoghe sono venute da più parti: dallo stesso Cnel, dalla Fondazione Astrid, dall’Associazione “L’Italia C’è” e da un vasto gruppo di studiosi privati. Il silenzio non è né d’oro né d’argento. Ma di piombo.
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