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Art bonus
Un commento al decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 del 2014
di Giuseppe Pennisi
Il decreto legge prevede principalmente incentivi tributari per le elargizioni liberali privati per la cultura, chiamati ‘Artbonus’, L’ Artbonus è modellato sull’Ecobonus, in vigore da anni per impianti ed altre attività ad alto contenuto ecologico. È solo in parte una novità: da anni esistono sgravi tributari (una detrazione del 19%) per individui ed aziende che vogliano fare elargizioni liberali a varie attività con finalità socio-assistenziale o culturali, elencate in decreti applicati. Nel 2009 una Commissione ministeriale propose di portare la detrazione al 30% (media allora degli Stati più avanzati dell’Unione Europea- in effetti UE a 15). Non se fece nulla a ragione dell’opposizione del Dipartimento delle Politiche Fiscali del Ministero dell’Economia e delle Finanze poiché avrebbe comportato una perdita di gettito ritenuta eccessiva. Si tentò di coniugare la detrazione con un ‘plafond’ annuo stabilito del Parlamento (su proposta del Governo). Il nodo fu come applicare il ‘plafond’ dato che il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali ha smantellato nel 2005 la propria unità di valutazione. La procedura più ‘efficiente’ parve essere quella allora in atto per le energie alternative: ordine di presentazione della domanda previa una valutazione più amministrativa che tecnica della richiesta. Comunque non se ne fece nulla. Occorre ricordare che le prime proposte di incentivi tributari alle attività culturali risalgono al 1985-86; allora si puntava a deduzioni dal reddito imponibile non di detrazioni d’imposta. Vi lavorai con il Prof. Franco Gallo ed il Sen. Luigi Covatta.
La strada adesso scelta sarebbe un credito d’imposta del 65% in tre anni, analogo, per molti aspetti, al tax credit Bondi (dal nome del Ministro che lo ha
ASTRID RASSEGNA - N.11/2014
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introdotto) per il cinema. Lo conferma, indirettamente, il raffronto con la Francia fatto dal Ministro Franceschini in conferenza stampa; in Francia sono in vigore deduzioni sino al 60% (in certi casi) che si applicano sul reddito imponibile non sull’ammontare dell’imposta da pagare. Se questo è il caso, la detrazione fiscale equivalente sarebbe attorno al 20-22% – più o meno in linea con quanto già in vigore. Ciò spiega perché le vestali dell’erario non si innervosiscono. Sarebbe opportuno chiedere un’analisi quantitativa – ossia un raffronto tra nuovo e vecchio sistema- alla Ragioneria Generale dello Stato.
La misura porterà ad un aumento delle elargizioni liberali per l’arte dal vivo e per la musica? L’unico studio in materia (a me noto) è quello pubblicato dall’Associazione Civita nel 2010 e fatto in collaborazione con il Dipartimento di Economia dell’Università di Roma La Sapienza: realizzato su un vasto campione di individui e di aziende (principalmente nel centro-nord) arrivava alla conclusione che gli italiani preferiscono di gran lunga elargizioni liberali a fini sociali (asili nido, residenze assistite per anziani, ricerca medica, formazione di inferiori, borse di studio a studenti bisognosi ma meritevoli) che quelle alla cultura. Tra queste ultime, i siti archeologici ed i musei erano preferiti alle arti dal vivo.
Art bonus
Un commento al decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 del 2014
di Giuseppe Pennisi
Il decreto legge prevede principalmente incentivi tributari per le elargizioni liberali privati per la cultura, chiamati ‘Artbonus’, L’ Artbonus è modellato sull’Ecobonus, in vigore da anni per impianti ed altre attività ad alto contenuto ecologico. È solo in parte una novità: da anni esistono sgravi tributari (una detrazione del 19%) per individui ed aziende che vogliano fare elargizioni liberali a varie attività con finalità socio-assistenziale o culturali, elencate in decreti applicati. Nel 2009 una Commissione ministeriale propose di portare la detrazione al 30% (media allora degli Stati più avanzati dell’Unione Europea- in effetti UE a 15). Non se fece nulla a ragione dell’opposizione del Dipartimento delle Politiche Fiscali del Ministero dell’Economia e delle Finanze poiché avrebbe comportato una perdita di gettito ritenuta eccessiva. Si tentò di coniugare la detrazione con un ‘plafond’ annuo stabilito del Parlamento (su proposta del Governo). Il nodo fu come applicare il ‘plafond’ dato che il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali ha smantellato nel 2005 la propria unità di valutazione. La procedura più ‘efficiente’ parve essere quella allora in atto per le energie alternative: ordine di presentazione della domanda previa una valutazione più amministrativa che tecnica della richiesta. Comunque non se ne fece nulla. Occorre ricordare che le prime proposte di incentivi tributari alle attività culturali risalgono al 1985-86; allora si puntava a deduzioni dal reddito imponibile non di detrazioni d’imposta. Vi lavorai con il Prof. Franco Gallo ed il Sen. Luigi Covatta.
La strada adesso scelta sarebbe un credito d’imposta del 65% in tre anni, analogo, per molti aspetti, al tax credit Bondi (dal nome del Ministro che lo ha
ASTRID RASSEGNA - N.11/2014
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introdotto) per il cinema. Lo conferma, indirettamente, il raffronto con la Francia fatto dal Ministro Franceschini in conferenza stampa; in Francia sono in vigore deduzioni sino al 60% (in certi casi) che si applicano sul reddito imponibile non sull’ammontare dell’imposta da pagare. Se questo è il caso, la detrazione fiscale equivalente sarebbe attorno al 20-22% – più o meno in linea con quanto già in vigore. Ciò spiega perché le vestali dell’erario non si innervosiscono. Sarebbe opportuno chiedere un’analisi quantitativa – ossia un raffronto tra nuovo e vecchio sistema- alla Ragioneria Generale dello Stato.
La misura porterà ad un aumento delle elargizioni liberali per l’arte dal vivo e per la musica? L’unico studio in materia (a me noto) è quello pubblicato dall’Associazione Civita nel 2010 e fatto in collaborazione con il Dipartimento di Economia dell’Università di Roma La Sapienza: realizzato su un vasto campione di individui e di aziende (principalmente nel centro-nord) arrivava alla conclusione che gli italiani preferiscono di gran lunga elargizioni liberali a fini sociali (asili nido, residenze assistite per anziani, ricerca medica, formazione di inferiori, borse di studio a studenti bisognosi ma meritevoli) che quelle alla cultura. Tra queste ultime, i siti archeologici ed i musei erano preferiti alle arti dal vivo.
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