Nuove regie (e drammaturgie) per nuove generazioni
Lo scrivono anche in India: se vogliamo portare nuove generazioni al teatro
classico (nel caso specifico si tratta di rappresentazioni dove prevale la
danza), occorre aggiornare drammaturgie e regie. Lo documenta a tutto tondo il
professor Damodaran dell’Indian Institute of Management in “The Locus of
Creativity in Classical Performing Arts: Economics and Intellectual Property in
Theatre Management”, articolo che si può scaricare gratis et amori Dei.
Scritto da
Giuseppe Pennisi | domenica,
22 dicembre 2013 ·
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La Traviata a Milano nel 2013 – photo Graziella Vigo
Vale la pena di rifletterci dopo le proteste per una regia innovativa della
Traviata
all’inaugurazione della stagione della Scala. Dopo tre ore di ascolto intenso,
con anche applausi a scena aperta, si sono scatenati fischi dal loggione contro
il regista e scenografo,
Dmitri Tcherniakov, e la costumista
Yelena
Zaytseva, nonché contro il direttore d’orchestra
Daniele Gatti. C’è
stata una convergenza tra due opposte tifoserie: da un canto chi si attendeva
da Tcherniakov e dalla sua squadra un lavoro trasgressivo e politico, dall’altro
chi voleva qualcosa di elegante e sfarzoso, simile allo spettacolo firmato da
Liliana Cavani (con scene di Dante Ferretti) visto alla Scala dal 1990 al 2008.
In aggiunta, hanno pesato intrighi interni al teatro: la fazione dell’orchestra
che non voleva Gatti come direttore musicale (alcuni giorni dopo il CdA ha
nominato Riccardo Chailly) ha dotato di fischietti un gruppo di loggionisti.
L’allestimento di Tcherniakov presenta
La Traviata come una commovente,
struggente storia d’amore tra due giovani in un ambiente borghese di qualsiasi
Paese europeo ai giorni nostri. Un amore nato sotto maligna stella, pieno di
fisicità ma in cui domina il sentimento e gli accenni all’eros sono molto
sfumati. Una lettura che sarebbe piaciuta a Verdi. Lo spettacolo, che ha avuto
un grande successo alla rappresentazione per i giovani, proprio perché scava
nell’amore tra giovani. L’emotività delle tifoserie probabilmente si calmerà.
Reazioni molto più forti ebbe la produzione di Peter Mussbach quando, nel
luglio 2003, debuttò a Aix-en-Provence: da allora solo alla Staatsoper di
Berlino si replica almeno dieci sere l’anno. E
La Traviata davvero
trasgressiva firmata da Irina Brook con cui nel 2005 venne inaugurata la
stagione del Comunale di Bologna e che all’epoca scandalizzò alcuni
“benpensanti” è ancora in giro nei palcoscenici di mezza Europa.
Ernani a Roma, 2013
Una scelta opposta è stata fatta dal Teatro dell’Opera di Roma, il cui
verdiano
Ernani coprodotto con Sydney e San Paolo del Brasile viene
presentato come una baldanzosa sfida di un giovane contro adulti e anziani, ma
come una serie di
tableaux vivants di
Hugo de Ana, che sono
piaciuti al pubblico romano ma non colgono il nucleo centrale di un dramma
essenzialmente intimista. Regia ipertradizionale, pochi giovani in sala.
A fine novembre, a Berlino, due nuovi allestimenti di opere frequentemente in
repertorio:
Così Fan Tutte di Mozart alla Komische
e
Falstaff di
Verdi alla Deutsche Oper.
Così fan tutte si svolge ai giorni nostri
nello studio di un pittore, in un loft. La regia di
Alvis Hermanis, le
scene di
Uta Gruber-Ballehr e i costumi di
Eva Dessecker
rifuggono da scene di sesso (consuete alla Komische). Don Alfonso, interpretato
da Tom Erik Lie, è il titolare quarantenne di un laboratorio di restauro di
quadri francesi del Settecento (quelli sì stracolmi di eros). Il cast è
composto da giovani tutti attraenti e bravi attori. Le due coppie hanno l’età
ideale per un gioco di amore e inganni a sfondo sia sentimentale sia sessuale.
Nello studio si parla tedesco (il testo è in traduzione ritmica) ma si torna al
libretto originale di Da Ponte (in italiano) quando le due coppie si travestono
nelle guise settecentesche delle tele che stanno restaurando.
Il Falstaff alla Deutsche Oper di Berlino – photo Hans
Jorg Michel
La nuova produzione di
Falstaff ha la regia di
Christoff
Loy (le scene sono di
Johannes Lelacker), i costumi di
Ursula
Renzebink e la direzione musicale di
Donald Runnicles.
Loy prende a prestito un aspetto dell’allestimento
presentato l’estate scorsa da Damiano
Michieletto a Salisburgo:
l’opera si svolge oggi nella casa di riposo per musicisti anziani creata da
Verdi a Milano. Mentre però in Michieletto il gioco era poco convincente (come
far sprizzare eros a Fenton e Nannetta se sono due vecchietti?),
Loy
ha un’idea geniale: man mano che interpretano l’opera, gli anziani della
casa di riposo ringiovaniscono (o credono di ringiovanire). Inoltre, sin dalle
prime battute Nannetta è un’avvenente infermiera e Fenton un aitante
portantino: un vero omaggio alla sempiterna giovinezza della musica.
Loy
pone l’accento su una caratteristica poco notata del
Falstaff: è
un’opera molto sensuale. Il tratto saliente è la vitalità, l’ingordigia della
vita, lo stesso appetito che si ha per il buon cibo o per le buone bevande. Un
appetito che, grazie alla musica, resta invariato quale che sia l’età.
Giuseppe Pennisi
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