La prima volta
della “Traviata” a Sant’Ambrogio
Sabato 7 dicembre, Sant’Ambrogio, la stagione
2013-2014 del Teatro alla Scala viene inaugurata con Traviata di Giuseppe
Verdi. E’ una serata molto speciale per varie ragioni: i biglietti dei
posti di platea e dei palchi centrali hanno un prezzo di 2400 euro cadauno (in
parte deducibile dalla imposte perché il ricavato verrà versato in
beneficienza); il Comune di Milano ha deciso di porre in vendita i biglietti
che gli spettano in quanto socio fondatore; i giornalisti ed i critici non sono
stati ammessi alla serata per i giovani del 4 dicembre e pochissimi sono quelli
accreditati per il 7 dicembre. Molti vedranno ed ascolteranno l’opera delle
repliche successive. Al tempo però lo spettacolo potrà essere seguito in circa
1500 sale in tutto il mondo specialmente attrezzate per l’alta definizione
visiva e sonora, nonché sui RAI5.
C’è molto attesa perché è la prima volta che Traviata
viene scelta per inaugurare una stagione scaligera. La ragione è che un’opera
solo all’apparenza “facile”, “accattivante” ed “orecchiabile”, in effetti ci
vorrebbero almeno due soprani con differente vocalità (uno lirico di coloratura
nella prima parte ed uno drammatico nella seconda; lo spartiacque è l’arioso
Amami Alfredo al secondo atto), il tenore ha una cabaletta difficilissima sui
suoi ‘bollenti spiriti’ al secondo atto. Anche la concertazione non è affatto
facile a ragione e delle varie tinte che assume l’orchestra e dell’esigenza di
un delicato equilibrio tra palcoscenico e buca.
La Scala si affida alla bacchetta di Daniele Gatti
ed ad un cast vocale di livello: Diana Damrau, Mara Zampieri, Piotr
Beczala, Željko Lučić nei ruoli principali A 43 anni, con vent’anni di
palcoscenico sulle spalle Diana Damrau è una delle rare soprano che può
affrontare i trabocchetti del ruolo. Si pensi che al National Theater di Monaco
sostiene i quattro ruoli femminili (quattro vocalità differenti) in Les
Contes de Hoffmann’ di Hoffenbach . Piotr Beczala canto la
parte con successo da vari anni anche al Metropolitan. Si pensi che la nostra
Mara Zampieri , un soprano drammatico che con gli anni , è passata a ruoli di
mezzo soprano ha il piccolo ruolo di Annina , dopo era stata protagonista di
molte opere verdiane.
Altro aspetto critico è l’ambientazione: Verdi
compose l’opera pensando che dovesse essere ambientata in tempi contemporanei
ma per ragioni di censura l’azione venne spostata al Settecento.Si sono viste
di recente diverse ambientazioni contemporanee: a Aix en Florence ed a Berlino
nella Parigi dove morì Lady Diana (i cui abiti erano vestiti da
Violetta), a Bologna (e vari teatri francesi) in una sauna, a Stoccolma ed a
Copenhagen in un “gentlemen´s club” di lusso dove si fornica e si
sniffa.
Violetta si prostituisce (la sua amica Flora è la
tenutaria), Alfredo è il cliente di campagna che si innamora di lei. Nella
seconda scena, non siamo in campagna ma in un albergo (stanza 709)
ipertecnologico in cui troneggia un immenso letto disfatto. La terza scena è
una vera e propria orgia con simulazioni esplicite di una vasta gamma di
posizioni erotiche. Violetta non muore nella propria casa ma per strada (tra
gioielleria ed un negozio di pelletteria di lusso) dove si è ormai ridotta;
Alfredo, alla sua morte per overdose (oltre che per tisi) si allontana
scappando per non essere trovato sul luogo. A Milano la regia delle scene sono
affidati Dmitri Tcherniakov, i costumi a Elena Zaytseva, le luci
a Gleb Filschtinsky, una squadra innovativa di cui ho già visto varie
messe in scena a Milano, a Salisburgo, a Berlino ed a Monaco. Non mancheranno
sorprese, anche per questa ragione le foto verranno distribuite dopo lo
spettacolo.
Per Tcherniakov la chiave della Traviata
è come percepiamo oggi l’amore.’”Possiamo ammirarlo con venerazione, come
con un bel quadro romantico, così come possiamo godere della stessa Traviata,ma
nella nostra vita reale ci capita di avere problemi con l’Amore. L’uomo moderno
spesso ha paura dell’amore. Per molti è una debolezza, una sconfitta. Temiamo
di credere a questo sentimento, di fidarci di un’altra persona, di concederle
tutto di noi stessi. Per noi è più comodo non credere nell’amore, perché
l’amore è anche paura. Paura della dipendenza, di nuove offese, di nuovo
dolore. Paura del rifiuto. È più comodo restare protetti, è più comodo giocare.
Tutto è gioco, tutto è manipolazione. Se giochi, sei protetto. Non sappiamo
cosa fare dell’amore, quando arriva all’improvviso. Entra nella nostra vita
come una calamità, come una forza distruttrice. E non sappiamo come vivere
questo sentimento, non capiamo, non ci crediamo, non riusciamo a gestirlo. Non
sappiamo come manifestarlo, come trattarlo. Cominciamo a fare cose sbagliate,
che non aiutano a costruire,ma tendono a distruggere. Così, essere felici non è
possibile”. Precisa: “Nel nostro spettacolo cerchiamo di analizzare da
vicino un frammento della vita dei personaggi e di capire che cosa sta
succedendo ai loro sentimenti. Perché è proprio questo il problema a cui noi
oggi siamo più interessati“.
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