IL CASO/ Il lago dei cigni, o
quello dei debiti: ecco il problema del Teatro dell'Opera di Roma
Pubblicazione:
martedì 31 dicembre 2013
Il balletto del teatro dell'Opera di Roma
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NEWS ROMA
Al Teatro
dell’Opera di Roma è in scena sino al 16 gennaio Il Lago dei Cigni. Come
vedremo in seguito non è il consueto spettacolo per le feste sia perché si
tratta di un nuovo allestimento sia perché qualche sera l’orchestra è
sostituita da un nastro registrato a ragione dello stato d’agitazione– l’unico
teatro, pare, che non rispetta la regola secondo cui uno sciopero deve essere
annunciato on 24 ore di anticipo e non può avere luogo nel periodo delle
Festività. Sfidano il rischio di maximulte.
Quali le
cause dell’agitazione dopo quattro anni di calma nella fondazione lirica
romana? Il Consiglio d’Amministrazione (CdA) nominato quattro anni
fa è scaduto, dopo avere presentato per tre esercizi finanziari bilanci in
pareggio (od in leggero attivo). E’ stato rinnovato. Sino a qui tutto normale.
O quasi. La Corte dei Conti, però, ha scoperto un ‘buco’ di 23 milioni a cui
aggiungerne 7,5 nel preconsuntivo 2013. In breve, dopo il Maggio Musicale
Fiorentino (circa 40 milioni di debiti), il Teatro dell’Opera di Roma è la
fondazione lirica più inguagliata d’Italia (nonostante l’aumento di capitale –
tramite la cessione del Teatro Nazionale – effettuato dalla precedente
Amministrazione Comunale). Quindi i Cigni sono in un Lago di Debiti.
Dato che ho
fatto parte per un quinquennio del Consiglio Nazionale dei Beni Culturali ed
intrattengo ottimi rapporti con la dirigenza del dicastero, già all’inizio
della scorsa primavera (prima dell’insediamento del Governo Letta e le elezioni
del nuovo Sindaco) mi era giunta voce di serie difficoltà finanziarie della
fondazione. L'ho fatte presente, ma sono stato smentito e rassicurato. Alla
conferenza stampa per la presentazione della stagione 2013-2014 (a cui il
Sindaco di Roma non ha preso parte) è stato annunciato un quarto esercizio in
pareggio per il consuntivo 2013. Difficile comprendere come tra tanti pareggi
presentati ed annunciati, si sia finiti in una situazione del genere. Non
spetta ad un ‘chroniqueur’ che frequenta assiduamente dall’età di 12 anni
(quindi da circa sessant’anni), condurre indagini in materia. Tanto più che le
stanno già facendo gli organi preposti e pare siano imminenti ‘azioni di
responsabilità’ nei confronti del precedente CdA. Andiamo brevemente al Lago
dei Cigni prima di vedere quali sono le prospettive per il Teatro
L’edizione
proposta, con la coreografia e le scene di Maurice Bart ,basato, solo in parte,
sul lavoro Marius Petipa e Lev Ivanov è un nuovo allestimento che sostituisce
quello che si è replicato quasi ogni anno dal 2003 al 2011. Di norma si pensa
che ‘Il Lago dei Cigni’ è uno spettacolo per bambini. Invece, pur basato
su un’antica fiaba russa, la partitura Petr Ilic Ciajkovskij è ambigua,
sensuale e morboso. Il balletto composto quando l’autore, consapevole della
propria omosessualità (e di quella di suo fratello), per celarla si sposò. Un
matrimonio breve che terminò con il ricovero in manicomio della moglie e
innescò la serie di eventi che portarono al suo suicidio (più o meno
volontario) nel 1893, proprio mentre “Il Lago dei Cigni” stava gustando
il successo meritato. Alcuni elementi di questo dramma si colgono
nell’interazione tra il protagonista, il principe Siegfried, ed il suo miglior
amico Benno, nonché nella Regina protettiva che fa di tutto per spingere il
figlio al matrimonio ma resta desolatamente sola nell’ultimo quadro. In questo
allestimento, invece, siamo in un mondo dal cielo grigio: con un abile gioco di
luci e di scene dipinte il Palazzo si trasforma in riva (ed anche fondo) del
lago. Il marrone domina l’impianto scenico, un marrone limaccioso che indica
eloquentemente i contrasti interiori del compositore.
Molto bravi
i quattro protagonisti: Anna Tsyganova, Mikhail Kaniskin, Gaia Straccamore,
Manuel Parruccini. Efficaci i numerosissimi ruoli minori e il corpo di ballo.
Lo spettacolo piace. Impeccabile la bacchetta di Andriy Yurkevich. La sua
bacchetta pare impeccabile, tranne qualche tono bandistico all’inizio della
seconda parte e diligente. Ha, però, fatto emergere bene la triade “Si
bemolle-Re-Fa”, associata alle forze del male, e la triade “Si-Fa diesis-Do
diesis”, associata, invece, al tema della morte e resurrezione, dando loro
il macero e morboso che meglio avrebbe rispecchiato il dramma di una partitura
che rispecchia una tragedia interiore.
L’edizione
del Lago dei Cigni nel Lago dei Debiti, induce ad
alcune considerazioni per il lungo periodo.
In primo
luogo, il corpo di ballo e le étoiles del Teatro dell’Opera
hanno un costo di 10 milioni l’anno (sui circa 50 totali). Attualmente,
presentano tre ‘grandi’ balletti l’anno (due nella stagione invernale ed uno in
estate alle Terme di Caracalla) ed una serie di piccoli spettacoli. Dato che
una domanda per questo tipo di spettacolo dal vivo c’è (come mostrato dal
pullulare di compagnie private, ospitate a Roma in tre teatri), e dato che le
fondazioni liriche di Napoli, Palermo, Firenze sono rimaste con tronconi di
corpo di ballo (ed altre non ne hanno punto), non è caso di pensare ad un
Balletto Nazionale , scorporato dal Teatro dell’Opera ma che operi oltre che a
Roma in tutta Italia (come il Royal Ballet britannico e l’American Ballet
americano) servendo altri teatri?
In secondo
luogo, tenendo presente i disagi fisici dell’attuale sede principale, e non
potendosi certo pensare alla costruzione di uno nuovo, non si dovrebbe pensare,
per aumentare la produttività, di aumentare le produzioni di repertorio con
scene dipinte o proiettate (non costruite) come fanno gran parte dei teatri
tedeschi, francesi ed americani?
In terzo
luogo, dati i costi delle nuove produzioni – ci si accinge a presentare per
soltanto sei sere un nuovo allestimento di Manon Lescaut che,
a quel che si sa, non andrà in altri teatri- perché non adottare la prassi, ad
esempio del Metropolitan di New York, che nuovi allestimenti possono essere concepiti
unicamente se almeno altri tre teatri ne dividono le spese?
In quarto
luogo, in quante opere è necessario un coro di 85 cantanti (ed uno di voci
bianche) ed un’orchestra di oltre 90 elementi? Sono organici che non hanno i
due maggiori teatri di Berlino (che offrono ciascuno almeno cinque recite la
settimana, non sei-dieci al mese). Non si tratta di licenziare nessuno, ma di
tenere la barra ferma sul blocco al turnover per alcuni anni sino a giungere a
dimensioni più ragionevoli.
In quinto
luogo, perché non aprire il Teatro alla commedia musicale e se del caso pure ai
concerti pop e rock per farlo conoscere alle nuove generazioni? Perché non
attuare, come il Regio di Torino ed altri teatri, una last minute
policy ? Meglio vendere biglietti a 15 euro ciascuno che vedere file
vuote.
Queste non
sono che poche idee. Molte altre ce ne vorranno per giungere a risultati
adeguati.
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