venerdì 2 gennaio 2009

STOP ALLA CORRUZIONE CON IL NOBEL DEGLI APPALTI, Libero del 2 gennaio

Il 2008 economico termina non soltanto con un’ondata di cattive notizie sul bere e medio termine (i 20 istituti econometrici, tutti privati, nessuno italiano che fanno parte del gruppo del “consensus” prevedono burrasca per il 2009 e gran parte del 2010) ma anche con una valanga di cronache giudiziarie su atti di vera o presunta corruzione relative ad esponenti del Partito Democratico (e pare anche dell’Italia dei Lavori) principalmente a livello locale. La corruzione – si potrebbe dire – è la malattia più antica e più diffusa del mondo, così come la prostituzione è la professione più antica e più diffusa nel mondo. Ne “Il bell’Antonio”, Vitaliano Brancati racconta come nella Sicilia orientale non ci fosse malaffare organizzato e come il quartiere San Berillo (nel centro storico di Catania) fosse l’area della città in pratica riservata alla prostituzione. Il malaffare diventò endemico quando il quartiere San Berillo fu raso al suolo (con il pretesto di debellare la prostituzione) e sostituito con mini-grattacieli e violoni ispirati alla visione che si aveva, nella città etnea degli anni 60, di New York. La corruzione, infatti, è spesso collegata a spese per opere pubbliche - grandi e piccole. Corrotti e corruttori gongolano in una fase come l’attuale in cui un po’ dappertutto la spesa in conto capitale per infrastrutture è ampliata a fini anti-ciclici.
Si può debellare la corruzione? Con buona pace di anime pie e di virtuosi pubblici ministeri è obiettivo troppo alto da pensare di potere centrare. Ancora meno se si pensa di farlo aumentando controlli amministrativi. Eloquente un’analisi recente di Rajeev K. Goel ( dell’Illinois State Unicersity – le cronache obaniane ci dicono che si tratta di Stato dove se ha notevole esperienza): nel BOFIT Discussion Paper n. 10/2008 , utilizzando dati di una cinquantina di Paese, documenta che le procedure regolatorie tendono a fare aumentare la corruzione non a diminuirla. Attenzione, quindi, a chi propone nuove autorità anti-corruzione o baracconi consimili.
C’è, tuttavia, un modo per contenere il malaffare. Lo ho utilizzato per circa quattro lustri quando funzionario, prima, e dirigente, poi, della Banca Mondiale avevo anche il compito di vigilare su appalti in Paesi dell’Estremo Oriente e dell’Africa – non tutti modello di serietà ed integrità. Imponevo che si utilizzasse quello che chiamavo “il Nobel degli appalti” , in quanto fruttò l’onorificenza a chi lo ha inventato, William Spencer Vickrey, un economista canadese che ha insegnato per anni alla Columbia University di New York. Nel 1961 il “Journal of Finance” pubblicò un suo articolo fondamentale, "Counterspeculation, auctions and competitive sealed tenders" ("Controspeculazione, aste e offerte competitive in busta chiusa"): era il primo tentativo da parte di un economista di utilizzare gli strumenti propri della teoria dei giochi per meglio capire ed organizzare le gare. Nell'articolo, più avanzato di almeno venti anni rispetto al dibattito dell'epoca, non solo Vickrey derivava vari equilibri nello svolgimento delle aste, ma forniva un teorema oggi al centro della teoria delle aste. L'”asta alla Vickrey”, che dai lui prende il nome, è ancora poco applicata in Italia (pare ignorata da alti dirigenti della Consip dove i suoi saggi dovrebbero, invece, essere studiati con la cura che i buoni parroci hanno per il breviario). Ciò nonostante, proprio nel nostro Paese ci si è ispirati a suoi lavori in materia di “congestion pricing” per l’Ecopass di Milano. Il congestion pricing si basa sull’idea che servizi come le strade ed altri dovrebbero essere venduti ad un prezzo tale che gli utenti abbiano contezza dei costi che, a loro volta, aumentano per via dell'utilizzo pieno del servizio. In tal modo, si dà un duplice segnale: uno agli utenti, volto a modificarne i comportamenti, e uno agli investitori, volto a far sì che questi espandano il servizio. Inoltre, di recente, la bella rivista “Amministrazione Civile” del Ministero dell’Interno mi ha chiesto un intervento su questi temi – segno importante del crescente interesse per le “aste alla Vickrey”, anche se poco si muove in grandi stazioni appaltanti della pubblica amministrazione centrale, periferica e locale.
Cosa è “un’asta alla Vickrey”? Se la stazione appaltante ha come obiettivo principale l’efficienza (come dovrebbe essere sempre quando si tratta di opere pubbliche pagate da Pantalone), il teorema analitico e le dimostrazioni empiriche di Vickrey dimostrano che il meccanismo per garantirne il raggiungimento ed ottenere, al tempo stesso, la massima trasparenza è quello della “second-price sealed auction”, in cui tutti le offerte vengono comunicate contemporaneamente in busta sigillata. Vince l’offerente con la massima offerta, in cambio, però, del pagamento del secondo prezzo più alto. L’efficienza è garantita, perché il bene è affidato al compratore che ne dà la massima valutazione. In aggiunta, chi presenta offerte non ha incentivo a fare il bracconiere dichiarando il falso. Si evitano bracconieri e corsari, in cerca di prede da acquistare (possibilmente a basso costo), spezzettare e rivendere a pezzi e bocconi. I dettagli vengono illustrati tra l’altro nel volume curato da Nicola Dimitri, Gustavo Piga Giancarlo Spagnolo “Handbook of Procurement Fostering Participation in Competitive Procurement” pubblicato poco più di un anno fa dalla Cambridge University Press. Un libro di grande spessore internazionale ( anche se i suoi autori sono tutti italiani) e già riconosciuto tale nelle recensioni apparse sulle maggiori riviste scientifiche mondiali.

Naturalmente un’”asta alla Vickrey” richiede un capitolato acconcio e molto dettagliato tale da incoraggiare imprese serie, dotate della necessaria capacità finanziaria ed industriale. Vickrey in persona amava sottolinearlo nelle serate al caminetto nel suo villino a Hastings-on-Hudson nei pressi di New York.

Naturalmente, non si deve pensare che le “aste alla Vickrey” siano un toccasana: rendono più difficile la collusione ed il malaffare, ma non esiste strumento che lo rende impossibile. Raggiungono, comunque, l’obiettivo di incentivare efficienza e trasparenza. E’ stata di recente adottata un’”asta alla Vickrey” nel piccolo condominio (nove appartamenti di modeste dimensioni) dove abito al centro di Roma, per affidare lavori strutturali ad un’immobile più che centenario ed edificato dove c’era una palude. Quando nel gennaio 2007, ho letto il bando di gara per l’Alitalia , ho proposto , più volte, che si procedesse con un’”asta alla Vickrey” non con il “beauty contest” allestito da Prodi, Padoa-Schioppa e compagnia cantante. Avremmo forse risolto, da mesi, il tormentone dell’ex-compagnia di bandiera.

Cosa fare? Un vasto programma di sensibilizzazione e di formazione per amministrazioni-stazioni appaltanti. Lo vedremo nel 2009? Chi lo sa……..In ogni caso, è meglio non nutrire illusioni. Buon Anno.

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