. Il “Regio” ha inaugurato la stagione invernale 2009 con “I Lombardi alla Prima Crociata” di Verdi nell’ambito di un programma per presentare tutte le opere del compositore entro il 2013 (secondo centenario dalla nascita) quando dovrebbe uscirne un integrale dei lavori verdiani in Dvd.
E’un allestimento marcatamente differente da quello visto circa quattro anni fa a Firenze dove Paul Curan trasferiva l’azione ai giorni nostri - la piazza di Sant’Ambrogio era “Ground Zero”, i crociati vestivano in tute mimetiche, il Sultano di Antiochia truccato da Saddam Hussein e via di questo passo. La produzione (a Parma sino al 25 gennaio e,poi, in vari teatri) di Lamberto Pugelli (regia), Paolo Bregni (scene), Santuzza Calì (costumi) è imperniato su una scena fissa dove si combatte, si vive e si muore. Anche se in un paio di momenti, appare sul fondale “Guernica” di Picasso, siamo attorno al 1100; con giochi di luce e proiezioni passiamo dalle nebbie padane, al muro del pianto, al deserto, a tenere notte mediterranee da dove appare la visione della Città Santa. Quindi, spettacolo che coniuga tradizione con punte di innovazione.Con pochi mezzi, una messa in scena efficace e facilmente trasportabili su palcoscenici di dimensioni differenti, anche a ragione del ritmo cinematografico e della buona recitazione che rende quasi credibile il complicato libretto.
Sotto il profilo musicale, elogi vanno principalmente al coro guidato da Martino Faggiani (apre e chiude ciascuno degli otto quadri) e al ventottenne Francesco Meli; lanciato giovanissimo a Pesaro, è diventato uno dei rari tenori “verdiani” in circolazione (non soltanto in Italia), sceglie con cura i ruoli e canta principalmente all’estero. Da suggerirgli di non tentare anzitempo parti non ancora per la sua vocalità. Di rilievo anche l’altro tenore richiesto dalla partitura, Roberto De Biaso , vocalità “spinta” , impostata sul centro. L’applauditissima Dmitra Theodossiou (letteralmente coperta di fiori, al termine della “prima”, dal pubblico di Parma) ha un ruolo terrificante: la voce le si è ispessita rispetto a quando interpretò l’opera a Cremona e a Firenze e, di conseguenza, eccede negli acuti e dà meno rilievo del dovuto agli abbandoni lirici. Michele Pertusi è di grande presenza scenica e vocale, pur se non ha più l’agilità di un tempo.Corretta, ma non travolgente, la direzione musicale di Daniele Callegari.
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