sabato 10 gennaio 2009

IL ROMANTICISMO TEDESCO TRA SACRO E "DEMONIACO" Il Domenicale 10 gennaio

Due eventi distinti (e la cui programmazione è frutto del caso) ci fanno toccare con mano come il sacro ed il demoniaco nel primo romanticismo tedesco sono due facce di una stessa medaglia, i cui elementi hanno in parte condizionato la storia del “secolo crudele”, il XX. I due eventi sono un Festival, prodotto dall’Accademia, per battere sui tempi le celebrazioni per il bicentario della nascita di Felix Mendelssohn- Bartoldy (Amburgo, 3 febbraio 1809) e la prima italiana di “Der Vampyr” di Heinrich Marschner per l’inaugurazione della stagione 2008-2009 del Teatro Comunale di Bologna.
Il Festival romano (8-11 novembre) ha compreso, oltre ad un concerto in cui sono state eseguite composizioni tre le più conosciute di Mendelsosohn (l’ouverture Le Ebridi, la Sinfonia n. 3 “Scozzese”, il concerto per violino- si ascolteranno alla Filarmonica della Scala nel prossimo febbraio-marzo), anche il monumentale “damma religioso” “Elias”, raramente messo in scena per il grandioso organico che comporta e le tremende difficoltà sia vocali (tanto per i solisti quanto per il coro) sia orchestrali. La rappresentazione di “Der Vampyr” segue di pochi anni un’altra “prima” italiana dei lavori di Marschner: “Hans Heiling” (la sua ultima opera) al Teatro Lirico di Cagliari di, mentre non è stata mai eseguita, neanche in versione da concerto, in Italia “Der Templar and die Jüdin”, tratta dal romanzo “Ivanohe” di Walter Scott (noto per le sue numerose trasposizione cinematografiche oltre che per il centone fatto da Rossini, utilizzando brani di altre sue opere, e rappresentato di recente a Martina Franca). Mendelssohn e Marschner sono quasi contemporanei ; il primo ebbe vita breve (dal 1809 al 1847) ma fu universalmente apprezzato sia da vivo che successivamente, il secondo visse a lungo (dal 1795 al 1861) , rivale di Weber ed amico di Beethoven (oltre che di Mendelssohn), faticò non poco ad uscire dall’ombra dei maestri concertatori in teatri secondari e sparì dalle scene e dalle sale di concerto tedesche (nonostante Richard Wagner si riconoscesse tributario dei suoi lavori) sino a quando, nel 1924, Hans Pfitzner si adoperò per rilanciarlo. Oggi “Hans Heiling” e “Der Vampyr” sono frequentemente rappresentate nei teatri tedeschi. Ricordo un buon “Hans Heiling” nella splendida Opéra du Rhin a Strasburgo circa un lustro fa. Culturalmente Mendelssohn e Marschner appartengono alla prima fase del romanticismo tedesco; estremizzando si può dire che il primo ne esprime il sacro ed il secondo il demoniaco.
“Elias”, riascoltato a Roma, è il capolavoro estremo di Mendelssohn, morto poco dopo la prima esecuzione, in un festival a Birmingham. Il compositore era un luterano fervente (lo mostra anche il suo altro “dramma religioso” “Paulus” rappresentato a Dresda dieci anni prima) ma si sentiva molto radicato nella tradizione ebraica della sua famiglia (tra i suoi progenitori il filosofo razionalista Moses Mendelssohn, amico intimo di Lessing); Bartholdy era il cognome di sua madre che suo padre, Abraham, aveva aggiunto al proprio dopo la conversione al cristianesimo) Il testo è fedelissimo alla Bibbia. Il committente era l’anglicana città di Birminghan. Il lavoro narra, in 24 scene, la lotta del profeta contro i politeisti re Acab e regina Jezabel sino all’ascensione d’Elia al Cielo in un carro di fuoco tirato da cavalli (volanti) pure essi di fuoco. Ha i tratti di un film biblico, colmo di battaglie (e miracoli) in cui il Dio degli Ebrei chi lo sfida. Protagonista d’eccezione René Papa (buoni gli altri solisti: Jorma Salvasti, Mihoko Fujomura, Malyn Byström), eccezionale il coro (guidato da Norbert Balatsch) anche per la perfetta dizione in tedesco. Nonostante l’aspetto spettacolare, il lavoro è intimamente cristiano: si pensi alla serena preghiera del profeta in mi-bemolle al termine (quasi) della prima parte ed alla dolce aria bipartita per soprano con cui si apre la seconda parte. Oppure, ancora all’”allegro molto” che contraddistingue l’apparizione di Dio nel finale.
C’è odore di zolfo nelle tre maggiori opere di Marschner, specialmente in “Der Vampyr” (del 1828 – quindi quasi 20 anni precedente a “Elias”) è tratta da un romanzo inglese di J.W. Polidori (ma attribuito per diversi anni a Byron) e da un dramma in prosa che ebbe enorme successo nella Parigi del 1820, e che è stato ripreso, con esiti strepitosi, a Broadway nel 1980 o giù di lì. L’odore di zolfo è mischiato con quello del sangue, ben due fanciulle cadono preda del vampiro (travestito da Lord) prima che la terza sfugga alle sue trame e ne causi il precipizio all’inferno. A metà Ottocento, il critico Hanslick (terrore di compositori) definì l’opera “sintomo di un Romanticismo morbosamente sovreccitato, che dominò la nostra musica operistica negli anni 20 e 30”. L’aspetto principale in una tale opera rimane la musica. Hans Pfitzner , pur ammettendo “il carattere orrifico” del libretto, la considerava “una perla della musica operistica tedesca”. Tanto che Richard Wagner, che stava approntando lui stesso un’opera demoniaca (“Die fliegende Höllander”) non esitò ad aggiungervi un’aria di proprio pugno. .Il solco era già stato aperto, anni prima, da Mozart con il “Don Giovanni” e vi aveva sguazzato, nel 1821, in pieno il rivale principale di Maesachner, Carl Maria von Weber,, specialmente nella scena della “valle del lupo” del “Die Frieschütz”, l’opera forse più popolare in Germania in quel periodo.

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