Nella settimana che comincia dopodomani i riflettori saranno puntati sull'industria automobilistica. Negli Usa, il Congresso dovrà esaminare se e quali aiuti dare a Detroit per evitare il collasso di un settore per decenni portante dell'economia Usa.
Nell'Ue si dovrà decidere se e come rendere la disciplina sulla concorrenza (e sugli aiuti di Stato) compatibile con il sostegno alla metalmeccanica richiesto a gran voce da Francia e Germania. In Italia Governo e parti sociali dovranno definire la posizione da prendere, dopo un CdA Fiat in cui si è deciso di non distribuire dividendi, di notizie su una maxi-linea di credito (1 miliardo di euro) che un consorzio di banche aprirebbe al Lingotto e dell'accordo preliminare per entrare nella malconcia Chrysler (di cui Torino rileverebbe il 35% del capitale). Tutto ciò va inserito in un quadro più vasto al fine d'essere valutato dai lettori, e dai politici. Quaranta anni fa, uno studio della Banca mondiale dava Detroit prossima a essere spacciata e diceva che la stessa sorte sarebbe toccata, qualche lustro più tardi, all'industria europea dell'auto. L'autore perse il posto. Mai, però, previsione dell'istituzione fu tanto azzeccata. In uno degli ultimi fascicoli di "Economic Policy", due economisti del Fondo monetario e uno dell'University of Virginia documentano come entro il 2050 il numero di auto in circolazione nel mondo aumenterà di 2,3 miliardi di unità, di cui 1,9 miliardi nei Paesi emergenti (in primo luogo, Cina) e che si andrà alla ricerca di utilitarie. Lo ha capito la Toyota: in un mercato in cui nel 2008 le vendite di auto hanno subito, su piano globale, una flessione di 3,5 milioni di unità (la metà negli Usa, nell'Ue e in Giappone), la Toyota (con 9 milioni di auto vendute) ha scalzato per la prima volta in 77 anni la General Motors come prima casa automobilista mondiale - grazie al successo non nell'Impero del Sol Levante ma in quello Celeste al di là del canale della Cina. In questa situazione, tre aspetti si presentano cruciali per la Fiat: a) l'accento sulle utilitarie a basso consumo e basso inquinamento; b) la joint venture con la Tata per entrare nel mercato indiano, e verso il resto dell'Asia (e al cui supporto è connessa parte della linea di credito citata) ; c) l'intesa preliminare con la Chrysler per portare il basso consumo e il basso inquinamento nel mercato Usa (e da lì in America Latina). Che cosa porta in dote il Lingotto? Oltre ad aspetti tecnici - le piattaforme per le "city cars" - una produttività relativamente elevata se raffrontata al resto del settore: lo documenta un lavoro del Centro Study Luca D'Agliano (il Working Paper n. 236) disponibile on line da alcuni giorni. È uno studio empirico che non riguarda soltanto la Fiat o la metalmeccanica ma un campione di grandi e medie imprese italiane impegnate in attività internazionali (o perché orientate all'export o perché titolari di investimenti diretti all'estero o dall'estero).
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