14 marzo
2017
Questa
settimana consiglio la lettura di un libro di Roberto Caporale (con
un’introduzione di Paolo Savona): Exeunt: La Brexit e la Fine dell’Europa (Rubettino, pagg. 170, € 13). L’autore è stato ed
è un manager di imprese sia a partecipazione statale sia privata. La sua
attività gli consente di vedere i problemi dell’Europa con occhi più pratici e
più prammatici di quelli abituali nelle aule universitarie.
Il titolo
del volume può trarre in inganno. Alla Brexit in quanto tale sono dedicati tre
dei cinque capitoli del volume e se ne sviscerano i complessi aspetti giuridici
ed economici (senza però entrare in scenari basati su simulazioni econometriche
sugli effetti quantificabili dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione
Europea, UE). È quello che nel lessico accademico anglosassone potrebbe essere
chiamato un event study con accento sulle policies e sugli aspetti
istituzionali. Il punto centrale non è la fine dell’Europa ma come si può partire
per costruire una nuova Europa più snella, più efficace, più dinamica e più
equa. Nella quale, soprattutto, ciascuno sia e si senta più libero.
Per molti
aspetti quest’opera ricorda Europe Simple Europe Strong di Frank Vibert,
della London School of Economics (nonché allora Presidente dell’European Policy
Forum). Un testo, pubblicato una quindicina di anni or sono, fondamentale nella
letteratura europea ma che non ha trovato un editore disposto a tradurlo in
italiano. I che la dice lunga su un’Italia essenzialmente statalista e
corporativa.
Nel capitolo
del saggio di Roberto Caporale sulla politica dell’armonizzazione in sede UE si
afferma che questa ha prodotto «un’incredibile massa di norme europee cui
debbono soggiacere produttori e consumatori continentali. […] Esiste da tempo
quello che potremmo definire un nuovo genere letterario che descrive la tragica
comicità di molti esempi di normativa europea e ne misura chilometricamente
l’intrusività.»
La seconda
parte del saggio traccia le prospettive che l’UE avrebbe dovuto apprendere
dalla Brexit: «Un modello d’Europa desacralizzato ma non per ma non per questo
meno “unito” in cui la sovrapposizione di aree di azione collettiva realizza un
impianto adattivo con istituzioni forti nel loro ruolo primario di assicurare
il rispetto dei principi e delle norme che realizzano uno spazio di mercato
libero e aperto.»
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