L’EUROPA, COSI’ VICINA, COSI’ LONTANA
L’Europa
, così vicina, così lontana è il titolo di un libro collettaneo,
uscito nel 1996 quando non era ancora chiaro chi avrebbe completato il percorso
per giungere al gruppo fondatore dell’euro. E’ un volume speciale in quanto
costituito di testi elaborati da un gruppo di finalisti di un corso di
formazione di oltre un anno presso la Scuola Superiore (ora chiamata Nazionale)
della Pubblica Amministrazione . I giovani di ventuno anni fa , ora sono in
gran parte direttori generali di Ministeri. Il titolo richiamava il Faraway So Close, di un gruppo musicale
(gli U2) allora di gran moda. Ma esprimeva, nel 1996, quel senso di incertezza
sul futuro dell’Unione Europea (UE), e della integrazione economica e
finanziaria del continente che respira, forse ancora di più, oggi. Può essere
che la tornata di elezioni politiche (iniziata a metà marzo in Olanda e
destinata a proseguire nei prossimi mesi in Francia e Germania, nonché forse
pure in Italia, chiarisca l’atmosfera ma è anche possibile che la renda ancora
più confusa. In breve, in una fase come l’attuale (con gli Stati Uniti che
sembrano allontanarsi e l’integrazione economica internazionale che sembra
creare nuovi equilibri), l’Europa dovrebbe cercare di essere più close i principali Paesi e le maggiori aree all’interno dell’UE sono più
farawy (distanti) tra di loro.
Non è di grande aiuto il Libro Bianco
sul futuro dell’UE presentato in marzo dalla Commissione Europea. Tratteggia
cinque ‘opzioni’ su cui indirizzare l’Unione da ora al 2015: lo status quo, con
progressi ai margini; una ri-focalizzazione dell’Europa sul solo mercato unico;
un’Europa caratterizzata da cooperazioni rafforzate e dei cerchi concentrici
per chi vuole avanzare più rapidamente verso una più stretta integrazione:
un’UE che si concentri solo in alcuni ambiti; infine, uno scenario d’integrazione
politica spinta per tutti i 27. Più che un menu di strategie alternative e
complementari è uno smorgasrbod con
troppe tartine di gusti troppo differenti , senza un’indicazione né di
parametri per valutare le offerte né di criteri per scegliere.
Soprattutto ignora il nodo principale :
come ‘correggere’ l’unione monetaria – il Trattato di Maastricht e gli accordi
ad esso successivi e conseguenti. E’ , infatti, l’unione monetaria l’aspetto
che suscita maggiori tensioni (a torto od a ragione). E’ stata probabilmente
creata troppo presto e senza tenere conto delle caratteristiche che dovrebbe
avere un’area valutaria ottimale. Si è pensato di fare un passo ‘irreversibile’
che, seguendo il ‘metodo Monnet’, avrebbe facilitato la realizzazione dell’unione
politica.
Invece,
le analisi più recenti , applicando una rodata metodologia
statistica a 27 Paesi europei (i 28 dell’Ue meno Cipro, Malta e Lusssemburgo,
più Norvegia e Svizzera), ed utilizzando i dati trimestrali del Pil dal primo
trimestre 1996 al quarto trimestre 2015), lo studio identifica un gruppo
centrale (o core ) che rappresenta il
ciclo economico europeo, ossia di Paesi che si muovono alla stesso passo e che
quindi costituiscono un’area europea omogenea. Questi sono i Paesi strettamente
collegati alla Germania come Danimarca, Svezia, Svizzera e il Regno Unito, il
Benelux, nonché la Repubblica Ceca, la Polonia e l’Ungheria (tre Stati che
secondo l’analisi sono pronti ad adottare l’euro). Per altri Paesi della
periferia con cicli economici meno sincronizzati con il gruppo core , appartenere all’euro diventerà una strada
sempre più costosa se non applicano speditamente drastiche riforme economiche.
E’questo
nodo che deve essere guardato apertamente in faccia.
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