Perché io, liberale, nutro
dubbi sulla privatizzazione della Cassa depositi e prestiti
Il commento
dell'economista Giuseppe Pennisi
Circa una
settimana fa, Il Corriere della Sera ha riportato la notizia secondo cui
il ministero dell’Economia e delle Finanze starebbe studiando se e come
privatizzare una quota della Cassa Depositi e Prestiti (Cdp). La notizia è
rimbalzato su altre testate. Ma le istituzioni interessate sono rimaste mute.
Una patina di credibilità veniva data dalla, vera od apparente, precisione di
alcuni dettagli: la ‘apertura al mercato’ (termine più esatto di
‘privatizzazione’) avrebbe riguardato il 15% del capitale della Cdp ossia
cinque miliardi di euro. Questo stesso dato, sempre che venga da fonte
affidabile; pone interrogativi. Da un lato, è troppo modesto sia per portare un
contributo effettivo al fondo di ammortamento del debito pubblico sia per
mettere nei ranghi del Fiscal Compact il disavanzo di parte corrente previsto
per l’anno in corso (un aggiustamento di 3,4 miliardi di euro) e per il
prossimo (si parla di oltre 20 miliardi). Da un altro, è sufficientemente
grande per incidere, ove non ben modulato, sulla governance ove non sulla
natura stessa della Cdp in quanto banca di sviluppo.
Credo che
prima di entrare nel mondo delle chiacchiere (o dei pettegolezzi) di Palazzo,
sia bene chiedersi a chi gioverebbe, e quali obiettivi avrebbe, la eventuale
‘apertura al mercato’ del 15% del patrimonio Cdp. Potrebbe giovare alla Cdp
medesima se fosse parte di una programma organico per rafforzare la Cassa e
darle un ruolo, oltre che nelle infrastrutture, nelle piccole e medie imprese,
e nell’innovazione, anche nella politica industriale. Ma di tale programma non
c’è traccia e nessuno ne parla. Senza dubbio, ove fosse all’orizzonte, dato che
siamo alla fine della legislatura e di fatto già entrati in una lunga campagna
elettorale, un programma del genere dovrebbe essere ad uno stadio avanzato di
preparazione anche perché necessiterebbe di un passaggio parlamentare (e forse
comporterebbe una modifica/un aggiornamento della normativa relativa alla Cdp).
A mio avviso, per un programma di questo tipo e per un passaggio parlamentare siamo fuori tempo massimo. Anche perché il Parlamento non ha ancora iniziato a discutere la nuova legge elettorale (ed in materia i punti di vista sia tra i partiti sia all’interno di ciascun partito sono molto distanti).
A mio avviso, per un programma di questo tipo e per un passaggio parlamentare siamo fuori tempo massimo. Anche perché il Parlamento non ha ancora iniziato a discutere la nuova legge elettorale (ed in materia i punti di vista sia tra i partiti sia all’interno di ciascun partito sono molto distanti).
Da liberale
sono tendenzialmente favorevole alle privatizzazioni, anche solamente ad
‘aperture al mercato’ parziali e limitate. In questo caso, però, nutro seri
dubbi proprio a ragione della scarsa chiarezza degli obiettivi. Tale scarsa
chiarezza, a mio parere, è il nodo fondamentale, ancora più importante del
metodo per ‘aprire al mercato il 15% del patrimonio della Cdp. Induce a pensare
che si tratti di un modo per tamponare la possibile ‘manovrina’ di 3,4 miliardi
di euro e di disporre di qualche spicciolo in più per mance e regalie
elettorali a disposizione della prossima legge di bilancio (a ridosso delle
prossime elezioni politiche), sempre nell’ipotesi che la riforma del Fiscal
Compact risolva il più serio (l’enorme disavanzo già preconizzato per il
bilancio 2018).
Se questo fosse l’obiettivo, si tratterebbe di un marchingegno di breve respiro di cui non hanno bisogno né la Cdp né l’Italia. È anche possibile che qualche whistleblower coinvolto nelle discussioni di Palazzo, non riuscendo a fare ascoltare la propria voce, la abbia soffiata alla stampa proprio per evitare che un progetto senza chiari obiettivi vada avanti.
Se questo fosse l’obiettivo, si tratterebbe di un marchingegno di breve respiro di cui non hanno bisogno né la Cdp né l’Italia. È anche possibile che qualche whistleblower coinvolto nelle discussioni di Palazzo, non riuscendo a fare ascoltare la propria voce, la abbia soffiata alla stampa proprio per evitare che un progetto senza chiari obiettivi vada avanti.
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