ll caso.
Così Bruxelles è comunque riuscita a evitare la Grexit
N ell’Unione europea (è bene ricordarlo
in tempi di Brexit) la solidarietà alla fine paga. Per salvare la Grecia –
tuttora fra i 27 dell’Unione riuniti ieri a Roma, a differenza della Gran Bretagna
che ha preso la porta d’uscita – Ue e Fondo monetario hanno varato un programma
di aiuti di ben 260 miliardi di euro. La Business School di Barcellona (una
delle migliori del Continente) si è presa la briga di fare i conti con
attenzione tirando alcune somme. La prima: la spe- sa e il disavanzo pubblico
non sono diminuiti negli anni del 'salvataggio' rispetto ad altri periodi
recenti della Grecia moderna, anzi, sono aumentati in misura significativa in
rapporto al Pil con l’unica eccezione del 2009, anno in cui raggiunsero un
picco tale da innescare il processo che portò al primo intervento di aiuti. La
seconda: l’austerità immediatamente dopo il 2009, in effetti, provocò, per un
breve periodo, una drastica contrazione della spesa pubblica con implicazioni
forti sul settore bancario che era alimentato, indirettamente e direttamente,
dall’intervento pubblico. Ma salvò il Paese dal tracollò finanziario. In quel
momento le casse dello Stato erano vuote, il mal gestito sistema bancario era
al collasso e nessuno era disposto a fare credito alla Grecia. Grazie agli
aiuti Ue e Fmi, milioni di greci continuarono a ricevere i loro stipendi e le
loro pensioni, ebbero i loro risparmi protetti a ragione di garanzie pubbliche
(anche internazionali). I 260 miliardi di euro prestati sino a ora (a
condizioni molto favorevoli) sono serviti a pagare disavanzi di finanza
pubblica per circa 106 miliardi di euro. Terza evidenza: nel 2015 in Grecia il
rapporto tra pagamenti per interessi e debito pubblico lordo era dell’1,94%, il
più basso della media di un gruppo di undici Paesi il cui debito sovrano è
soggetto a rating.
Giuseppe Pennisi
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