L’ellisse di Elektra al San Carlo
Marzo
29, 2017 Giuseppe
Pennisi
“Elektra”, primo dei sette capolavori del binomio Richard
Strauss-Hugo von Hofmannsthal, rivoluziona nel 1909 il teatro in musica
mondiale
“Elektra”, primo dei sette
capolavori del binomio Richard Strauss-Hugo von Hofmannsthal, rivoluziona nel
1909 il teatro in musica mondiale; viene considerata dal mio amico Stéphane
Lissner, general manager del Festival International d’Art Lyrique di
Aix-en-Provence come la più grande opera del Novecento. Nelle preferenze del
vostro chroniqueur, e in quello dello stesso Richard Strauss, nel breve ma
fondamentale catalogo è superata da quella “Die frau hone schatten” così poco
eseguita in Italia.
Ritorna del 9 aprile al San
Carlo di Napoli l’allestimento con cui ha inaugurato la stagione 2003-2004. È
tale da indurre anche il più scettico e disincanto dei “chroniqueur” al dubbio
– a pensare, cioè, che, tutto sommato, Lissner abbia ragione e che, quindi, i
102 minuti e sette secondi di “Elektra” si pongano come una grande cattedrale
gotica della musica moderna, non superata nel XX secolo e forse non superabile
neanche nel XXI.
Nel catalogo
Strauss-Hofmannsthal, “Elektra” è anche uno dei lavori rappresentati con
maggiore frequenza in Italia.. Il vostro “chroniqueur” le ha viste ed ascoltate
quasi tutte le produzioni italiane nonché quelle di Salisburgo e Aix en
Provence Quella offerta dal San Carlo circa 14 anni fa si pone come la più
riuscita per integrità di concezione musicale, scenica e registica. Il teatro
ha ben fatto a riproporla
Spieghiamoci. Nella vulgata di
storia della musica, la magia di “Elektra” viene illustrata nel miracolo, al
tempo stesso, di complementarità e di contrasto tra il testo di Hofmannsthal e
la partitura di Strauss; circolare il primo (con il proprio epicentro nel
confronto-scontro tra Elektra e Klytämnestra); vettoriale il secondo sino
all’orgia sonora in do maggiore del finale. L’edizione del San Carlo sfata
questa vulgata. Mostra come sia l’azione sia la musica abbiano una struttura ad
ellisse; un’introduzione quasi contrappuntistica (il dialogo delle ancelle per
preparare al monologo di Elektra) si snoda in una vasta parte centrale in cui
il confronto tra Elektra e Klytämnestra (colmo di disperazione) è inserito tra
due altri confronti – quelli tra Elektra e Chrysothemis (rispettivamente sul
significato della vita e della morte e sul valore della vendetta); in tutta
questa parte centrale si sovrappongono due tonalità musicali molto differenti
per unificarsi dalla scena del ritorno di Orest e del duplice assassinio e
predisporre, quindi, il do maggiore della danza macabra finale.
L’ellisse drammatica e musicale
viene inserita in una struttura scenica in legno (scene e costumi sono dello
scultore e pittore Anselm Kiefer); un cortile di condominio povero o di
palazzotto fatiscente in cui domina, sia nelle pareti sia nei costumi) il
grigiastro sporco (Elektra, Chrysothemis, Orest, il precettore di quest’ultimo,
le ancelle delle prime) ed il bianco (Klytämnestra, Aegisth, i loro seguiti). I
praticabili, a quattro livelli, hanno una funzione musicale essenziale negli
equilibri e negli impasti di voci e di voci ed orchestra. In questo contesto,
la “solitudine” vendicatrice di Elektra viene esasperata sin dall’apertura del
sipario; ad essa si aggiungono i rimorsi di Klytämnestra, e l’ansia spasmotica
di Chrysothemis alla ricerca di una vagheggiata ed impossibile “normalità. La
regia di Klaus Michael Grüber accentua il clima ossessivo di una tragedia quasi
tra belve ferite.
Concerta Juraj Valčuha,
direttore principale del San Carlo , dopo avere mietuto successi per sette anni
come direttore principale dell’orchestra sinfonica della Rai. I protagonisti
sono Elena Pankratova (Elektra), Renée Morlo (Klytämnestra), , Manuela Uhl (Chrysothemis)
, Michael Laurenz (Aegisth) , Robert Bork (Orest).
Spettacolo da vedere e rivedere.
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