L’Unione europea e il passo
del gambero
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L'analisi
dell'economista Giuseppe Pennisi
È iniziata
una stagione di vertici europei. Ha dato il via un supervertice a quattro
(Germania, Francia, Italia e Spagna) – quelle che in passato sarebbero state
chiamate “le grandi potenze” del consesso europeo – tenuto a Versailles il 6
marzo, a cui faranno seguito il Consiglio dei capi di Stato e di governo
dell’Unione europea (il 9 marzo a 28 e il 10 marzo a 27) a Bruxelles e le
celebrazioni per i sessant’anni del Trattato di Roma il 25 marzo nella capitale
italiana. La Spagna è entrata nell’Ue solo nel 1986; è assurta al rango di grande
potenza non perché sia redivivo Carlo Quinto Sommo Imperatore, ma in quanto la
Gran Bretagna, entrata nel 1973, ne ha deliberato l’uscita.
Occorre
chiedersi se dai vertici stanno emergendo idee in grado di fare uscire il
progetto europeo dalla palude in cui è finito. Lo è quello dell’Europa a più
velocità? Dubito che lo sia almeno nei termini in cui è stato presentato.
Scoprirlo come metodo per rilanciare il progetto europeo è come fare il passo
del gambero.
Da decenni
l’Ue è già a “più velocità” anche se non lo si ammette ufficialmente e
schiettamente. Gli accordi intergovernativi, quali quello di Schengen e di
Maastricht, ne sono lo strumento e l’anima. Per un’Unione a 27/28 Stati sarebbe
stato difficile il contrario. Nessuno impedisce a un gruppo degli Stati
dell’Ueche vogliano mettere insieme una politica di difesa comune (con forze
armate, o parte di esse, in comune) di farlo. Sono anni in cui l’Ue è una
cornice di regole di base all’interno della quale si creano gruppi più piccoli
e che dovrebbero essere più omogenei e dotati di più chiare finalità
specifiche. Delle varie cooperazioni rafforzate la più importante, e la più
complessa, è l’unione monetaria, una cooperazione rafforzata in cui forse si è
fatto un passo più lungo della gamba e ora si è alle prese con nodi di
difficile soluzione.
E lo si è in
un momento cui l’unione monetaria è diventata il parafulmine per tutto il
malcontento nei confronti dell’Ue, delle istituzioni e delle sue regole
generali di base. Per questa ragione avrei trovato più sensato tirare fuori dal
cappello del primo dei vertici, idee su come raddrizzare la più importante
delle cooperazioni rafforzate, l’unione monetaria, senza che nessuno dei
partecipanti si faccia troppo male.
Su questa
testata si è lanciata un’idea di trasformare, nell’arco di uno-due anni,
l’unione monetaria in un sistema analogo di quello creato a Bretton Woods. Non
mancano altre proposte. I capi di Stato e di governo dei 19 le raffrontino e
facciano qualche passo avanti.
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