lunedì 9 luglio 2012

Statali Prima dei tagli servirà un riassetto interno in Avvenire 8 luglio


Statali Prima dei tagli servirà un riassetto interno


DI GIUSEPPE PENNISI

U no dei temi più ostici di questa spending review è certamente quello dei tagli all’impiego pubbli­co e, in particolare, come rivedere, nel­l’arco di pochi mesi, le 'piante organiche' della pubbliche amministrazioni. Argo­mento che assilla milioni di dipendenti pubblici, poiché dalle nuove 'piante' di­penderà chi resta e chi verrà invece, in va­rio modo, costretto a uscire.

Sono stati annunciati due obiettivi: ridur­re il numero degli uffici dirigenziali (e dei dirigenti) del 20% ed il totale del pubbli­co impiego del 10%. È anche apparso e sparito, più volte, un parametro quasi sus­surrato più che pronunciato: giungere ad un dirigente pubblico ogni 40 dipenden­ti circa. Sono obiettivi fattibili? Per ri­spondere, occorre chiedersi , in primo luo­go, quanti sono i dipendenti pubblici e quali sono le tendenze (se alla crescita od alla diminuzione).

Non è facile dare una risposta data la mol­teplicità delle fonti statistiche non sem­pre basate su defini­zioni coerenti o tra loro compatibili. Grosso modo, oggi i dipendenti pubblici sono circa 3,4 milio­ni (ossia uno ogni 6 italiani), un indicato­re non certo eccessivo se confrontato con quello della vicina Francia (la cui popola­zione ha una dimensione analoga alla no­stra) in cui il pubblico impiego è compo­sto di 5,4 milioni di persone e assorbe il 14% del Pil (rispetto all’11% circa in Italia). Tuttavia, mentre dal 1990 al 2000, la 'mac­china pubblica' i­taliana si è snelli­ta (il numero dei dipendenti è di­minuito del 4%), dall’inizio del nuovo secolo si è ingrossata (sono aumentati gli ad­detti) ed è ingras­sata (hanno pre­so a costare di più, specialmente l’alta di­rigenza) proprio mentre il settore privato di produzione di beni e servizi ristagnava o, dal 2007 circa, si contraeva.

Due determinati paiono avere inciso in gran misura: anzitutto lo spoil system che ha portato ad una frammentazione degli organici e alla proliferazione degli uffici dirigenziali. E poi lo spezzettamento di competenze derivante dalla revisione del Titolo V della Costituzione. Questi fattori si sono poi innestati sulla secolare ten­denza ad avere ufficio sguarniti al Nord e personale pletorico al Sud. Nei 15 anni passati alla Scuola superiore della pub­blica amministrazione, ad esempio, mi so­no spesso chiesto perché la sede di Reg­gio Calabria avesse il triplo del personale di quella di Bologna, nonostante l’attività didattica nella città felsinea fosse più del doppio di quella svolta nella città sullo Stretto.

Si può porre rimedio a queste distorsioni senza causare troppe sofferenze? In pri­mo luogo, in molte amministrazioni il 20-25% delle posizioni dirigenziali sono in realtà 'scoperte' e i compiti svolti dai co­siddetti 'f.f.' (facenti funzioni). Inoltre, l’anzianità di servizio media dei dipen­denti pubblici sfiora i 35 anni e circa due terzi dei dirigenti superano i 60 anni di età. Questi dati suggeriscono che il rias­setto delle 'piante' è fattibile, senza che nessuno muoia in trincea per difendere quelle varate negli ultimi dieci anni.

E il ventilato parametro di 40 dipendenti per un dirigente? Il Commissario Bondi certamente sa che è appropriato per la produzione di beni e servizi omogenei e di massa (ad esempio, quelli forniti da 'sportelli unici') non però per la parte più prettamente pensante dell’amministra­zione, dove sino ad ora nessuno ha indi­cato un parametro migliore di dieci fun­zionari per dirigente ricavato decine di an­ni fa da Daniel Bell, a lungo professore di management alla Università di Harvard.

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In molte amministrazioni manca già oggi il 20% dei dirigenti e le piante organiche sono da rivedere Il vero problema sono le duplicazioni di funzione e gli organici squilibrati tra uffici al Nord e al Sud

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