LIRICA,
SALVATE IL SOLDATO GIACOMO PUCCINI
Edizione completa
Roma - Per la seconda volta, l’annuale festival
pucciniano a Torre del Lago (Lu) è stato a rischio di non essere tenuto. Sono
venuti a mancare finanziamenti dall’Arcus (dal 6 luglio comunque in via di
liquidazione) L’anno scorso una mano è venuta dall’Estremo Oriente; quest’anno
da enti ed imprese locali. Eppure Puccini è uno degli autori italiani più
apprezzati al mondo, ha operato in anni difficili ed ha lasciato una grande
eredità. Quindi merita grande attenzione. Per il teatro d’opera italiano i
decenni di attività di Puccini coincisero con la fine della fase in cui in
Italia (esperienza unica nel panorama europeo) trionfò la lirica commerciale.
La “musa bizzarra e altera” (come definita accuratamente da Herbert
Lindenberger) non era una riserva dei mecenati o dei palchettisti-sostenitori
provenienti dalla aristocrazia ed alta borghesia, ma uno degli spettacoli popolari
per eccellenza; in tutte le città italiane si costruivano o si ammodernavano
teatri che si sostenevano quasi interamente con i proventi da biglietteria;
nelle città maggiori più teatri operavano in concorrenza, anche sotto il
profilo dei prezzi e della qualità (a Milano ad esempio le “stagioni” della
Scala contenevano un numero limitato di titoli ma le rappresentazioni erano di
alto livello; al Dal Verme ed al Manzoni si offrivano, a prezzi contenuti,
cartelloni più estesi con titoli di solito molto conosciuti, inframmezzati, di
tanto in tanto, da novità di giovani).
L’iniziativa imprenditoriale dei grandi impresari (che aveva caratterizzato la prima metà dell’Ottocento) era stata sostituita da quella dei grandi editori (quali Ricordi e Sonzogno) e dalle loro rivalità; mentre all’inizio del XIX secolo gli autori trattavano direttamente con gli impresari (e dovevano spesso seguirne i capricci in tema di scelte di libretti e di interpreti), alla fine del secolo gli editori fungevano da intermediari tra compositori e impresari; si affermavano le normative nazionali e le convenzioni internazionali sui copyright. Vigeva un sistema di mercato - ma di mercato autoregolato dalla concorrenza-competizione-cooperazione (pure collusione) tra editori. In tale mercato autoregolato stava entrando la politica. Il punto di svolta può essere considerato, convenzionalmente, il 1921 quando la proprietà del più noto teatro italiano, La Scala, a causa di una gravissima crisi finanziaria, passò dai privati al Comune che la costituisce in un Ente Autonomo comunale, sotto il controllo dello Stato che ne avrebbe assicurato il finanziamento annuale. Gli altri teatri lirici, maggiori e minori, seguirono la stessa sorte in seguito sia all’avanzata del cinema sia al “morbo di Baumol” (dal nome dell’economista americano che lo ha teorizzato) secondo cui arti sceniche a tecnologia fissa perdono gradualmente ma inesorabilmente competitività in quanto non possono fruire della riduzione di costi conseguente il progresso tecnico. In questa fase di transizione visse ed operò Puccini. Non partecipò a politica attiva (anche se nel 1919, per sfuggire alla accuse di filogermanesimo, aveva musicato un “Inno a Roma” su testo di Fausto Salvatori- lavoro che lui stesso definì “una bella porcheria”). Fu Senatore del Regno, su proposta di Mussolini, per poco più di due mesi – dal 18 settembre 1924 alla morte, il 29 novembre 1924. Il suo unico incontro con Mussolini (nel 1923) sollecitato per esprimere “alcune sue idee sul teatro lirico nazionale da erigersi a Roma”, fu breve e brusco – troncato da un netto “non ci sono denari” da parte del Capo del Governo. Al pari di Igor Stravinskij, Puccini era un impolitico ma, in tempi turbolenti (come quelli attorno alla Prima Guerra Mondiale), aspirava ad una politica che fornisse un quadro di pace e serenità in cui si potesse comporre. Dopo Puccini, la politica diventò centrale nella vita musicale italiana.
Quale il lascito? Da un lato, come scrive uno dei maggiori studiosi di Puccini, Julian Budden, “con Turandot la tradizione dell’opera italiana, che durava più di tre secoli, giunse alla sua conclusione”. Da un altro, però, come si è accennato, Puccini fu il solo compositore italiano a cavallo tra il XIX e XX secolo ad essere realmente internazionale, a superare il melodramma ed altre forme d’opera italiane innescando in esse elementi tanto francesi quanto tedeschi ed anche asiatici. La sua eredità più che in Italia fu nel resto del mondo: un nuovo modo di concepire il teatro in musica venne compreso soprattutto da Benjamin Britten e dai compositori americani della metà del Novecento – quali Carlisle Floyd, Thea Musgrave, Robert Ward, Jack Beeson, Kirche Meechem - e da quelli che stanno mietendo successi in questo primo scorcio di XXI secolo – quali André Previn, Gerald Barry, Nicholas Maw, John Adams, Thomas Pasateri, Dominick Argento. Ed ovviamente, il loro “zio” putativo Giancarlo Menotti. Si temeva che dopo circa 60 anni, la 58sima edizione del Festival Puccini a Torre del Lago (Lu) quest’anno, per mancanza di finanziamenti pubblici, non riuscisse a decollare. Invece, grazie al supporto di enti locali e di sponsor, non solo riesce a partire, ma include una novità: invita Giuseppe Verdi presentando "La Traviata" per la prima volta a Torre del Lago. Inoltre, in collaborazione con l’Arena di Verona, il 2 agosto ci sarà una serata davvero speciale: un grande concerto per la consegna degli Oscar della Lirica. Già lo scorso anno si è temuto quasi sino all’ultimo minuto. Il Festival 2011 si è tenuto in gran misura grazie al supporto dall’Estremo Oriente, da dove sono giunte coproduzioni con importanti teatri. Una di queste viene ripresa nel 2012: la “Bohème” con la regia di Maurizio Di Mattia, nata, originariamente, per i teatri di Hong Kong e Macao ed accolta molto bene a Torre del Lago. Inoltre, “Tosca” verrà coprodotta con i Teatri di Nizza e di Montecarlo, dove si vedrà la prossima stagione. Si ripropone una “Madama Butterfly” di successo. E la “Traviata” partirà da Torre del Lago per andare a Livorno, Pisa e Lucca. Cantanti, in gran misura giovani, rendono il Festival a basso costo, ma interessante per apprezzare voci e volti nuovi. (ilVelino/AGV)
L’iniziativa imprenditoriale dei grandi impresari (che aveva caratterizzato la prima metà dell’Ottocento) era stata sostituita da quella dei grandi editori (quali Ricordi e Sonzogno) e dalle loro rivalità; mentre all’inizio del XIX secolo gli autori trattavano direttamente con gli impresari (e dovevano spesso seguirne i capricci in tema di scelte di libretti e di interpreti), alla fine del secolo gli editori fungevano da intermediari tra compositori e impresari; si affermavano le normative nazionali e le convenzioni internazionali sui copyright. Vigeva un sistema di mercato - ma di mercato autoregolato dalla concorrenza-competizione-cooperazione (pure collusione) tra editori. In tale mercato autoregolato stava entrando la politica. Il punto di svolta può essere considerato, convenzionalmente, il 1921 quando la proprietà del più noto teatro italiano, La Scala, a causa di una gravissima crisi finanziaria, passò dai privati al Comune che la costituisce in un Ente Autonomo comunale, sotto il controllo dello Stato che ne avrebbe assicurato il finanziamento annuale. Gli altri teatri lirici, maggiori e minori, seguirono la stessa sorte in seguito sia all’avanzata del cinema sia al “morbo di Baumol” (dal nome dell’economista americano che lo ha teorizzato) secondo cui arti sceniche a tecnologia fissa perdono gradualmente ma inesorabilmente competitività in quanto non possono fruire della riduzione di costi conseguente il progresso tecnico. In questa fase di transizione visse ed operò Puccini. Non partecipò a politica attiva (anche se nel 1919, per sfuggire alla accuse di filogermanesimo, aveva musicato un “Inno a Roma” su testo di Fausto Salvatori- lavoro che lui stesso definì “una bella porcheria”). Fu Senatore del Regno, su proposta di Mussolini, per poco più di due mesi – dal 18 settembre 1924 alla morte, il 29 novembre 1924. Il suo unico incontro con Mussolini (nel 1923) sollecitato per esprimere “alcune sue idee sul teatro lirico nazionale da erigersi a Roma”, fu breve e brusco – troncato da un netto “non ci sono denari” da parte del Capo del Governo. Al pari di Igor Stravinskij, Puccini era un impolitico ma, in tempi turbolenti (come quelli attorno alla Prima Guerra Mondiale), aspirava ad una politica che fornisse un quadro di pace e serenità in cui si potesse comporre. Dopo Puccini, la politica diventò centrale nella vita musicale italiana.
Quale il lascito? Da un lato, come scrive uno dei maggiori studiosi di Puccini, Julian Budden, “con Turandot la tradizione dell’opera italiana, che durava più di tre secoli, giunse alla sua conclusione”. Da un altro, però, come si è accennato, Puccini fu il solo compositore italiano a cavallo tra il XIX e XX secolo ad essere realmente internazionale, a superare il melodramma ed altre forme d’opera italiane innescando in esse elementi tanto francesi quanto tedeschi ed anche asiatici. La sua eredità più che in Italia fu nel resto del mondo: un nuovo modo di concepire il teatro in musica venne compreso soprattutto da Benjamin Britten e dai compositori americani della metà del Novecento – quali Carlisle Floyd, Thea Musgrave, Robert Ward, Jack Beeson, Kirche Meechem - e da quelli che stanno mietendo successi in questo primo scorcio di XXI secolo – quali André Previn, Gerald Barry, Nicholas Maw, John Adams, Thomas Pasateri, Dominick Argento. Ed ovviamente, il loro “zio” putativo Giancarlo Menotti. Si temeva che dopo circa 60 anni, la 58sima edizione del Festival Puccini a Torre del Lago (Lu) quest’anno, per mancanza di finanziamenti pubblici, non riuscisse a decollare. Invece, grazie al supporto di enti locali e di sponsor, non solo riesce a partire, ma include una novità: invita Giuseppe Verdi presentando "La Traviata" per la prima volta a Torre del Lago. Inoltre, in collaborazione con l’Arena di Verona, il 2 agosto ci sarà una serata davvero speciale: un grande concerto per la consegna degli Oscar della Lirica. Già lo scorso anno si è temuto quasi sino all’ultimo minuto. Il Festival 2011 si è tenuto in gran misura grazie al supporto dall’Estremo Oriente, da dove sono giunte coproduzioni con importanti teatri. Una di queste viene ripresa nel 2012: la “Bohème” con la regia di Maurizio Di Mattia, nata, originariamente, per i teatri di Hong Kong e Macao ed accolta molto bene a Torre del Lago. Inoltre, “Tosca” verrà coprodotta con i Teatri di Nizza e di Montecarlo, dove si vedrà la prossima stagione. Si ripropone una “Madama Butterfly” di successo. E la “Traviata” partirà da Torre del Lago per andare a Livorno, Pisa e Lucca. Cantanti, in gran misura giovani, rendono il Festival a basso costo, ma interessante per apprezzare voci e volti nuovi. (ilVelino/AGV)
(Hans Sachs) 11 Luglio 2012 12:07
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