Ravenna
Lirica, Muti padre e figlia riabilitano la scandalosa novizia di Hindemith
DA RAVENNA GIUSEPPE PENNISI
E dizione spiriturale la 23ma del Ravenna Festival. La rassegna è cominciata con una rara esecuzione del Vespro della Beata Vergine di Orazio Tarditi ma si sono ascoltati il canto sufi dell’Uzbeksitan, i riti cinesi danzati da Shen Wei, le musiche di Istanbul, musica tibetana. L’appuntamento più atteso era però costituito da due rari atti unici di Paul Hindemith andati in scena venerdì (e che la prossima stagione si vedranno al Teatro dell’Opera di Roma che li coproduce): l’opera breve (poco più di 20 minuti) Sancta Susanna
del 1921 e il balletto Nobilissima Visione del 1938 ispirato dagli affreschi di Giotto a Santa Croce a Firenze sulla vita di san Francesco.
Sono due lavori profondamente differenti in stile e consentono di cogliere il percorso musicale e spirituale del compositore. Nobilissima Visione , di cui a Ravenna è stata presentata la suite , è d’impianto barocco (in un momento in cui era di moda il ritorno alle strutture formali classiche); Sancta Susanna è invece marcatamente espressionista. Muti, sul podio dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, ha sottolineato differenze e continuità di lessico musicale di Hindemith dal tormentato espressionismo alla ricerca di un 'oggettivismo' caratterizzato da una serenità sempre più astratta. Nel dirigere le due partiture, specialmente Nobilissima Visione , Muti ha un braccio molto più largo e tempi più riflessivi di quelli a cui ci ha abituato vedendolo concertare Verdi, Rossini e la 'scuola napoletana'.
Il dittico apre con il balletto su san Francesco (Alessio Rezza): cinque 'stanze' dalle nozze spirituali con santa Chiara (Gaia Straccamore) al
Cantico delle Creature. La coreografia di Micha van Hoecke, lo scarno allestimento scenico di Carlo Savi e i costumi di Anna Biagiotti puntano sull’itinerario spirituale sino alla Passacaglia del Cantico finale. È la prima italiana del lavoro in forma scenica. Molto interessante la regia di Sancta Susanna affidata a Chiara Muti. Il lavoro, considerato «scandaloso» (dato l’ambiguo libretto di August Stramm), è stato presentato in Italia due volte (alla fine degli anni ’70 a Roma con regia di Giorgio Pressburger e nel 2006 alla Scala con regia di Giancarlo Cobelli e Patrizia Frini) con allestimenti che ne enfatizzavano i lati scabrosi. Chiara Muti, invece, pone l’accento sulle difficoltà psicologiche della clausura e sulla ricerca del perdono (e della punizione) dopo il peccato. Mostra, quindi, il nesso con
Marienleben, il ciclo vocale su liriche di Rilke dedicato alla vita della Vergine, composto da Hindemith nel 1922, quasi a volere dare un’interpretazione corretta, e non morbosa, del suo lavoro precedente. Di livello le due protagoniste (Csilla Boross e Brigitta Pinter). Muti valorizza il mi bemolle minore (tonalità marcatamente spirituale) con cui, dopo tante dissonanze, si chiude l’opera.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Le regia di Chiara ribalta i cliché che accompagnano l’atto unico «Sancta Susanna», accostato dal maestro al balletto «Nobilissima visione» sulla vita di san Francesco
Nessun commento:
Posta un commento