domenica 15 luglio 2012

Ecco perché le agenzie mordono e resistono in Avvenire 15 luglio


rating nel mirino

Ecco perché le agenzie mordono e resistono


DI GIUSEPPE PENNISI

S ono finite nel mirino, ma ai piani alti delle tre a­genzie, nessuno sembra particolarmente nervo­so. Perché le «tre sorelle del rating» sanno che ven­gono da lontano e hanno resistito a tempeste ben più forti. Secondo lo storico dell’economia Richard Sylla, sono nate nei Paesi Bassi nel Seicento, in parallelo con lo sviluppo di imprese dedicate a operare in mercati lontani e finanziate principalmente con l’emissione di obbligazioni (come la Compagnia delle Indie). Nel 1817 il Re di Prussia si rivolse a Nathan Rothschild perché si ponessero le basi di una struttura del genere nel Regno, considerata essenziale per lo sviluppo di un mercato obbligazionario – e quindi finanziario – in un contesto dove l’aristocrazia era essenzialmente terriera e non e­sisteva borghesia. Dall’inizio dell’Ottocento alla Guer­ra di Secessione, gli Stati americani fecero a gara nell’e­mettere titoli di debito sovrano. La prima agenzia di ra­ting in senso moderno venne creata da John Moody nel 1910 proprio in quanto i titoli in circolazione erano ta­li e tanti che operatori grandi e piccoli, compresi i pic­coli risparmiatori, avevano bisogno di una bussola per orientarsi.

L’idea vincente di John Moody (e del suo «servizio agli investitori») fu quella di te­nere conto non solo di a­spetti tecnico-finanziari, ma anche e soprattutto del «ri­schio politico» come deter­minante della solvibilità. I sovrani europei, del resto, a­vevano la brutta abitudine di non pagare i propri debi­ti; se le Repubbliche che componevano gli Usa ne a­vessero seguito l’esempio, non sarebbe mai esistito, in Nord America, un mercato dei capitali funzionante.

Questa premessa storica è essenziale perché, nell’im­maginario comune, le agenzie lavorano con complica­ti algoritmi e astrusi grafici. Indubbiamente, analisi sta­tistiche complesse non mancano, ma una percentuale importante dei dipendenti delle agenzie sono analisti politici con studi in Scienze politiche.

Cercando quindi di interpretare in questa prospettiva le motivazioni addotte da Moody’s per tagliare di due gradini il giudizio sulla solvibilità dell’Italia, pare esse­re risultato importante per gli analisti la previsione di una forte recessione nel 2012 e, quindi, l’aumento del peso del debito sul Pil. Ancora più importante, però, a­gli occhi dell’agenzia Usa, il mancato accordo su una leg­ge elettorale in grado di assicurare sia rappresentatività sia governabilità dopo le elezioni della prossima pri­mavera. Un’eventuale situazione di stallo, se non di caos, renderebbe ancora più difficile l’uscita dalla recessio­ne. Con un debito pubblico che (incluso il debito com­merciale) sfiora il 140% del Pil, aumenterebbe il rischio solvibilità. E in questo contesto le voci di misure straor­dinarie taglia-debito, di aumento forzoso delle scaden­ze, di prestiti ugualmente forzosi – nell’ottica di Moody’s – non agevolano certo a dormire tranquilli.

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Hanno radici lontane, nei Paesi Bassi del Seicento, e hanno contribuito alla nascita e allo sviluppo dei mercati finanziari

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