LIRICA, LA GRANDE MUSICA È DI
SCENA A MONACO DI BAVIERA
Edizione
completa
Monaco di
Baviera - La
Bayerische Staatsoper (opera di Stato della Baviera) è uno dei teatri più
“ricchi” del mondo grazie all’importanza che ha sempre alla musica il Governo
della Baviera ed ai contributi di imprese e cittadini alla fondazione che
gestisce la lirica. Ha un festival di cinque settimane che ricorda quello
“delle notti bianche” di San Pietroburgo; non presenta novità – spesso la
caratteristica di manifestazioni di questa natura - ma ripropone gli spettacoli
che hanno avuto maggior successo di pubblico e di critica. E’ molto differente,
quindi, da quello del Tirolo: cast di fama internazionale, grandi allestimenti,
prezzi alle stelle (con sconti per alcune categorie). La Bayerische Staatsoper
ha tre sale: l’ottocentesco il National Theater (dove ebbero la prima mondiale
Tristano e Isotta e i Maestri Cantori di Wagner) con 2100 posti, il rococò
Cuvillés Theater (dove ebbe la prima Idomeneo di Mozart) con 500 posti ed il
Prinzregent Theater (costruito nel 1900 ad immagine e somiglianza del teatro
wagneriano di Bayreuth) con 1950 posti. In Italia un’iniziativa analoga
potrebbe essere presa unicamente dal Teatro alla Scala che dispone delle
risorse tecniche necessarie. La Scala, però, presenta 15-18 titoli l’anno al
massimo rispetto ai 60 della Bayerische Staatsoper.
Dal 23 al 25 luglio, il vostro “chroniquer” ha visitato i tre teatri, assistendo a due opere ed ad concerto da camera. Soffermiamoci sulle prime due. Les Contes de Hoffmann (vista ed ascoltata al National Theater ) è il capolavoro di Jacques Offenbach. E’ un apologo: la vicenda di Hoffmann (pittore, poeta scrittore e musicista della Prussia della prima metà dell’Ottocento), delle sue quattro donne, della musa/ispiratrice di lui innamorata e del mefistofelico deuteragonista (che lo sconfigge ad ogni occasione) viene frequentemente letta come quello dell’incapacità di relazioni vere e di una vita trascorsa in rapporti interinali inconcludenti. Nell’edizione in scena a Monaco (una coproduzione con l’English National Opera di Londra), Richard Jones porta l’azione in un’epoca imprecisata della prima metà del Novecento. Hoffmann corteggia Stella , soprano di successo, ma mentre lei è impegnata nel “Don Giovanni”, si ubriaca di birra nella taverna accanto al teatro e si ricorda delle sue donne precedente: Olimpia- la amò alla follia per accorgersi che era un automa; Antonia, ammalatissima tanto che l’amore la fa perire; Giulietta, affascinante ma essenzialmente una prostituta che vive in un mondo di malaffare. Ciascuna delle tre (pure la bambola) lo tradisce. E al termine del “Don Giovanni”, Stella da un’occhiataccia all’ubriaco e se ne va con un signore elegante. Belle le scene di Giles Cadle ed i costumi di Buki Shiff. Rolando Villazón è il vero mattatore della serata: canta, danza e salta da una parte all’altra del palcoscenico. Un po’ stanco all’inizio della terza parte si è ripreso nel duello con Giulietta. Di grande livello, Angela Brower , il suo allievo e, al tempo stesso, sua musa. Brenda Rae (Olimpia) affascina con i suoi vocalizzi, Olga Mykytenko (Antonia) è un soprano drammatico di livello, Anna Virovlansky è una Giulietta tenerissima (nonostante la professione). John Relyea interpreta i quattro rivali che hanno sempre la meglio sul povero Hoffmann. Grande successo, resterà a lungo in cartellone a Monaco e a Londra.
La vera sorpresa è Mitridate Rè di Ponto composta da Wolfgang Amadeus Mozart, allora appena quattordicenne, su commissione del Teatro Ducale di Milano. Presentata il 26 dicembre 1770, ad inaugurazione della stagione. Mitridate viene eseguito raramente: ne ricordo un’esecuzione in forma di concerto a Roma diversi anni fa da parte dell’orchestra della Rai; ci sono state altre esecuzioni in forma di concerto in occasioni delle celebrazioni mozartiane del 2006 (una a Sondrio) quando per due sere è stato ripreso un magniloquente allestimento di Jean – Pierre Ponnelle del 1987 (peraltro molto tagliato) al Teatro Olimpico di Vicenza. I 1900 posti del Prinzregent Theater erano esauriti e , per circa un terzo, riempiti da giovani. Il lavoro viene dato integralmente (senza intermezzi e balletti): quasi quattro ore con solamente un breve intervallo. In altra sede ne abbiamo commentato gli aspetti musicali, ma la chiave del successo è nella drammaturgia di David Bösch e Rainer Karlitscheck , nelle scene di Patrick Bannwart, nei costumi di Falko Herold.
Senza cambiare una parola del libretto, la vicenda diventa il dramma di una famiglia plurima dei nostri giorni: il padre (già due volte vedovo) vuole sposare una donna giovane (che ha però da tempo una relazione affettiva con il figlio di secondo letto). Il figlio di primo letto, invaghitosi della bella fidanzata di papà, vuole sedurla. Tutti vestono abiti d’oggi; le navi (il Ponto si affaccia sul Mar Nero) sono gommoni; i ragazzi fumano spinelli, non mancano momenti abbastanza espliciti (ad esempio, quando Farnace vuole forzare Aspasia a fare sesso con lui). E via discorrendo. Il complesso intreccio è anche visto con una punta di ironia; cartoni animati mostrano, sul fondo scena , il giovane Mozart che ha difficoltà con la trama ma va avanti lo stesso imperterrito, componendo il lavoro in poche settimane. Curata la parte musicale: in buca, Mark Wiggleesworth dirige un ensemble con strumenti i più prossimi possibili a quelli d’epoca. Un cast internazionale assicura sette grandi voci in un lavoro in cui il canto è (quasi) tutto. Eccezionale il controtenore Lawrence Zazzo. Di ottimo livello, Barry Banks, Anja-Nina Barmann, Tara Erraught, Lisette Oropesa, Taylor Stayton e Eri Nakamura. (ilVelino/AGV)
Dal 23 al 25 luglio, il vostro “chroniquer” ha visitato i tre teatri, assistendo a due opere ed ad concerto da camera. Soffermiamoci sulle prime due. Les Contes de Hoffmann (vista ed ascoltata al National Theater ) è il capolavoro di Jacques Offenbach. E’ un apologo: la vicenda di Hoffmann (pittore, poeta scrittore e musicista della Prussia della prima metà dell’Ottocento), delle sue quattro donne, della musa/ispiratrice di lui innamorata e del mefistofelico deuteragonista (che lo sconfigge ad ogni occasione) viene frequentemente letta come quello dell’incapacità di relazioni vere e di una vita trascorsa in rapporti interinali inconcludenti. Nell’edizione in scena a Monaco (una coproduzione con l’English National Opera di Londra), Richard Jones porta l’azione in un’epoca imprecisata della prima metà del Novecento. Hoffmann corteggia Stella , soprano di successo, ma mentre lei è impegnata nel “Don Giovanni”, si ubriaca di birra nella taverna accanto al teatro e si ricorda delle sue donne precedente: Olimpia- la amò alla follia per accorgersi che era un automa; Antonia, ammalatissima tanto che l’amore la fa perire; Giulietta, affascinante ma essenzialmente una prostituta che vive in un mondo di malaffare. Ciascuna delle tre (pure la bambola) lo tradisce. E al termine del “Don Giovanni”, Stella da un’occhiataccia all’ubriaco e se ne va con un signore elegante. Belle le scene di Giles Cadle ed i costumi di Buki Shiff. Rolando Villazón è il vero mattatore della serata: canta, danza e salta da una parte all’altra del palcoscenico. Un po’ stanco all’inizio della terza parte si è ripreso nel duello con Giulietta. Di grande livello, Angela Brower , il suo allievo e, al tempo stesso, sua musa. Brenda Rae (Olimpia) affascina con i suoi vocalizzi, Olga Mykytenko (Antonia) è un soprano drammatico di livello, Anna Virovlansky è una Giulietta tenerissima (nonostante la professione). John Relyea interpreta i quattro rivali che hanno sempre la meglio sul povero Hoffmann. Grande successo, resterà a lungo in cartellone a Monaco e a Londra.
La vera sorpresa è Mitridate Rè di Ponto composta da Wolfgang Amadeus Mozart, allora appena quattordicenne, su commissione del Teatro Ducale di Milano. Presentata il 26 dicembre 1770, ad inaugurazione della stagione. Mitridate viene eseguito raramente: ne ricordo un’esecuzione in forma di concerto a Roma diversi anni fa da parte dell’orchestra della Rai; ci sono state altre esecuzioni in forma di concerto in occasioni delle celebrazioni mozartiane del 2006 (una a Sondrio) quando per due sere è stato ripreso un magniloquente allestimento di Jean – Pierre Ponnelle del 1987 (peraltro molto tagliato) al Teatro Olimpico di Vicenza. I 1900 posti del Prinzregent Theater erano esauriti e , per circa un terzo, riempiti da giovani. Il lavoro viene dato integralmente (senza intermezzi e balletti): quasi quattro ore con solamente un breve intervallo. In altra sede ne abbiamo commentato gli aspetti musicali, ma la chiave del successo è nella drammaturgia di David Bösch e Rainer Karlitscheck , nelle scene di Patrick Bannwart, nei costumi di Falko Herold.
Senza cambiare una parola del libretto, la vicenda diventa il dramma di una famiglia plurima dei nostri giorni: il padre (già due volte vedovo) vuole sposare una donna giovane (che ha però da tempo una relazione affettiva con il figlio di secondo letto). Il figlio di primo letto, invaghitosi della bella fidanzata di papà, vuole sedurla. Tutti vestono abiti d’oggi; le navi (il Ponto si affaccia sul Mar Nero) sono gommoni; i ragazzi fumano spinelli, non mancano momenti abbastanza espliciti (ad esempio, quando Farnace vuole forzare Aspasia a fare sesso con lui). E via discorrendo. Il complesso intreccio è anche visto con una punta di ironia; cartoni animati mostrano, sul fondo scena , il giovane Mozart che ha difficoltà con la trama ma va avanti lo stesso imperterrito, componendo il lavoro in poche settimane. Curata la parte musicale: in buca, Mark Wiggleesworth dirige un ensemble con strumenti i più prossimi possibili a quelli d’epoca. Un cast internazionale assicura sette grandi voci in un lavoro in cui il canto è (quasi) tutto. Eccezionale il controtenore Lawrence Zazzo. Di ottimo livello, Barry Banks, Anja-Nina Barmann, Tara Erraught, Lisette Oropesa, Taylor Stayton e Eri Nakamura. (ilVelino/AGV)
(Hans Sachs)
30 Luglio 2012 10:11
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