LA LUNGA NOTTE DELL’EURO
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Roma - Alla fine delle lunghe notti
di Bruxelles non sempre sorge il sole. Difficile capire perché, all’alba del 29
giugno, molti si siano affrettati a sturare champagne ed alcuni a cantar
vittoria. In effetti, si era giunti ad un’intesa per calmierare spread ed
andare verso una non meglio definita “unione bancaria”. Un’intesa da fare
salvare la faccia un po’ a tutti - anche al Cancelliere Angela Merkel – senza
però dare alcuna risposta al problema di fondo dell’eurozona: la differenza dei
tassi di produttività e di competitività, uno degli elementi di fondo della
crisi del debito sovrano (e non sovrano) dei PIIGS (Portogallo, Irlanda,
Italia, Grecia, Spagna). La “lunga notte dell’euro” è iniziata proprio all’alba
del 29 giugno. È difficile pensare che i nodi di fondo verranno risolti con la
riunione dei ministri dell’Economia e delle Finanze del 9-10 luglio. In quella
sede si riuscirà, nell’ipotesi più ottimistica, a dare contenuti e forma ad
un’intesa che - basta leggere la dichiarazione finale al termine del Consiglio
Europeo – per ora è poco più di un’affermazione di princìpi.
Senza dubbio, se non si fosse neanche arrivati all’intesa, l’unione monetaria avrebbe corso il rischio di finire nel caos con un’insolvenza, da parte dei PIIGS che, secondo stime del Peterson Institute of International Economics, avrebbe potuto raggiungere i 1.400 miliardi di euro mettendo a rischio i mercati finanziari mondiali e la crescita anche di Paesi distinti e distanti dall’eurozona.
La stessa intesa, per quanto si possa comprendere, è non solo vaga ma anche piena di contraddizioni e trabocchetti. Difficile, ad esempio, capire perché i PIIGS, specialmente Italia e Spagna, esultino all’aver ottenuto che i prestiti dai fondi Salva Stati per calmierare gli spread non debbano essere considerati “privilegiati” come quelli concessi da Fondo monetario, Banca centrale europea, Banca mondiale e Banche regionali di sviluppo. Questo aspetto dell’intesa potrebbe essere letto dai mercati come una dichiarazione di impotenza e come un rischio concreto di insolvenza, facendo quindi aumentare gli spread ogni volta che scattano interventi per calmierarli. Se ciò avviene meglio non prendersela con gli “gnomi di Zurigo”, come usava fare Nixon.
In attesa di poter disporre di un testo completo che si dovrà presentare a Parlamenti e opinioni pubbliche, occorre sottolineare un aspetto importante. Con l’intesa si è scardinato il Trattato di Maastricht. È difficile che l’accordo che ne dovrebbe risultare il 9-10 luglio (o molto più verosimilmente qualche settimana più tardi) possa essere considerato una mera misura amministrativa, una “cooperazione rafforzata”, da non sottomettere a ratifica dei Parlamenti dei 17 Stati dell’eurozona, ed in alcuni di essi a referendum - processo lungo mesi e tale da fare fibrillare i mercati. Un giudice costituzionale tedesco ha già detto che il Parlamento di Berlino dovrà esprimersi con una maggioranza di due terzi. La Cancelleria sulla riva della Sprea, e gli Stati ad essa più vicini, hanno quindi una pistola puntata alla tempia di chi brindava la mattina del 29 giugno.
Cominciano a chiedersi in molti se il gioco vale la candela. La rubrica “Charlemagne” del settimanale “The Economist” di questa settimana compara l’eurozona ad un poveraccio sul tavolo delle tortura: il dilemma è se confesserà colpe e complici (per tentare di rimettere in sesto il marchingegno) o se morirà durante le torture. Più elegantemente Hal S. Scott dell’Università di Harvard ha appena pubblicato un dotto saggio giuridico (Harvard Public Law Working Paper n. 12-16) in cui si esamina come Grecia ed Italia possano uscire in modo ordinato dalla moneta unica e recuperare competitività. In parallelo, due economisti polacchi (Ernest Pytlarczyk e Stefan Kawalec) giungono nel CASE Network Research and Analyses N. 441) a conclusioni analoghe: un programma ben modulato per smantellare l’euro, non iniezioni per tentare di prolungare le sofferenze di tutti. Posizioni forse estreme ma su cui vale la pena meditare. Non celarle. (ilVelino/AGV)
(Giuseppe Pennisi) 02 Luglio 2012 12:56
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