mercoledì 11 marzo 2009

UN NUOVO DISEGNO ECONOMICO CONTRO I VOLTI SCURI DELL’INCERTEZZA , Avvenire 11 marzo

La Commissione Europea stima che l’Ue non vedrà segni di ripresa prima del 2010: entro la fine dell’anno prossimo nell’area, coloro che cercano lavoro senza trovarlo saranno passati da 20 a 25 milioni. Ancora più fosche le previsioni diramate dai 20 maggiori istituti econometrici internazionali: nel 2010 gli Usa potrebbero essere fuori dalla crisi (con un tasso di crescita quasi del 2% del pil) ma nell’unione monetaria si farebbe fatica a raggiungere un aumento complessivo del reddito dello 0,5%- grazie ad una ripresa che inizierebbe nell’autunno dell’anno prossimo. Fosco il quadro del documento della Banca mondiale per il G20: nel 2009 si registrerà (per la prima volta dal 1945) una contrazione del pil mondiale che potrebbe trascinarsi nel 2010, colpendo pesantemente i continenti più poveri e più fragili.
Da circa due anni, le autorità monetarie dei maggiori Paesi seguono politiche espansionistiche. Strategie analoghe sono state adottate nelle politiche di bilancio: nell’unione monetaria, il “patto di stabilità” è in pratica sospeso per i Paesi sui cui conti pubblici non grava il fardello di uno stock di debito superiore al pil (come in Italia); la nuova Amministrazione Usa ha proposto un bilancio in cui il disavanzo passa dal 3-4% del pil degli ultimi cinque esercizi ad oltre il 12%. Nelle condizioni attuali, una politica economica espansionista è verosimilmente essenziale (sempre che si sappia controllare il germe di una futura ondata d’inflazione). Non è, però, sufficiente se – come avvertì John Maynard Keynes in un passaggio spesso dimenticato dei suoi scritti – all’origine della crisi la caduta della domanda globale è il frutto delle “dark faces of uncertainties” (“i volti scuri dell’incertezza”). Il crollo della fiducia – specialmente, ma non solo, tra intermediari finanziari- indice a pensare questa diagnosi sia corretta.
Il nodo è non soltanto fornire liquidità per alimentare produzione, consumi e investimenti quanto rimuovere l’incertezza. In questo senso, si devono leggere gli appelli di Capi di Governo (in numerosi Paesi) a sottolineare a individui, a famiglie ed ad imprese i segnali (pure tremuli) di luce alla fine del tunnel (ad esempio, il fatto che un’impresa come l’Eurotunnel, spesso considerata sull’orlo del fallimento, distribuisca dividendi per la prima volta dalla sua costituzione nel 1987). Si sono aggiunti, negli ultimi giorni, pure inviti alla fiducia da parte di banchieri centrali come Ben Bernanke e Jean-Claude Trichet che lunedì ha sorpreso un po’ tutti parlando di “primi segnali di ripresa”. Sono prese di posizione ed atteggiamenti utili, ma non risolutivi se non accompagnati da misure economiche ispirate alla visione che dalla crisi uscirà un mondo con più ferme certezze. Non solamente, sotto profili tecnici quali quelli della regolazione finanziaria ma soprattutto nei rapporti tra individui, famiglie, imprese e amministrazioni pubbliche. Una delle chiavi, se non quella principale, per uscire dalla crisi sta proprio in questo “diverso disegno” dell’economia: meno speculativa, più legata alla produzione , ai bisogni concreti delle persone, in definitiva al bene comune. In questo quadro, gli economisti d’ispirazione cattolica dovrebbe avere un ruolo non secondario nel formulare proposte puntuali e mettere in pratica la loro preparazione e ispirazione basata sulle fondamenta di roccia di valori “certi”.

Nessun commento: