martedì 24 marzo 2009

PICCOLE E MEDIE IMPRESE: ORA TOCCA PEDALARE FFwegmagazine 24 marzo

Prendendo a prestito un vecchio proverbio milanese, si può dire che ora che il Fondo di garanzia per le PMI è stato dotato di uno stanziamento che gli stessi interessati considerano, alla luce delle difficoltà internazionali e nazionali, adeguato, la bicicletta (ossia il Fondo medesimo) deve essere pedalato nella direzione appropriata.
Quale è tale direzione? In passato, strumenti analoghi sono stati appesantiti dalla molteplicità degli obiettivi e dalla scarsa chiarezza tra le loro priorità. Senza dubbio, pure adesso gli obiettivi del Fondo sono molteplici (occupazione, potenziali situazioni di crisi a livello locale), ma le priorità per i singoli programmi e progetti devono essere poste alla luce di un obiettivo principe: l’export di merci e servizi ad alto contenuto tecnologico – il volano più importante, ove non l’unico, per un Paese, come l’Italia, di medie dimensioni , privo di materie prime e che può e deve contare essenzialmente sulla sua capacità d’innovazione per la propria crescita, il proprio sviluppo ed il miglioramento della distribuzione del reddito. Gli ultimi dati Istat (pubblicati il 19 marzo) dipingono un quadro preoccupante: in gennaio 2009 ( rispetto al gennaio 2008) l’export del Paese è diminuito del 25,8% e l’import del 24,1% . L’aspetto più importante non è il saldo commerciale negativo (sottolineato dai maggiori quotidiani economici) ma il segno che è cominciato un processo di deglobalizzazione , molto minaccioso per l’Italia in generale . L’ultimo rapporto ICE- Prometeia , diffuso a metà febbraio, è chiarissimo: il 2009-2010 saranno anni duri per l’export italiano e lo saranno anche successivi se il “made in Italy” non entra in nuovi mercati e non amplia il proprio spazio in quelli dove è già presente puntando non solo sui comparti tradizionali ma anche e soprattutto su quelli innovativi.

A riguardo è interessante riprendere in mano il “Piano Nazionale per l’Innovazione, la Crescita e l’Occupazione” (il PICO, nel gergo comunitario) presentato dall’Italia alla Commissione nell’ottobre 2005 ed allora poco notato anche in quanto stava iniziando la campagna elettorale. Il PICO (che dovrebbe essere aggiornato al più presto) ha le sue radici sono nella “strategia di Lisbona” (dal nome della città dove nel marzo 2000 venne tenuta una sessione straordinaria del Consiglio Europeo dei Capi e di Governo dell’Ue), mirata a fare diventare entro il 2010 l’Europa l’area più dinamica dell’economia internazionale tramite politiche economiche a medio e lungo termine mirate al capitale umano ed alla trasformazione del tessuto produttivo. In breve la politica di crescita che avrebbe dovuto equilibrare (o meglio ancora controbilanciare) le politiche della moneta e di bilancio iscritte nel Trattato di Maastricht, prima, e nel “patto di stabilità”, poi – ambedue restrittive. Frutto di ampie consultazioni con le autonomie locali e con le categorie, il PICO partiva dalla constatazione (ancora attualissima) che l’Italia presenta una preponderanza di imprese di piccole e medie dimensioni . Una categoria (principalmente a conduzione familiare) è vulnerabile alla competizione di prezzo, specialmente dai Paesi a bassi salari e bassa tutela sociale. Un’altra (il “made in Italy” di alta qualità) è vulnerabile alle contraffazioni. Sono, inoltre, presenti dualismi territoriali e settoriali accentuati. Infine, il Paese è caratterizzato da modi di soddisfazione delle esigenze di solidarietà tali da incidere sui bilanci delle pubbliche e delle imprese , già peraltro gravate da eccessiva regolamentazione.
Il PICO si articolava in due vaste tipologie di strumenti da attivare: provvedimenti a carattere generale i progetti specifici. I primi riguardavano : liberalizzazioni, segnatamente nei settori dei servizi; miglioramento delle prestazioni della pubblica amministrazione; creazione di un contesto normativo favorevole agli investimenti; valorizzazione della piccola e media impresa allo scopo di accrescere l’utilizzazione da parte loro delle tecnologie digitali, piena valorizzazione del capitale umano, creazione o completamento di reti infrastrutturali, un’incisiva attuazione della politica di seconda europea. I secondi concernevono : a) il completamento del progetto Galileo per una rete satellitare europea; b) la partecipazione ai progetti europei Egnos e Sesame per la gestione del traffico aereo; c) la realizzazione di piattaforme informatiche per la tutela della salute, lo sviluppo del turismo, l’infomobilità, la gestione delle banche dati pubbliche e territoriali; d) l’attuazione di 12 programmi strategici di ricerca nei settori della salute, farmaceutico e bio-medicale, dei sistemi di manifattura, della motoristica, della cantieristica navale e aeronautica, della ceramica, delle telecomunicazioni, dell’agroalimentare, dei trasporti e della logistica avanzata, dell’ ICT e componentistica elettronica e della microgenerazione energetica; e) la creazione di 12 laboratori di collaborazione pubblico-privata per lo sviluppo della ricerca nel Mezzogiorno nei settori della diagnostica medica, dell’energia solare, dei sistemi avanzati di produzione, dell’e-business, delle bio-tecnologie, della genomica, dei materiali per usi elettronici, della bioinformatica applicata alla genomica, dei nuovi materiali per la mobilità, dell'efficacia dei farmaci, dell’open source del software, dell’analisi della crosta terrestre; f) lo sviluppo di 24 distretti tecnologici, che estendono l’esperienza dei distretti industriali italiani a settori ad alto contenuto tecnologico e potenziale innovativo; g) l’ampliamento e l’uso razionale delle infrastrutture nel settore energetico e idrico; h) settori di rilevanza strategica aventi ricadute tecnologiche nei processi produttivi e nel benessere dei cittadini e in condizione di garantire una migliore tutela ambientale, con particolare attenzione alle fonti energetiche alternative.
Il PICO non era un Piano “chiuso”. Oltre a considerare ciò che già è stato fatto in attuazione della strategia di Lisbona, il PICO accoglieva provvedimenti e progetti di pronta attuazione, che incidono una tantum sulla spesa pubblica e sono capaci di attrarre risorse private, ma restava “aperto” ad accogliere nuovi contributi provenienti delle capacità progettuali del sistema economico e politico italiano ed europeo, anche perché il meccanismo di nuovi finanziamenti pubblici è basato sul gettito derivante dalla cessione di attività reali di proprietà dello Stato, secondo una logica di gestione patrimoniale (asset management), e trova attuazione nelle scelte che su queste disponiblità verranno effettuate dal CIPE. Il Fondo di garanzia – ma forse pochi ne hanno piena consapevolezza – deve essere visto come uno strumento importante per dare corpo agli obiettivo del PICO (ed uno sprone operativo per aggiornarlo alla situazione internazionale e nazionale attuale).
Tanto più che si pone quasi immediatamente il nodo della gestione del Fondo di garanzia: se estendere la convenzione esistente con il Mediocredito Centrale (che scade in settembre) od avviare una gara tra gestori. Non è uno nodo di facile e pronta soluzione perché ciascuna delle due ipotesi ha vantaggi e svantaggi da ponderare con curare. Sapere con chiarezza come e dove pedalare la bicicletta può essere anche utile a definire tempestivamente questo aspetto.

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