sabato 7 marzo 2009

IL PAESE NON PUO' PERMETTERSI TAGLI AL CREDITO ALL'EXPORT Il Tempo 8 marzo

La crescita italiana è stata per decenni trainata dalle esportazioni. Lo insegnano libri di testo divenuti ormai classici nelle aule universitarie (ad esempio, “Lo sviluppo dell’economia italiana” di Augusto Graziani). Lo confermano analisi econometriche recenti (come quella di Mario Baldassarri e di Pasquale Capretta in “The World Economy Towards Global Disequilibrium”). Lo hanno ribadito le previsioni 2008-2012 della divisione analisi dei mercati internazionali della SACE. Sino ad ora, non sappiamo quali saranno gli effetti di medio termine della crisi finanziaria ed economica in corso sul nostro export, ma le stesse previsioni SACE suggerisco che ci saranno difficoltà a mantenere il buon andamento registrato nel recente passato.
Infatti, a livello internazionale, il commercio mondiale esporrà, secondo le stime del Fondo Monetario, una contrazione del 3% circa nel 2009 e potrebbe ricominciare a crescere lentamente nel 2010. L’interscambio è preso in una morsa, di cui solamente una delle due componenti è nota e viene diffusamente discussa sugli organi d’informazione: la contrazione dei consumi, e delle importazioni, che ormai riguarda tutto il mondo (specialmente l’area asiatica dove negli ultimi anni si sono rivolti, con entusiasmo, nonché traendone soddisfazione, le nostre imprese maggiormente orientate all’esportazione). C’è, però, un altro elemento della tenaglia: le restrizioni creditizie che cominciano a riguardare non soltanto il credito alle imprese in generale ma anche un comparto di solito considerato (dalle banche) come privo di rischio: il credito all’export. Il problema sta diventando globale. Ad esempio, la US Import-Export Bank (per decenni primaria fonte di finanziamento all’export di made in Usa) nel 2008 ha esteso solo due linee di credito: per la vendita di elicotteri al Brasile e per uno schema di elettrificazione rurale in Ghana- in gennaio due soli prestiti per l’acquisto di Boeing da parte di Dubai e del Marocco. Constate le restrizioni poste dalle banche, in Francia è stato creato un ente apposito per finanziarie l’export di Airbus. Il Giappone e la Banca mondiale hanno messo a punto un programma comune per il credito all’export verso i Paesi in via di sviluppo. Giulio Tremonti ha appena ricordato che “Il credito per l'economia è un po' come l'aria per le persone: ti accorgi quanto è importante quando viene a mancare. Il credito non è una variabile indipendente dal pil. Se il pil scende, scende la domanda del credito. Ma non è naturale che, con una discesa del pil, scenda l'offerta del credito". Il riferimento è stato inteso da molti come diretto al credito interno per lo sviluppo delle imprese. Riguarda, penso, anche l’export – determinante cruciale per il nostro futuro. Mancano dati precisi e soprattutto completi sull’andamento del credito all’esportazione alle imprese italiane; appena disponibili, sarà interessante studiante. Potrebbe essere utile che aziende, in difficoltà su questo fronte, lo rendano noto.

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