Perché tornare su “La Salustia” di Pergolesi data in prima mondiale a Jesi il 5 settembre e tra breve in una tournée Oltralpe? “Il Velino” ha parlato dell’opera e del Festival Pergolesi Spontini un paio di settimane fa, prima che il vostro “chroniqueur” vedesse ed ascoltasse l’opera (di cui non esiste alcuna registrazione). Si torna sul tema, dopo aver gustato il lungo lavoro in una caldissima notte marchigiana, per due motivi: da un lato, indicativo del basso livello culturale imperante alla Rai; b) da un altro, l’allestimento scenico ha destato interessanti polemiche sulla stampa specializzata e sui blog di melomani.
Veniamo al primo punto. “La Salustia” (coprodotta con l’Opéra National de Montpellier e con Radio France), nasce come intrapresa in gran parte italiana: italiani sono cinque dei sei cantanti, italianissimo il complesso la Cappella della Pietà dei Turchini guidato da Antonio Florio. Regia, scene e costumi (Jean-Paul Scarpitta, Silver Sentimenti) e i danzatori-mimi sono francesi. Oltre che a Jesi e nel Languedoc-Roussillon si vedrà a Parigi (Opéra Comique) ed un circuito d’Oltralpe, nonché la prossima estate al festival mondiale di opera barocca a Beaune in Borgogna. Radio France in quanto co-produttore ha dedicato alla lunga opera (circa quattro ore di spettacolo, intervalli compresi) un’intera serata nel canale televisivo dedicato alla cultura. Assordante il silenzio della Rai, sempre pronta a riempirci di veline e quiz oppure di talk show politici fortemente orientati a sinistra. A ragione della disattenzione della Rai, che siamo costretti a sostenere con il canone, il lavoro avrà una circolazione modesta in Italia. Forse se ne avrà un’esecuzione in forma di concerto a Napoli. Perché nessun circuito italiano, o , nella sala più piccola (quella del Nazionale) l’Opera di Roma, non lo hanno incluso nelle stagioni 2009-2010? Non ha la Rai il compito di diffondere la cultura? E non è la proposizione dell’opera prima di Pergolesi un evento culturale? Per quale altro motivo, sono accorsi nelle Marche critici, anche giunti dalla Gran Bretagna (ad esempio per la più importante rivista mondiale del settore “Opera Now”) e della Germania (il titolare della pagina musicale della Frankfurter Allgemeine Zeitung)?.
Ricordiamo che "Salustia" con cui Pergolesi esordisce al Teatro di San Bartolomeo avrebbe dovuto lanciarlo sulla scena teatrale, ma non fu il successo sperato anche perché, venuto a mancare, alla vigilia della prima rappresentazione, il cantante per cui era stata scritta (il Nicolino), dovette essere riscritta per più giovane , e meno abile, (Giocacchino Conti). In effetti – è un caso di studio di management che dovrebbe essere utilizzato a Harvard ed alla Bocconi – morto il Nicolino a pochi giorni dal debutto dell’opera – Pergolesi dovette riscriverne la parte vocale, anche cambiando la vocalità dei singoli ruoli, in base ai cantanti disponibili. Quella che si è ascoltata a Jesi è una “prima assoluta” poiché viene eseguita la scrittura vocale originaria del lavoro. “La Salustia” segue i canoni dell’”opera seria”: passioni smisurate, calunnie, pure combattimenti con le fiere, ed immancabile lieto fine.
Perfetta l’esecuzione musicale e vocale – Florio è uno specialista di questo repertorio. In un dramma ambientato nella Roma antica su intrighi di potere e d’amore, Scarpitta ha creato uno spettacolo serrato e pieno di tensione (pur se, come è tradizione dell’”opera seria”, vi è poca azione scenica). Bastano pochi accenni di scene dipinte, e molta acqua (per il terzo atto ambientato in gran misura alle terme), per dare vita ad una Roma al tempo stesso primitiva e lasciva (dove il tradimento politico è prassi). Ne ha fatto un dramma proto-femminista: tra Salustia (giovane sposa dell’imperatore) che ama senza misura (il marito Alessandro, il padre Marziano) e Giulia (madre dell’imperatore, assettata di potere) . L’altra coppia, Albina ed il bisessuale Claudio (il solo tenore in una scrittura per soprani, mezzo e castrati) diventano pedine dell’ingranaggio che, dopo una scena di lotta tra Marziano, dato per punizione alle fiere, ed un leone, ha il “lieto fine” (con inno alla pace) di prammatica nell’”opera seria”.
Alcuni critici non hanno apprezzato la carica erotica (anche bisessuale) di cui è impregnata la regia, specialmente la prima parte del terzo atto dove si complotta per il potere alle terme e, quindi, sotto la doccia (mentre ci si accarezza e non solo). Il revisore critico, Dale Monson, ed il regista, Jean-Paul Scapitta, rilevano che nella Roma antica la bisessualità era prassi e l’eros si intrecciava alla politica, specialmente quando l’Imperatore era un adolescente un po’ viziato (e sotto tutela della madre) come Alessandro Severo. A mio avviso, a Pergolesi la storia romana non interessava punto. Lasciva e libidinosa era la Napoli in cui viveva e che metteva in musica ed in scena, pur nella finzione dell’antichità romana. E’ per quattro ragazzi e ragazze (non mancano le fanciulle) in deshabillé che la Rai è tornata bacchettona ed ha regalato Pergolesi a Radio France?
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento