E’ in atto una forte ripresa d’interesse , specialmente da parte del pubblico giovane, per il “belcanto” , modo di fare il teatro in musica che ebbe il suo fulgore tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento e che premia la vocalità, utilizzando orchestra ed orchestrazione a supporto della voce. Bellini, Rossini e in parte Donizetti ne furono i protagonisti. E’ un fenomeno internazionale che si può toccare con mano, ad esempio, scorrendo i programmi dei teatri asiatici (disponibili, ad esempio, sul sito www.operabase.com). Perché non lanciare una strategia del “recitare cantando” mutuando il motto “recitar cantando” coniato dalla Camerata fiorentina circa 400 anni fa? Oltre il 30% circa degli abbonati al mensile di divulgazione musicale “L’Opera”, scritta in italiano e per italiani, è all’estero; il 20% in Giappone e Corea. Stanno crescendo anche gli abbonati in Cina. L’italiano del teatro d’opera è diventato la seconda lingua franca – dopo l’inglese – in gran parte dell’Asia dove il pubblico è assetato dal desiderio d’opera italiana. Le convenzioni del teatro in musica nostrano (dal barocco al melodramma al verismo ed anche alla contemporaneità più sfrenata) non sono molto dissimili da quelle del “Gran Kabuki” giapponese e di alcune delle numerosissime forme d’opera cinese: di norma, c’è un intreccio più o meno complicato che viene declinato coniugando parole con canto ed accompagnamento musicale, nonché danza ed effetti speciali. A questo scopo, in tutte le maggiori città asiatiche sono state costruiti nuovissimi teatri d’opera (uno dei più recenti e dei più avveniristici è quello di Singapore); i sovrintendenti locali stanchi di ingaggiare compagnie dell’Asia centrale a basso prezzo (e scarsa qualità), invitano con sempre maggiore frequenza le produzioni dei nostri teatri, mentre i loro conservatorii e le loro scuole di canto addestrano i loro connazionali. Non è un caso che il tenore di maggior successo (anche in Italia) di questi ultimi anni è il giovane Francesco Hong –un coreano- riconosciuto internazionalmente come uno dei pochi in grado di cantare “Il Trovatore” così come Verdi lo scrisse.
In questo quadro, di grande interesse“I Puritani” di Vincenzo Bellini, di cui ha debuttato a Palermo un nuovo allestimento co-prodotto dai teatri di Bologna e Cagliari e destinato ad andare al Festival di Savonlinna prima ed in tournée in Giappone. Uno sforzo comune di tre fondazioni per potare in giro per il mondo l’opera belliniana rifulge in tutto il suo splendore. Raramente rappresentata proprio per le difficoltà vocali che presenta (le acrobazie del soprano nella “scena della pazzia”, i do acuti ed i re maggiore del tenore, i duetti, terzetti e quartetti che scivolano in concertati). Ultima opera di Bellini, è apoteosi del “belcanto”, è basata su un libretto piuttosto improbabile in cui amori, intrighi, tradimenti (finti o presunti), e pazzia ai tempi delle guerre Cromwell con colpo di scena e lieto fine L’allestimento di Pier’Alli è concepito per essere adattato a palcoscenici differenti-Il grigio domina i primi due atti, mentre il verde e l’azzurro caratterizzano il terzo. Sotto il profilo musicale, la concertazione di Friederich Haider (autore di una buona incisione dell’opera), dilata i tempi per dare risalto all’atmosfera melanconica (di un Bellini 35nne ma già molto malato). Grande successo della protagonista la bella e giovanissima Désirée Rancatore già da diversi anni sulla scena internazionale; palermitana: il pubblico le concede più applausi a scena aperta di quelli che le attribuirebbe il critico. Sublime in certi momenti, ma un po’ sciatta in altri; sulla cresta dell’onda da quando aveva 20 anni (e debuttò all’improvviso nel “Rosenkavalier”) dovrebbe contenere le offerte che le giungono da tutto il mondo ed evitare ruoli (quelli verdiani) ancora poco adatti alla sua vocalità “belcantistica”. Ottimo il registro, la tessitura, il fraseggio e la sparata dei “do” e dei “re” di José Bros nel primo atto, ma una stecca nel duetto del terzo atto lo ha costretto a rifuggiarsi nel falsetto, scontentando, e scatenando, il pubblico. Nelle repliche ed in tournée, senza lo stress della “prima”, potrà evitare i numerosi trabocchetti di un ruolo terrificante. Carlo Colombara conferma di essere un basso di coloratura di livello. Marco De
Chi perde lo spettacolo a Palermo (in scena sino al 28 settembre) può gustarlo a Bologna, a Cagliari. O in giro per il mondo.
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