martedì 23 settembre 2008

ALITALIA A SECCO RISCHIA DAVVERO DI RESTARE A TERRA L'Occidentale del 23 settembre

Ancora una volta, siamo giunti alla settimana “decisiva” per il futuro dell’aeronautica italiana. Da quando, su L’Occidentale commentiamo le vicende della compagnia, di settimane “decisive” ce ne state molte. E si è sempre trovato modo di rinviare, mandando il conto a Pantalone. Adesso, però, il “decisivo” dipende dal fatto, oggettivo, che le casse sono vuote e non c’è più nessuno istituto , fornitore o anche passeggero-mecenate disposto a fare credito. Neanche il solito Pantalone. Ove ciò non bastasse, l’ente preposto alla regolazione del traffico aereo (l’Enac) ha annunciato che, ove entro giovedì la compagnia (al momento titolare di una licenza “parziale”) non potesse fornire prove oggettive della capacità di operare per i prossimi 12 mesi, dal 30 settembre Alitalia non sarà autorizzata ad operare; quindi, aerei a terra e lettere di licenziamento ai dipendenti (con la prospettiva di non più di 18 mesi di indennità di disoccupazione).
Guglielmo Epifani aveva pensato di essersi ritagliato il ruolo di protagonista, avendo come suggeritore WV (Walter Veltroni), prodigo di telefonate da New York (dove era per un periodo di meritata vacanza e di contatti, peraltro senza grande successo, con un Barack Obama impegnato in campagna elettorale e poco interessato a farsi vedere con un leader straniero sconfitto). Epifani ha assunto toni tanto di tragedia greca quanto di dramma pirandelliano. La tragedia greca, in effetti, si addice più agli altri (ai vedi addetti al settore, a coloro che rischiano di restare con una magra indennità di disoccupazione per 18 mesi ed all’indotto, specialmente romano) che a lui: pare che WV gli abbia già assicurato un pluriprebendato seggio al Parlamento Europeo, ossia un lauto pensionamento. I toni pirandelliano calzano meglio la situazione ed il personaggio poiché sino all’ultimo momento non si saprà cosa è il reale e cosa l’immaginario. Non si tratta, però, del Pirandello di “Enrico IV”. Epifani non ha alcuna intenzione di andare a Canossa ed aspettare, nudo sotto la neve, che la Marchesa gli apra il portone del Castello. Conduce il negoziato (vero o finto che sia) con il tono dei principali personaggi del “Giulio Cesare” di Shakespeare: “A Filippi!, A Filippi!” – ossia al regolamento dei conti definitivo per assicurare l’incisività del sindacato sulla politica economica italiana, ove non la cogestione di una delle maggiori aziende, ora che le prospettive di mettere il Governo in crisi si sono rivelate un’illusione (neanche tanto pia).
Non solo Ottaviano, ma anche e soprattutto Marc’Antonio lanciava, esaltato, l’appello “A Filippi! A Filippi!”. Era convinto della superiorità, in mare, delle forze della sua compagna (ed alleata) Cleopatra. Sappiamo come andò; le navi di Cleopatra (gli storici ancora non sanno bene perché) si sfilarono all’improvviso. Le truppe di Marc’Antonio vennero sconfitte. Al loro leader non restò che il suicidio nel Mausoleo di Tolomeo. Cleopatra tentò di conquistare Ottaviano ma non si era informata bene: il vincitore si era di norma interessato ai giovanotti, qualche volta a ragazze molto giovani, mai ad ex-belle donne (pur se con un passato glorioso di seduttrici a go-go).
Epifani rischia la fine di Marc’Antonio. Lunedì atterravo a Fiumicino da Palermo mentre era in corso il confronto tra i suoi “petroniani” e gli altri. Indubbiamente, molti “petroniani” (o ritenuti tali) se la erano data a gambe levate. Gli altri prevalevano numericamente e vocifericamente. La notte tra il 22 ed il 23 settembre, in un talk show del TG3 (notoriamente simpatetico a chi si colloca bene a sinistra, Enrico Letta scaricava Epifani.
Il Commissario Fantozzi non aveva potuto che aprire una procedura di gara pubblica: quella annunciata da Romano Prodi e TPS (Tommaso Padoa Schioppa: vi ricordate chi era costui?) il 6 dicembre 2006 ma come documentato su L’Occidentale di fatto mai iniziata (nella speranza di cedere l’azienda agli amici degli amici). A fronte di questo tentativo, nel silenzio assordante dell’industria internazionale (suvvia, chi vuole avere a che fare con gli irriducibili dell’Alitalia), un gruppo di piloti ha presentato la proposta velleitaria di mettere su una cooperativa per rilevare l’azienda (o parte di essa): con 300 milioni di euro, durerebbero qualche mese (sempre che ottenessero il carburante, i servizi aeroportuali e tante altre cose dai creditori) ma meno di una settimana se gli aventi diritto passassero all’incasso.
“A Filippi! A Filippi!”. Napoleone (uno che se ne intendeva) ripeteva che chi è uso a vincere, perde tutto alla prima battaglia da cui esce sconfitto. Epifani e la Cgil erano usi a vincere: Si sono ripresi dopo la perdita della battaglia sui punti di contingenza (con il referendum del 1985). Oggi stanno perdendo tutto perché o accettano tutte le condizioni della Cai e la stessa Cai (che ha ritirato formalmente l’offerta) viene convinta (dal Governo) a scendere di nuovo in campo oppure avranno la responsabilità della disoccupazione e del crollo dei redditi per almeno 30.000 famiglie (ex-dipendenti Alitalia ed indotto diretto).
Nelle birrerie di Bruxelles – specialmente a La Morte Subite, notorio luogo dove la “blonde” si bene a ettolitri – Epifani avrà tempo per ragionare. Può essere che decida di staccare il telefono ogni qual volta sente la voce di WV. Ascoltare le voci non ha avuto esiti positivi neanche per l’avventura terrena di Giovanna D’Arco.

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