domenica 7 settembre 2008

A JESI VA IN SCENA L’OPERA ITALIANA CHE PIU’ PIACE AI FRANCESI L'Occidantale 7 settembre

Il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali, deve, per obbligo d’ufficio, essere presente alle inaugurazioni dei festival più noti: Festival Puccianiano a Torre del Lago, Festival Verdi a Parma. Ed a tutte le manifestazioni di grande impatto mediatico come la Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Non era presente, la sera del 5 settembre, al varo dell’ottava edizione del festival Pergolesi-Spontini nella piccola Jesi per la “prima mondiale” de “La Salustia” , uno dei prima lavori per la scena di Gian Battista Drago (o secondo altri Draghi, nel 1710 l’anagrafe jesina non disponeva di computers e le trascrizioni, fatte a mano, lasciavano molto a desiderare) detto Pergolesi. Comprensibile, data la vastità degli impegni. Quel giorno , il Ministro era impegnato nell’inaugurazione della Summer School di Magna Carta a Frascati. Certamente, una visita del Ministro avrebbe consacrato come come, con un finanziamento all’osso, entusiasmo degli enti locali (la manifestazione coinvolge una mezza dozzina di comuni con teatri storici dai 120 ai 900 posti), partecipazione attiva di imprese e cittadini, si riesce a montare una manifestazione di livello internazionale. La sera del 5 settembre nei tre alberghi della piccola Jesi gran pullulare di melomani e di critici, anche giunti dalla Gran Bretagna (ad esempio per la più importante rivista mondiale del settore “Opera Now”).
In altra sede ho scritto che nel 2001 quando i promotori mi parlarono del Festival , non pensai che avrebbe sopravvissuto a lungo:pochissimi i mezzi finanziari, un autore , Pergolesi, morto a 26 anni (e con solo sette anni di carriera), l’altro (Spontini) creatore di opere monumentali con organici straripanti rappresentate ormai unicamente nei grandi teatri tedeschi e francesi (in Italia l’ultima messa in scena di uno dei suoi capolavori per la grande scena risale ad un quarto di secolo fa). Il Festival non solo ha vissuto ma ha acquisito un livello internazionale, proponendo produzioni e coproduzioni (per Spountini di opere giovanili) che hanno fatto il giro d’Europa.
Veniamo a “La Salustia” Napoletano di formazione ( al “Conservatorio dei poveri di Gesù Cristo), le prime opere di Pergolesi furono a carattere religioso - "La fenice sul rogo, ovvero la morte di San Giuseppe, oratorio in 2 parti", "Li prodigii della Divina Grazia nella conversione di San Guglielmo Duca d'Aquitania, la "Messa in Re maggiore"."Salustia" con cui Pergolesi esordisce al Teatro di San Bartolomeo avrebbe dovuto lanciarlo sulla scena teatrale, ma non fu il successo sperato anche perché, venuto a mancare, alla vigilia della prima rappresentazione, il cantante per cui era stata scritta (il Nicolino), dovette essere riscritta per più giovane , e meno abile, (Giocacchino Conti). In effetti – è un caso di studio di management che dovrebbe essere utilizzato a Harvard ed alla Bocconi – morto il Nicolino a pochi giorni dal debutto dell’opera – Pergolesi dovette riscriverne la parte vocale, anche cambiando la vocalità dei singoli ruoli, in base ai cantanti disponibili. Quella che si è ascoltata a Jesi è una “prima assoluta” poiché viene eseguita la scrittura vocale originaria del lavoro. “La Salustia” segue i canoni dell’”opera seria”: passioni smisurate, calunnie, pure combattimenti con le fiere, ed immancabile lieto fine. Un’analisi della partitura documenta come in questa e nell’”opera seria” successiva (“Il Prigionier Superbo”) , Pergolesi facesse uno sforzo non solo di assimilare ma di rendere chiaro e trasparente il linguaggio dei musicisti allora all’avanguardia (Leo, Hasse, Vinci). Sugli aspetti strettamente musicali tratterò in altra sede.
Soffermiamoci, invece, su quelli di politica culturale. “La Salustia” (coprodotta con l’Opéra National de Montpellier e con Radio France – semplicemente assordante il silenzio della Rai), nasce come intrapresa in gran parte italiana: italiani sono cinque dei sei cantanti, italianissimo il complesso la Cappella della Pietà dei Turchini guidato da Antonio Florio. Regia, scene e costumi (Jean-Paul Scarpitta, Silver Sentimenti) e i danzatori-mimi sono francesi. Oltre che a Jesi e nel Languedoc-Roussillon si vedrà a Parigi (Opéra Comique) ed un circuito d’Oltralpe, nonché la prossima estate al festival mondiale di opera barocca a Beaune in Borgogna. L’allestimento molto efficace (spettacolare la scena delle terme) è semplice, a basso costo e concepito per andare in tournée: Tornerà in Italia nel 2010 (per il terzo centenario dalla nascita di Pergolesi). Forse se ne avrà un’esecuzione in forma di concerto a Napoli. Perché nessun circuito italiano, o , nella sala più piccola (quella del Nazionale) l’Opera di Roma, non lo hanno incluso nelle stagioni 2009-2010?
E’ un’opera “prima” ed un’opera “seria” con tutti i canoni che ciò comporta: 57 numeri musicali, in gran misura recitativi ed arie tripartite con “da capo”. L’edizione originale è stata sforbiciata di qualche aria e di qualche recitativo nonché dei due intermezzi comici scritti (secondo l’uso dell’epoca) per gli intervalli. Ma nel 1731, si andava a teatro per sei-sette ore; nei palchi si mangiava, beveva ed anche fornicava tra un’aria e l’altra del castrato preferito. Pure tagliata, “La Salustia” dura oltre 4 ore intervalli compresi. E’ possibile che qualche sforbiciatura in più avrebbe contribuito all’attenzione del pubblico (la prima si è svolta in una serata caldissima e l’elegante teatro non dispone di aria condizionata).
Gran parte degli spettatori hanno resistito sino all’una e mezzo del 6 settembre (perché non iniziare alle 20 come alla Scala o alle 19 come a Berlino, invece che alle 21?).
Perfetta l’esecuzione musicale e vocale – Florio è uno specialista di questo repertorio. In un dramma ambientato nella Roma antica su intrighi di potere e d’amore, Scarpitta ha creato uno spettacolo serrato e pieno di tensione (pur se, come è tradizione dell’”opera seria”, vi è poca azione scenica). Bastano pochi accenni di scene dipinte, e molta acqua (per il terzo atto ambientato in gran misura alle terme), per dare vita ad una Roma al tempo stesso primitiva e lasciva (dove il tradimento politico è prassi). Ne ha fatto un dramma proto-femminista: tra Salustia (giovane sposa dell’imperatore) che ama senza misura (il marito Alessandro, il padre Marziano) e Giulia (madre dell’imperatore, assettata di potere) . L’altra coppia, Albina ed il bisessuale Claudio (il solo tenore in una scrittura per soprani, mezzo e castrati) diventano pedine dell’ingranaggio che, dopo una scena di lotta tra Marziano, dato per punizione alle fiere, ed un leone, ha il “lieto fine” (con inno alla pace) di prammatica nell’”opera seria”. Spettacolo esemplare per l’uso intelligente dei pochi mezzi a disposizione.
Sovrintendenti in lacrime e sempre con il cappello in mano corrette ad accaparrarlo. Se non altro per non farci dire che i francesi sanno utilizzare e valorizzare le nostri doti meglio di noi.

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