venerdì 12 settembre 2008

DEBITO PUBBLICO ANCHE PER L’UE Libero 12 settembre

Il rallentamento della crescita in Europa, ed i timori di una stagflazione o di una recessione, sono il fondale della riunione informale del 12 ed il 13 settembre, a Nizza, dei Ministri dell’Economia e delle Finanze dell’Ue e naturalmente degli incontri a latere dei Ministri dei Paesi dell’Eurogruppo. Le riunioni “informali” (si svolgono due volte l’anno) sono, sotto il profilo sostanziale, più importanti di quelle “formali” che hanno luogo ogni mese: i Ministri scambiano idee liberamente senza l’assillo di dover giungere ad un comunicato congiunto di cui hanno pesato ogni parola ed ogni virgola. A Nizza potrebbe essere rimesso in questione il “patto di crescita e di stabilità” (pur modificato nella primavera del 2005); per la prima volta se ne parla, senza troppe perifrasi, a Châteu de la Muette (sede parigina dell’Ocse), rilasciando anche dichiarazioni alla stampa francese ed americana. Le posizioni diventeranno più chiare quando a fine settembre, alcuni dei principali Paesi dell’area dell’euro (Francia, Germania, Italia e Spagna, in primo luogo) presenteranno i bilanci di previsione per il prossimo esercizio e le leggi finanziarie. Tuttavia, a “la baie des anges”, su “la promenade des anglais, e a “Chantecler” , lo storico ristorante del «Negresco», il più noto albergo della Costa Azzurra, si parla già d’interpretazione estensiva del “patto”.
Se ne discute molto di più d’altri argomenti in programma – quali lo stato dei mercati finanziari, le disposizioni necessarie a rafforzare il sistema finanziario europeo, l'applicazione dei tassi ridotti dell'IVA per beni servizi di particolare rilievo sociale.

L’interrogativo di fondo è come superare la “congiuntura difficile” e soprattutto mettersi su un binario di crescita di lungo periodo. Le stime dei 20 maggiori istituti econometrici internazionali (tutti privati, nessuno italiano) non sono più rosee di quelle della Commissione: nel 2009, se tutto va bene, l’area dell’euro crescerebbe dello 0,9%, anche perché nei tempi delle vacche grasse (ossia nel 2006-2007 quanto il pil della regione aumentava a tassi annui del 2,5- 3% ), non è stata colta . l’occasione di effettuare le necessarie riforme (l’elenco è sempre lo stesso: welfare, mercati dei fattori e dei prodotti). L’Italia è stata particolarmente fiaccata dagli aumenti della pressione fiscale del Governo Prodi in quel periodo quando il riassetto era più facile.
In questo quadro, si situa la proposta, annunciata pochi giorni fa dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giulio Tremonti di attribuire nuovi compiti alla Banca europea per gli investimenti, perché possa reperire maggiori risorse finanziarie ed, operando in rete con la Cassa Depositi e Prestiti italiana, la Caisse de Dépot et Consignations francese, la KfW tedesca ed altri istituti analoghi, rilanciare alla grande i programmi di spesa in conto capitale dell’Ue. La proposta nasce, in parte, di un’idea eterodossa, redatta dal più ortodosso dei pensatoi italiani in materia di politica economica internazionale: l’Istituto Affari Internazionali (Iai), fondato dal federalista Altiero Spinelli ed il cui Presidente Onorario è Carlo Azeglio Ciampi. Non solo, Ciampi ha devoluto proprio all’Iai, le cui casse non sono mai state floride (come è prassi dei pensatoi) il Premio Carlo Magno conferitogli per i suoi meriti europei. Negli organi di governo dell’Iai siede, tra l’altro, l’ex Ministro dell’Economia e delle Finanze, Tomaso Padoa-Schioppa
La proposta è in un volumetto pubblicato nel giugno 2007: “Un bilancio europeo per una politica di crescita” di Maria Teresa Salvemini ed Oliviero Pesce. Ed anche al centro di lavori successivi di Daniel Gros , Stefano Micossi e Alfonso Iozzo. Quindi, è molto “bipartisan”. Nel saggio del 2007, la proposta è argomentata in un centinaio di paginette dense di considerazioni economiche e giuridiche (corredate dai dati quantitativi essenziali): consiste nel permettere all’Ue in quanto tale (il cui bilancio è pari solo all’1,048 del pil comunitario) di indebitarsi (emettendo titoli sul mercato dei capitali internazionali) al fine di lanciare un piano di spesa addizionale per lo sviluppo (reti transeuropee, energia, ricerca) che nei prossimi cinque o sei anni permetta di spendere tra i 500 ed i 700 miliardi di euro ad integrazione delle risorse nazionali, pubbliche e private. La proposta ha precedenti storici (in primo luogo quello del processo di sviluppo istituzionale ed economico degli Stati Uniti nella seconda metà dell’Ottocento) ed è stata attuata con successo dalla Ceca (la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio). Non sarebbe inflazionistica poiché l’Europa soffre di capacità di produzione non utilizzata (come dimostrato dai tassi di disoccupazione). Non spiazza titoli pubblici o d’imprese. Ha il vantaggio della semplicità non richiede complicate strutture organizzative, ma unicamente i consueti indici di convenienza finanziaria ed economica dell’analisi costi- benefici- quindi una buona capacità formulazione e valutazione di progetti. L’idea originale aveva, però, un ostacolo giuridico poiché prevedeva che fosse la Commissione Europea ad indebitarsi: il vincolo del pareggio annuale del bilancio comunitario, inserito nel Trattato di Roma quando si pensava che tale bilancio servisse esclusivamente o quasi a finanziare spese di parte corrente (come stipendi e altri oneri di funzionamento delle istituzioni). La versione ora delineata da Tremonti supera questo vincolo affidando il compito alla Bei (i cui statuti dovrebbero probabilmente essere ritoccati).
Interessante notare che Christian de Boissieu, un tempo uno dei teorici dell’unione monetaria (quanti studenti, anche italiani, hanno studiato sui suoi libri sull’euro!) ed ora Presidente del Comitato d’Analisi Economica del Governo francese è giunto a proposte analoghe: in una recente conferenza, ha sostenuto che poiché su piano nazionale le possibilità di azione sono ristrettissime, occorre “un’iniziativa finanziaria europea”. In effetti, Christian de Boissieu ha fatto propria l’idea: potrebbe essere una delle basi di un’intesa cordiale tra Parigi e Roma perché l’Europa si rimetta in moto. In questo quadro, si spiega pure il rinnovato interesse d’AirFrance-Kml ad una partecipazione significativa anche se minoritaria alla Cai (che dovrebbe sorgere sulle ceneri di Alitalia).

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