Un altro giorno di “pausa e di riflessione” nella trattativa Alitalia con riapertura dei tavoli o stasera o domani. I sindacati confederali hanno siglato l’accordo quadro ed anche tra le varie sigle degli autonomi (i più irriducibili sono alcune delle organizzazioni dei piloti ed i comitati di base degli assistenti di volo) comincia la consapevolezza che le uniche alternative possibili sono – come ha detto il Presidente del Consiglio in televisione – o la firma del protocollo o il fallimento. Il Governo – è importante sottolinearlo – sta utilizzando “moral suasion” nei confronti di grandi creditori (Eni, Ard) che insistono nel rientrare almeno parzialmente sui loro titoli nei confronti di Alitalia anche tramite il passaggio di una procedura fallimentare. E’ stato proclamato un nuovo sciopero ma si profila lo spettro dell’ultimo volo e c’è anche chi ne fa quelle che possiamo chiamare le prove generali.
Quando nel lontano 1974 mi trovai passeggero dell’ultimo volo dell’Eastern African Airlines – un banale Londra –Nairobi (dove andavo di consueto poiché dirigevo una divisione della Banca mondiale), alla sosta (alle 4 del mattino) all’aeroporto di Khartoum, si dovette fare una colletta tra i passeggeri (in sterline o dollari, non si accettavano gli scellini keynoti, peraltro di recente conio) al fine di poter dare un anticipo all’ente aeroportuale ed avere abbastanza carburante per giungere a destinazione. Non si dica che l’Eastern African Aiways are un’azienda da quattro soldi – da non raffrontare con la nostra Alitalia. Si volava in magnifici Super-VC10- aerei lunghi e slanciati così eleganti tanto che si favoleggiava che nelle toilette di prima classe si poteva pure fare sesso in volo. Furono soppiantati, nell’aviazione commerciale, dai più economici (e più capienti) Boeing 474. Non si pensi che era male gestita. Faceva parte dei “Common Services” della Comunità dell’Africa Orientale (Kenay, Tanzania, Uganda)- enti e società di norma ben funzionanti. Quando la Comunità si sfasciò (a ragione dei divergenti orientamenti politici dei tre Stati), finirono a pezzi unione monetaria, mercato comune o ovviamente servizi comuni (tra cui l’aviolinea) di cui nessuno voleva accollarsi passività (ma tutti erano pronti a mettere le mani su utili ed anche su liquidità In quella notte scura di Karhoum, si ebbe la netta sensazione che quello era l’ultimo volo di Eastern Africa Airlines. Il comandate, imbarazzatissimo, si scusò con i passeggeri; in arrivo a Embakasi (l’aeroporto di Nairobi) fummo rimborsati in contante (ma in scellini che spesi nella decina di giorni che, in quell’occasione, passai nella capitale keniota).
H avuto un’impressione analoga alle 2 del mattino del 15 settembre, arrivando all’Hotel Excelsior di Reggio Calabria. Ero partito, con due colleghi, con il volo AZ 1159 che avrebbe dovuto lasciare Fiumicino alle 17,30 ed atterrare a Reggio alle 18.45. Su suggerimento del personale Alitalia, temendo disguidi, arrivammo al Leonardo da Vici alle 16. Nella sala “Partenze” era in atto una vera e propria corte di miracoli, simile alla Giostra della Quintana in corso proprio in quelle ore a Foligno; fischietti, proteste contro i “sindacalisti venduti”. Spettacolo analogo agli arrivi. Al “gate” relativamente pochi i passeggeri. Decollo con circa un’ora di ritardo. Il comandante si premurò di avvertire i passeggeri che ciò era causato dalla scarsa considerazione d’Aeroporti di Roma (nei confronti della compagnia), senza aggiungere che ciò poteva dipende dal vasto debito d’ AZ con lo scalo. Intavolammo una conversazione con gli stewart: meglio il fallimento che un accordo che riduca organicoi. Ci venne prospettato che dopo Alitalia, sarebbero falliti Trenitalia e numerosi servizi pubblici locali. Mentre tali palingenesi (con i lavoratori alla guida delle aziende al posto dei manager) ci veniva descritta, fummo avvisati che , causa maltempo (una grandinata che non impedì Air Mail di atterrare a Reggio Calabra), avremmo sbarcato a Lamezia Terra. Là una povera capo scalo faceva del proprio meglio per cercare pulman da Catanzaro o altrove per arrivare a Reggio. Verso le 22 l’aereo partì (vuoto) per Reggio dato che la grandinata era finita:troppo fastidioso fare imbarcare di nuovo i passeggeri (i quali per di più avevano ricevuto un buono per il ristoro del valore di € 1,50 a testa. Venimmo intruppati in due autobus (uno tre quarti vuoto) . Inutile chiedere di essere (almeno) lasciati al centro città (dove andava la maggior parte dei passeggeri); dopo l’una del mattina venimmo abbandonati fuori dell’aeroporto (a quell’ora ovviamente chiuso) a litigarci i pochi tassi che nel mezzo della notte erano in circolazione a Reggio.
In quell’ultimo volo, l’equipaggio keniota si comportò da gentlemen from overseas, imbarazzati che la fine dei Common Services dell’Africa Orientale significava la chiusura della loro compagnia. Nel Roma-Reggio Calabria i nostri si comportarono solo da “from overseas”, ostentando le opportunità sfasciste che a lor dire, si potrebbero dischiudere con il fallimento. Un raffronto tra due episodi molto “micro” ma rivelatori del clima che è stato innescato in alcune parti della trattativa e che ha creato una vera e propria scogliera d’irrazionalità.
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