L’inflazione è uno dei temi centrali della politica economica dell’autunno 2008. Si devono rinnovare contratti collettivi per circa 8 milioni di lavoratori: uno dei punti di confronto ( e scontro) tra Governo, datori di lavoro e sindacati è il “tasso d’inflazione programmata” per il prossimo futuro (l’1,9% l’anno in linea con le previsioni della Banca centrale europea, Bce) ma da un trimestre il tasso d’aumento dei prezzi al consumo (computato secondo la metodologia armonizzata in seno all’unione monetaria europea, e pubblicato mensilmente sul bollettino Bce) si aggira sul 4% l’anno. Per alcune categorie di beni (generi alimentari, energia), l’incremento è molto più forte: riflette una vera e propria corsa dei prezzi delle materie prime (l’indice aggregato di “The Economist”, computato in dollari Usa, parla del 25% negli ultimi 12 mesi con punte che arrivano al 40% per il cibo e il 60% per il petrolio). Da alcune settimane, il “caro autunno” ed il “carissimo inverno” sono tra gli argomenti dominanti nelle prime pagine dei quotidiani, non soltanto di quelli economici ma anche di quelli d’informazione generale.
Da alcuni anni, gli statistici distinguono tra “inflazione” pura e dura quale definita in termini d’andamento dei prezzi di un paniere di beni e servizi (sia al consumo sia alla produzione) concordato a livello internazione ed “inflazione percepita” (quale avvertita da differenti categorie di consumatori). Per rendere l’idea è un po’ come il calcolo di come si avverte la temperatura, specialmente in estate; ormai i bollettini metereologi non forniscono più soltanto la misura in gradi (centigradi o Fahrenheit) ma anche del tasso d’ umidità in quanto un indice composito delle due misurazioni è molto eloquente per dire come il caldo viene generalmente percepito, specialmente da certe categorie come anziani o bambini).
Sull’ inflazione “percepita” (e sull’esigenza di prendere il dato con la punta delle dita poiché spesso risultato di indagini piuttosto limitate in termini sia metodologia sia di ampiezza del campione), c’è una letteratura molto vasta. Più ristretta, più innovativa e più utile (soprattutto per chi, come il vostro chroniqueur, scrive per giornali e periodici) è quella sulle determinanti della “percezione” dell’inflazione ed in particolare sull’influenza dei media (quotidiani, periodici, televisione) in tale “percezione”.
La Banca d’Italia ha pubblicato un’analisi di come viene “percepita” l’inflazione dai consumatori italiani sulla base di un’inchiesta condotta appositamente a questo scopo ed a una verifica economica. Non solo i risultati collimano con uno studio precedente (ma inedito), condotto dall’Isae, ma arrivano a conclusioni analoghe a quelle di numerose analisi americane: la “percezione” dell’inflazione è molto più forte da parte delle donne che degli uomini, tra chi ha completato soltanto la scuola d’obbligo e chi ha istruzione superiore, tra chi appartiene a fasce basse (di reddito) e chi è invece ai piani altri (nella scala sociale). I giornali ed Internet vengono indicati tra le determinanti della “percezione”.
Uno studio del KOF – l’Istituto federale svizzero d’analisi economica – ha appena messo in rete un’analisi specifica sul ruolo dei media nella formazione delle aspettative dei consumatori in materia di formazione dell’inflazione: l’analisi prende in esame la Germania federale nel 1998-2006 (periodo significativo in quanto coincide con l’entrata in funzione dell’unione monetaria europea) e riguarda sia “l’intensità” con cui i media trattano gli aumenti dei prezzi sia il “coverage” (ossia come avviene il trattamento). La conclusione è che, in effetti, i media possono essere una cassa di risonanza tale da accentuare aspettative e “percezioni” inflazionistiche.
Tre anni fa, la Scuola superiore della pubblica amministrazione (Sspa) italiana ha pubblicato un’analisi analoga (che oggi potrebbe essere utile non solo ai giornalisti ma anche a “Mr.Prezzi”). Lo studio condotto da un team d’economisti ma anche con la partecipazione di giornalisti economici applicava una metodologia innovativa (la newsmetrica, ossia come misurare gli effetti delle news sugli andamenti economici) per esaminare (con un’analisi empirica e tre modelli econometrici – in cui il fenomeno veniva letto, e calcolato, rispettivamente dai punti di vista dei produttori, degli intermediari e dei consumatori) le implicazioni (sui prezzi) delle informazioni fornite dai media (copra il 90% della stampa italiana) nella fase di transizione dalla lira all’euro. La conclusione era che l’impatto sulla “percezione” può essere forte (e duraturo) in caso di informazioni convergenti (più media informano, con insistenza, di aumenti percepiti dei prezzi di un bene e servizio) ma molto leggero in caso di informazioni divergenti (o solo occasionali)- che, quindi, si elidono a vicenda o non hanno traccia duratura.
Che conclusioni trarne? Non certo che la “percezione” dell’inflazione è principalmente frutto del lavoro dei giornalisti. Oppure che alla stampa debba essere messo il bavaglio. Ma una buona dose d’attenzione e di cura da parte delle redazioni nel trattare temi di questo genere pare consigliabile. Anche perché uno studio dell’Università di Stanford appena completato ci dice che i media incidono non poco sul “business cycle”, ossia su tendenze espansioniste e secessioniste, di un’economia aperta (quella dell’Italia).
Per saperne di più
Del Giovane P., Fagiani S., Sabbatini R. “What is Behind Inflation Perceptions? A Survey-based analysis of Italian Consumers” Temi di Discussione n. 655
Lamla M., Lein S. "The Role of Media for Consumers' Inflation Expectation Formation"KOF Swiss Economic Institute, Working Paper No. 201
Jaimovish N., Rebelo S. "News and Business Cycles in Open Economies" NBER Working Paper No. W13444
Malgarini M. “Quantitative Inflation Perceptions and Expecations of Italian Consumers” Isae, nota interna
Pennisi G. (a cura di) “I Media, l’Economia e la Pubblica Amministrazione” Sspa
I primi tre titoli sono disponibili sui web dei pertinenti istituti. Il lavoro di Malgarini è inedito e deve essere richiesto all’autore. Il volume della Sspa può essere ottenuto dalla Sspa richiendolo a relistituzionali@sspa.it e pagando le sperse di spedizione.
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