Il nuovo modello del mercato del lavoro che si sta delineando in Francia merita un’attenta riflessione in Italia principalmente per il metodo con il quale si sta giungendo a dare ad esso corpo. Oltralpe le relazioni industriali non sono molto differenti da quelle che caratterizzano il nostro Paese( e che stanno portando a scontri in materia di metalmeccanica e trasporti). Il nuovo modello non nasce né all’Eliseo, né al Ministero dell’Impiego, né in seno all’Assemblea Nazionale. Non che nell’ultima campagna elettorale, Nicolas Sarkozy e l’Ump non abbiano presentato idee chiare in materia: un percorso verso un rapporto di lavoro unico a tempo indeterminato, ma caratterizzato da un primo periodo di protezione soltanto indennitaria per i licenziamenti derivanti da motivi economico-organizzativi. In tal modo, verrebbe colmato il solco tra i dipendenti a tempo indeterminato e gli altri.
L’ idea non è stata accantonata, ma la politica non è scesa in campo in prima persona. Ha stimolato le parti sociali a giungere ad un accordo che, se portato alle sue logiche conseguenze, equivale a definire un nuovo codice di diritto del lavoro. Non è la prima volta che in Francia viene effettuato un tentativo di questa natura. Lo si era nell’ormai lontano 1984 quando Mitterand desiderava un accordo da lui benedetto ma concluso dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori. Gli esiti furono negativi. Un nuovo tentativo venne fatto nel 1995 (con Chirac all’Eliseo) ma le tematiche lavoristiche vennero associate a quelle previdenziali: dopo settimane di scioperi, si giunse ad un accordo sulla parte previdenziale (per numerose categorie del lavoro dipendente nel settore privato) ma non si sfiorò neppure l’eventualità di un’intesa sui temi attinenti al mercato del lavoro.
C’è voluto tempo ma adesso le parti sociali hanno mostrato grande senso di responsabilità – e la politica grande abilità nel tenersi un passo indietro. Al Medef (la Confidustria francese) bruciavano ancora gli “échecs” (fallimenti del passato): i datori di lavoro hanno fatto concessioni importanti – segnatamente l’accettazione del principio della stabilizzazione progressiva dei percorsi lavoristici, idea adesso alla base del “contract inique” ma formulata inizialmente dal Cgt, il sindacato un tempo costola del Pcf, il partito comunista francese. Dopo la vittoria elettorale della “doite”, i sindacati temevano di andare alla trattativa come a Canossa; a piedi nudi ed con una ciotola in mano. Invece, hanno trovato una piattaforma unitaria (evento raro per le confederazioni francesi) e, soprattutto, realistica nonché guardando all’avvenire non alla difesa dell’esistente. O del passato.
Non rappresenta una lezione di metodo per il “patto per la crescita” che si sta tentando di definire da noi?
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