Da Malta Romano Prodi ha aperto la conferenza stampa con un frase diretta a rincuorare la stampa che con il Ministro dell’Economia e delle Finanze Tommaso Padoa Schioppa sta operando grazie un’intesa molto completa: le risorse per dare corpo al “patto per la crescita” (nuova versione delle tante guise prese dalla concertazione negli ultimi venti anni) si troveranno, TPS lo confermerà in marzo (quando verrà presentata la prima “trimestrale di cassa” del 2008), ma nel frattempo le parti sociali dovranno metterci del loro e definire regole che esaltino la produttività.
Un’apertura di conferenza-stampa del tutto inattesa (Prodi era a Malta per celebrarne l’ingresso nell’euro).
Quasi in parallelo con la conferenza- stampa di Prodi, un telegiornale della sera sparava una non-notizia (in quanto relativa ad un fatto già noto e su cui sono stati già scritti centinaia di articoli, nonché due libri a firma di Giuliano Amato): un eventuale aumento dell’aliquota di imposta sulle rendite finanziarie (dal 12,5% al 20%) avrebbe un effetto nefasto sui circa 600 piccoli e traballanti fondi pensione nostrani in quanto hanno collocato le loro attività in gran misura in titoli di Stato.
La non-notizia otteneva titoli su più colonne nelle prima pagine di qualche quotidiano la mattina del 12 gennaio. Dando un colpo molto duro a quella parte della maggioranza (e a Prodi in prima persona) che ha più volte richiesto l’incremento delle aliquote.
Gli innocenti hanno probabilmente pensato a qualche stakanovista topo di redazione e qualche redattore capo dalla memoria corta: avrebbero tirato fuori la non-notizia nella stanca di un venerdì sera dove scarseggiavano avvenimenti di economia e finanza tali da interessare il grande pubblico. Gli smaliziati un po’ malignetti ne vedono invece un episodio del duello, a colpi di fioretto, tra Prodi e TPS sulla politica economica del prossimo futuro.
A farlo pensare c’è anche un’imprecisione tecnica, non di poco conto: dei 600 fondi, circa 200 (i più consistenti) sono “di nuovo tipo”, ossia creati in base alla normativa che prevede il loro finanziamento tramite versamenti (in molti casi incentivati) effettuati somme che, altrimenti, sarebbero andate a confluire nel tfr. Questi fondi, e molti di quelli “di vecchio tipo” strutturati su piani di accumulo con una componente di assicurazione-vita, sono trattati fiscalmente come investitori istituzionali; incassano, quindi, la cedola al lordo dei successivi regolamenti finanziari. Di conseguenza, l’aliquota effettiva sulla cedola è funzione di tali regolamenti finanziari (verosimilmente differenti per ciascun fondo) – non rappresenterebbe un onere secco come avverrebbe per i piccoli risparmiatori e le famiglie.
TPS si gode un privilegio da “tecnico”: non ha sottoscritto il programma dell’Unione (che contempla la maggiore tassazione sulle rendite finanziarie, appena accennata, invece, nel programma di Governo). Sa anche che gli effetti di trascinamento delle misure tributarie della XIV Legislatura (inesistenti o quasi quelle della finanziaria del 2006 sul 2007) sono terminati e che non potrà contare su altri “tesoretti”: lo dice il modello economico della Bce e lo sottolinea il Viceministro Vincenzo Visco che di tasse se ne intende.
Quindi, un eventuale sostegno da parte della finanza pubblica al “patto per la crescita” dovrebbe venire essenzialmente da un maggiore peso della fiscalità sulle rendite finanziarie. Né TPS né Visco hanno, in linea di principio, opposizioni teologiche o teleologiche ad attuarla. Ne hanno, invece, a darle corpo adesso – al di là dei suoi effetti quantitativi (piuttosto modesti in aggregato ma pesanti per piccoli risparmiatori e famiglie). In una fase in cui ci sono forti segni di flessione sia del private equity che delle titolarizzazioni – due delle principali forme di finanziamento degli investimenti negli ultimi 20 (private equity) e 10 (titolarizzazioni) anni. Secondo stime in mano al Tesoro, in Europa le titolarizzazioni hanno subito una riduzione del 25% nel 2007 (a ragione degli effetti della crisi subprime) e ne accuserebbero una ulteriore del 30% nel 2008. Analogo il fato del private equity (anche se mancano stime quantitative affidabile). In questo contesto, l’aumento dell’imposizione sulle rendite potrebbe causare, anche per ragioni psicologiche quale quello che in economia si chiama “effetto ricchezza”, una caduta del tasso d’investimento e riportarci ad una crescita del pil inferiore all’1% ; sulla scrivania di TPS le previsioni del “consensus” dei 20 centri di previsione economica internazionali (prodotte la sera del 10 gennaio) davano un pallido 1,3% all’aumento del pil dell’Italia nel 2008 (sempre che non ci siano eventi che lo trascinino al ribasso – quale una recessione Usa o misure nostrane tali che mettano in fuga gli investitori). Forte, quindi, il sospetto (non solo negli ambienti della maggioranza) che la non-notizia sui fondi (uno spauracchio per i sottoscrittore che non avevano metabolizzato quando scritto e ribadito due anni fa) si debba considerare pilotata (magari usando la buona fede di qualche ingenuo con la memoria corta).
TPS avrebbe in tal modo reso pan per focaccia ad un colpo di fioretto analogo che, la vigilia dell’Epifania, sarebbe partito da Palazzo Chigi – o meglio ancora dagli uffici della Presidenza del Consiglio a Via della Mercede : un lancio di agenzia per presentare come nuova di zecca una notizia già da settimane, e per gli specialisti da circa un anno- una sintesi, peraltro artata, del lavoro “Effetti di equilibrio economico generale della politica fiscale: stime per l’area dell’euro” le stime per l’area dell’euro” di Lorenzo Forni, Libero Monteforti e Luca Sessa del servizio studi Bankitalia. L’analisi è disponibile novembre e le sue varie versioni sono state oggetto di numerosi seminari in Italia ed all’estero negli ultimi due anni. E’ diverse pagine di algoritmi ed econometria- non certo il materiale che eccita i giornalisti economisti e causa loro un orgasmo la notte della Befana. Il lancio di agenzia e la stampa, infatti, ne hanno colto un unico messaggio: quello secondo cui un taglio della pressione fiscale di un punto percentuale avrà effetti positivi sulla crescita nel medio periodo (due-quattro anni) se riduce l’imposizione sul lavoro e sui consumi, mentre avrebbe effetti più deboli se si intervenisse (sempre per un punto percentuale di pil) in altro modo. E’ il punto che Prodi & Co. (ammiccando alla triplice sindacale) volevano fare ingoiare a TPS e VVV (non certo favorevoli ad un taglio delle imposte adesso, anche a ragione della fine dei “tesoretti”) .
Lo studio (basato su sviluppi innovativi di una metodologia quantitativa consolidata - Amedeo Fossati ha curato nel 1991 una raccolta di saggi, tutti di autori italiani, su questi temi) dice molto di più di questa banalità (che ha trovato ampio spazio in televisione e nei giornali). La riduzione dell’onere fiscale è condizione necessaria per la ripresa (e la soluzione ottimale, tra le alternative possibili, consiste nell’operarla sull’imposizione sul lavoro e sui consumi), ma non è, però, la condizione sufficiente. Le equazioni relative al mercato del lavoro (pp. 13-14, 22-23 e 41-42 del testo inglese dello studio) sono almeno tanto importanti quanto quelle sui tributi: postulano un saggio salariale identico nel settore pubblico ed in quello privato e flessibilità lavoristica e retributiva nel privato. In termini di politica economica, ciò vuole dire avvicinare le retribuzioni nel pubblico e quelle nel privato (oggi le prime sono più elevate delle seconde, specialmente nel Mezzogiorno) e dare la priorità alla contrattazione decentrata perché è in azienda che meglio si coglie il nesso tra compenso e produttività. Temi che non piacciono alla sinistra radical-reazionaria ed a Prodi, specialmente con la contrattazione collettiva dei metalmeccanici in corso.
La guerra continua. Con il fioretto e l’eleganza dei Gourmet Festival di St. Marotz. Piuttosto che delle Feste dell’Unità ai giardini della Montagnola a Bologna.
La prossima puntata è già in calendario. La mattina del 15 gennaio, quasi in contemporanea, nell’aula magna della Scuola Superiore di Economia e Finanza, Franco Reviglio terrà una prolusione sul fisco e nella Sala delle Colonne della Luiss Richard Freeman di Harvard ne terrà una su produttività e salari. Non che Reviglio o Freeman si facciano influenzare. Attenzione, però, a come le agenzie ed i media riporteranno i contenuti delle loro prolusioni (molto tecniche e, quindi, filtrate da portavoce ed uffici stampa).Riferimenti
Giuliano Amato , Mauro Maré “Il gioco delle pensioni: rien ne va plus?” Il Mulino, Bologna, 2008.
Giuliano Amato, Mauro Maré “ Le pensioni: il pilastro mancante” Il Mulino, Bologna 2001
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