domenica 20 gennaio 2008

IL MITO DI FAUST E I PERCORSI COMUNI DELLA SCIENZA E DELLE FEDE da L'Occidentale

Il caso – dice un proverbio africano – è eloquente. Per pura coincidenza, mentre nella cultura e nella politica italiana è in corso un dibattito su scienze a Fede tanto accesso da avere punte di forte intolleranza - , vengono messe in scene tre lavori teatrali tratte da ambedue le parti del “Faust” di Wolfang Goethe di cui si può leggere il testo integrale, in tedesco, nella bella collana “I Meridiani” (Mondadori, 1980) con traduzione a fronte di Franco Fortini. E’ un evento perché di norma anche nei Paesi di espressione tedesca di solito si mette in scena l’”Ur-Faust”, la prima breve versione relativa al “patto con il diavolo” dell’anziano scienziato per tornare giovane, nonché alla seduzione di Margherita, al matricidio ed all’infanticidio da lei commessi ed al pentimento e redenzione della giovane donna, lasciando un po’ nella nebbia cosa avverrà al Dottor Faust. Una nebbia così spessa che Hector Berlioz, ispirandosi alla traduzione in francese fatta dal poeta Gérard de Nerval (riguardava solo parte lavoro di Goethe), compose una fantasmagorica “Damnation de Faust” in cui il Dottore finiva nelle fiamme dell’inferno. Nella “seconda parte” del capolavoro di Goethe (8000 versi, includendo il “Prologo in Cielo”, dei 1200 versi complessivi) Faust, lasciato il piccolo mondo di Margherita, va nel grande mondo dell’Impero, viaggia nel passato e nel futuro e ritrova se stesso mettendosi al servizio dell’umanità e della sua modernizzazione. Viene redento proprio perché per la sua opera per gli altri, e perché tramite essa ha ritrovato la Fede.
Veniamo brevemente alle notizie. Sta terminando una tournée di successo di un nuovo adattamento a cura di Dario Del Corno e Glauco Mauri in cui in tre ore si utilizzi tanto la prima quanto la seconda parte del lavoro per trasmettere il significato del lavoro. Quasi in parallelo tanto il Regio di Parma (il 13 gennaio) quanto il Massimo di Palermo (il 23 gennaio) hanno deciso di inaugurare la stagione 2008 con nuovi allestimenti delle due opere in musica – per l’appunto “Mefistofele” di Arrigo Boito e “Szenen aus Goethes Faust” (“Scene dal Faust di Goethe”) di Robert Schumann – che al meglio riguardano ambedue le parti del testo. Due terzi di “Szenen aus Goethes Faust” sono tratte dalla seconda parte – l’amore tra Faust e Margherita è trattato in un duetto di poco più di 5 minuti a cui seguono due numeri musicali sul pentimento della giovane per complessivi 11 minuti, il resto della partitura, circa due ore complessivamente, è dedicato a Faust modernizzatore, alla sua morte pentito e ben 45 minuti all’accettazione in Cielo grazie all’intercessione dell’”eterno femminino”. Un terzo circa del “Mefistofele” di Boito (nella versione definitiva del 1875 – la prima del 1868 terminò un mare di fischi perché durava circa sette ore) si riferisce alla seconda parte ed al Prologo ed all’Epilogo in Cielo. A Parma. la direzione musicale di Donato Renzetti da una lettura monumentale della partitura. Il giovane Marcus Werba (nei tre ruoli di Faust, Pater Seraficus e Doctor Marianus) sovrasta il resto del cast e coglie più dello stesso regista il messaggio di etica cristiana alla base del lavoro di Schumann. Il “Mefistofele” di Palermo si annuncia con un cast di livello (regia di Giancarlo Del Monaco; direzione musicale di Stefano Ranzani; Giuseppe Filianoti, Ferruccio Furlanetto e Dimitra Theodossiou nei ruoli principali).
In altra sede ho trattato del significato della seconda parte di “Faust”, raramente oggetto di drammatizzazione, sotto il profilo della modernizzazione e del servizio al resto dell’umanità. Tanto la modernizzazione quanto il servizio al resto dell’umanità possono essere intesi in una chiave laica – ed anche laicista. Ed i chiave laica li interpreta l’adattamento di Glauco Mauri. Rileggendo, però, i 12.000 versi ed ascoltandone e vedendone le drammatizzazione di Schumann e Boito appare molto forte il nesso tra scienza, modernizzazione, servizio all’umanità e Fede. All’inizio della prima parte, il Dottor Faust scienziato, privo di Fede e chiuso nel mondo dei suoi allievi, trema di fronte alla morte perché avverte l’inutilità della sua opera e di se stesso. Per questo conclude il patto con il diavolo che gli dà una nuova giovinezza ma lo porta ad uccidere Valentino, a sedurre Margherita ed a farle diventare una serial killer. Solo quando, dopo l’esecuzione di Margherita (uno shock per lui analogo alla ferita di Amfortas nel “Parsifal” di Richard Wagner – di cui curiosamente tra dicembre e gennaio si sono programmate un’edizione a Napoli, dal 2 dicembre ed una a Roma, dal 19 gennaio), ha coscienza piena del peccato trova il percorso del riscatto e della redenzione nell’affinare la propria scienza perché datele obiettivi pubblici e sociali (migliorare la sorte del genere umano) possa essere un atto di Fede nell’Alto. In effetti, alla sua morte fisica, Faust sta per essere trascinato all’inferno da Mefistofele e dai lemuri ma il Cielo ne riconosce la grazia grazie all’attività scientifica che lo ho portato ad un Fede implicita molto forte (anche se poco esplicitata).
Interessante ricordare che Schumann non ha mai appartenuto ad alcuna religione cristiana ben definita; l’etica cristiana pervade sia “Szenen aus Goethes Faust” sia le altre sue opere di rilievo che possono essere oggetto di versione scenica (“Manfred”, “Genoveva” e “Das Paradies und die Peri”). Boito invece cresce nel clima della “scapigliatura” milanese, di sinistra e fortemente anti-clericale. Ma tanto in “Mefistofele” quanto in “Nerone” sente una forte attrazione per la Fede – e soprattutto per come la Fede dia senso alla scienza (si pensi, in negativo, al personaggio di Simon Mago in “Nerone”).
Da non pagare: No
20 gennaio 2008 faust fede scienza Cultura Commenta Email Condividi

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